interviste

Le professioni dei giovani: intervista a Marco, cameriere stagionale

mercoledì 23 agosto 2006
di davidep
Continua il viaggio tra i mestieri che abitualmente svolgono i giovani. Il quarto appuntamento è con una delle professioni giovanili più diffuse, specie l’estate: il cameriere, colui che predispone la sala e i tavoli curandone funzionalità ed estetica, accoglie i clienti, li accompagna al tavolo prescelto o già prenotato, dà informazioni e consigli presentando i menù, prende le ordinazioni e serve piatti e bevande. Attraverso l’esperienza sul campo e la partecipazione a corsi di perfezionamento può diventare capo-cameriere con importanti responsabilità organizzative, oppure il suo servizio dura un’estate, il tempo di guadagnare qualcosa. Nelle piccole aziende ristorative e ricettive non è richiesta la formazione di base, per cui tutto lo spessore professionale è basato su caratteristiche personali e sull’esperienza acquisita sul campo. L’orario di lavoro è influenzato dal livello raggiunto e acquisito e dal tipo di locale, generalmente aumenta nelle ore serali, nei giorni festivi e nei luoghi di vacanza, a seconda delle stagioni. Racconta la sua esperienza Marco, 23 anni, cameriere stagionale. Come ti è venuto in mente di “sacrificare” l’estate per lavorare come cameriere? Avevo appena finito il liceo scientifico con un esame di maