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Nell'ultimo numero di "Lettera Orvietana" Francesco Della Ciana intervista il direttore di Orvietonews: un giudizio positivo sul fermento culturale orvietano

domenica 16 novembre 2008
di Francesco Della Ciana
Nell'ultimo numero di Lettera Orvietana Francesco Della Ciana, Presidente dell'Istituto Storico Artistico Orvietano e direttore del periodico, dedica una lunga e articolata intervista al direttore di Orvietonews.it, Laura Ricci. Nel ringrazarlo per l'attenzione e lo spazio a lei dedicato, pubblichiamo con viva riconoscenza la sua bella intervista. Come è arrivata al mondo dell’informazione? Sono arrivata del tutto casualmente al mondo dell’informazione, anche se in un certo momento della vita avevo già valutato questa ipotesi, poi accantonata per problemi di organizzazione familiare. Alcuni anni fa, mentre ricoprivo la carica di vicesindaco a Porano, entrai in contatto con Orvietonews.it per alcune precisazioni da fare rispetto ai soliti battibecchi tra maggioranza e opposizione. L’editore e ideatore, Fabrizio Caccavello, colpito dal mio modo di scrivere mi chiese se volessi in qualche modo contribuire al quotidiano, e allora ideammo una mia collaborazione relativa a temi essenzialmente culturali: arte, viaggi e una rubrica di ispirazione femminista che si chiamava “Weekly talk”. Nello stesso tempo cominciai a collaborare con Akebia, la società di comunicazione che tra l’altro edita Orvietonews.it, relativamente alla comunicazione web, progettando e gestendo contenuti per varie tipologie di siti internet: un campo che mi interessava molto e per il quale scoprivo, ogni giorno di più, grande inclinazione e insospettata versatilità. D’altra parte la comunicazione, sia pure nel campo dell’insegnamento linguistico, era stata da sempre il mio appassionante lavoro. A un certo punto, visto che giornalisticamente avevo prodotto molto e con regolarità, decisi di iscrivermi all’ordine dei giornalisti... “nella vita – mi dissi - può sempre servire, non si sa mai...”; tanto più che, nel frattempo, avevo lasciato sia la scuola che l’impegno amministrativo. In modo del tutto inatteso, proprio mentre stavo aspettando la mia iscrizione all’ordine, si produsse una piccola rivoluzione societaria dentro Akebia. Il fondatore e amministratore, Fabrizio Caccavello, aveva perso in poche ore i due soci minoritari e il direttore del giornale; in altrettante poche ore decidemmo che in società, a questo punto, sarei subentrata io, perché l’innovativa e appassionante avventura di Akebia potesse continuare senza nessun contraccolpo. E così mi sono ritrovata, in modo del tutto inatteso ma con grande piacere, editore e direttore di un quotidiano e imprenditrice del web. Il mio lavoro è molto impegnativo, di grande e delicata responsabilità, ma a ripagarmi di tutte le energie che vi investo sono il ricco e positivo tessuto relazionale che permette di intessere e il fatto che, con le scelte che si operano, consente di incidere in qualche modo sulla società. Non “per orientare opinioni”, come tradizionalmente si pensa; ma, nello spirito del web e di un mondo sempre più globale e complesso, per rendere conto, nel rispetto dell’altro e delle differenze, di un ampio e variegato ventaglio di situazioni, culture, impegno, opinioni. Quali sono le Sue impressioni riguardo alle dinamiche culturali della città? Penso che a Orvieto, specie considerando la sua dimensione, l’offerta culturale sia ampia e variegata. C’è sempre qualcosa di molto interessante da fare o di cui poter fruire e, tutto sommato, le occasioni culturali coprono moltissimi generi e si rivolgono a molte tipologie di utenti, che siano attori o fruitori. E lo dico non da un’angolatura ristretta, ma come persona che si muove, viaggia, ha molti contatti con altri contesti culturali. C’è anche uno straordinario patrimonio di idee e di saperi in questa città, uno straordinario fervore sociale, una silenziosa generosità, basti pensare alle molte associazioni culturali e di volontariato che vi operano: persone, a volte non giustamente valorizzate, che contribuiscono alla grande macchina del mondo con la loro piccola ma importante fetta di studio, lavoro, impegno. Quello che ancora fa difetto è una rete adeguata di comunicazione e di collaborazione e, almeno in una parte di cittadini orvietani, l’orgoglio consapevole non solo delle antiche pietre, ma del moderno patrimonio umano. Le cose, però, stanno migliorando, e credo che il web possa aiutare, anche in questo campo, la comunicazione. Se poi dal piano puramente culturale passiamo a quello dell’industria culturale, della cultura come risorsa economica, lì allora penso che ci sia ancora molto da fare: scontiamo un ritardo della politica rispetto alla conoscenza e al governo delle nuove, incalzanti dinamiche che stanno pervadendo anche l’industria culturale e, ancora di più, quello tra i tempi lenti dei cosiddetti “tavoli di concertazione e decisionali” e quelli estremamente veloci di un mondo che, in mancanza di decisori adeguati, finisce per essere o rovinato dall’inerzia o, se ne ha la forza, per decidere da sé, accentuando il divario tra politica e mondo reale. Sulla Rupe, si assiste ad un’ondata di nuove politiche della comunicazione. Anche l’informazione risente, a mio avviso, di questa vivacità culturale: non a caso il nostro quotidiano on line è stato uno dei primissimi in Italia, ed è servito a stimolare la nascita di altri prodotti editoriali on line sul territorio. C’è la stampa locale tradizionale, che continua a fare, da diverse angolature, il suo lavoro, e che accanto ai nomi “storici” sta producendo una nuova generazione di cronisti; c’è una televisione molto presente e molto seguita, è nata persino una radio web, per di più condotta da giovani, cosa che costituisce un valore aggiunto; ci sono periodici e free press, oltre che bollettini culturali di tutto rispetto. Per quanto mi riguarda penso che l’abbondanza e il pluralismo siano un segno di democrazia, vivacità, civiltà, e mi piace stabilire, con i colleghi, un rapporto di rispetto e di collaborazione: ognuno ha il proprio stile ed è giusto offrirli tutti. Anche una valente autrice, Laura Ricci, a quanto pare? I miei libri non sono nati prestissimo: non sono, insomma, una scrittrice precoce, di quelle che avevano i manoscritti nel cassetto già a 15 o 20 anni, anche se la scrittura, in senso utile e funzionale, l’ho sempre praticata; e sempre con molta cura della struttura e di una chiara essenzialità, cosa che credo appartenga alla mia formazione, potremmo dire “di stampo molto francese”. La mia scrittura creativa è nata quando, dopo moltissima e appassionata lettura, ho sentito che la parola pur preziosa di altri e di altre da sola non mi bastava più, e che forse avevo anch’io qualcosa di originale da esprimere. E’ nata proprio quando mi sono trasferita a Orvieto, ormai 26 anni fa, quando sono riuscita a trovare, nella mia vita sempre molto convulsa e impegnata, un po’ più di tempo per riflettere e “una stanza – non solo metaforica, ma proprio reale - tutta per me”. E’ nata e nasce dall’esigenza di dare corpo e visibilità al soggetto femminile, non in senso rivendicazionista, ma come rivisitazione esperienziale e consapevole di diffusi quanto falsi luoghi comuni, come semplice e tranquilla espressione di una legittima, inevitabile differenza. In questo senso, non scaturisce però da frustrazione o da traumi personali, dunque da uno sfogo, ma da un nodo decisamente politico. Sono nata in una famiglia eccezionale, forse matriarcale, con un padre fragile e dolce e una madre, una nonna e una bisnonna tremendamente forti e autorevoli: ho respirato da sempre grande libertà e anticonformismo. Questo privilegio personale non mi ha tuttavia impedito di percepire il dato storico e politico di un sesso a lungo negato o falsamente raccontato, me lo ha reso anzi più evidente, orientando le mie scelte all’interno dei generi di scrittura che ho scelto. Quali sono i generi prediletti? I generi che prediligo, nello scrivere, sono la poesia e il racconto breve, non saprei dire se perché li trovo molto più congeniali alla mia ricerca – interiore, esistenziale, stilistica - di incisiva essenzialità; o se perché, tutto sommato, si coniugano meglio con i tempi sempre impegnati e sempre a singhiozzo della mia vita. Scrivere un romanzo richiederebbe una dedizione e una concentrazione costanti che non mi sono mai potuta permettere, perché si coniugavano e si coniugano male con il mio lavoro, il mio costante impegno sociale e la mia continua sete di vita vissuta. D’altra parte fare la scrittrice a tempo pieno non mi piacerebbe, anche perché ritengo che gli stimoli alla mia scrittura vengano proprio dal fatto che mi lascio attraversare e incidere dalle relazioni umane e dalle molte manifestazioni della vita. Che poi cerco di trasferire sulla pagina, con un occhio particolare agli accadimenti in apparenza minimi, assegnandomi grande rigore strutturale e stilistico. Quanto sono importanti le altre occupazioni, passate e presenti? L’insegnamento e l’impegno amministrativo, che sono parte della mia prima vita – quella dei primi cinquant’anni – sono stati molto importanti e gratificanti per me e in certo senso, anche se possono sembrare distanti dalle attività che svolgo ora, ne sono stati il presupposto e ne costituiscono la piccola, fondamentale “sapienza”. Mi hanno insegnato a conoscere tanti diversi tipi di persone e a rapportarmi, spero con pazienza e rispetto, ad infinite sfumature di pensiero e di atteggiamenti, mi hanno trasmesso contenuti e la necessità di comunicarli con diversi linguaggi a seconda dell’interlocutore, mi hanno regalato molte esperienze. Poi, però, ho sentito che nei secondi 50 anni volevo fare cose diverse, e ci sto provando. Un Suo messaggio rivolto ai giovani? Ai giovani continuerei a dire quello che dicevo loro quando facevo l’insegnante: di cercare di scoprire i loro desideri veri, non quelli indotti dagli adulti o dai falsi profeti, e di fare tutto, ma proprio tutto quello che dipende da sé per realizzarli. Nella consapevolezza che la vita è un impegno tremendamente difficile, un continuo mettersi in gioco e un continuo rischio, ma a saperlo governare per il verso giusto anche esaltante. Direi loro di non dare troppo credito ai profeti di sventura, ci sono da sempre, e di perseguire il buono e il bello che, tra l’inevitabile dolore, fanno sempre bene e sono possibili. LAURA RICCI è nata a Viterbo, dove è rimasta fino agli anni del liceo. Laureatasi in Lingue e letterature straniere all’Università di Pisa, ha vissuto diversi anni in Toscana e successivamente a Roma. Vive e lavora a Orvieto dal 1982. Dopo aver insegnato per molti anni francese e inglese, attualmente lavora nel campo del web. E’ infatti coproprietaria di Akebia, azienda che si occupa di servizi e comunicazione on line. Da sempre impegnata nel sociale, ha svolto per 14 anni l’incarico amministrativo a Porano, da ultimo con il ruolo di vice sindaco e di assessore alle Politiche sociali e culturali, dando un forte imput all’innovazione segnata dalla prima Giunta Brugnoli: dall’apertura della Biblioteca Comunale a quella del Teatro Santa Cristina e del Centro giovanile, dall’attivazione di numerosi servizi e benefit sociali alla pubblicazione del primo sito internet dei piccoli comuni del comprensorio orvietano, alla realizzazione di un progetto biennale di scambio con l’Inghilterra sul tema della Pari opportunità all’interno del Programma “Gioventù per l’Europa”, alle Convention internazionali di Giocoleria organizzate a Villa Paolina sotto il suo assessorato. E’ tra le socie fondatrici dell’associazione “Il filo di Eloisa”, che ha come principale obiettivo la diffusione e la valorizzazione del pensiero femminile per continuare, a Orvieto, il lavoro avviato in tal senso da Eloisa Manciati. Accanto a questo impegno, la scrittura. La sua prima raccolta di versi, dal titolo Le quattro stagioni (Rebellato, Venezia), risale al 1984; suoi testi poetici sono inseriti nelle antologie L’Autore (Firenze, 1989), Ti bacio in bocca (Lietocolle 2005), Poesia e Natura (Le Lettere, 2007). Con le raffinate edizioni poetiche Lietocolle ha pubblicato le sillogi Voce alla notte (2006) e, recentissima, La strega poeta (marzo 2008), con post-lettura di Guido Barlozzetti. In prosa ha scritto la raccolta di racconti brevi Insopprimibili vizi (AM Edizioni Marotta, 2004); suoi saggi e articoli letterari sono sparsi in varie riviste e pubblicazioni on line. Ama luoghi, lingue, ritmi, parole, persone. Crede nell’autenticità, nell’amore, nell’armonia, nell’ironia, nella gentilezza.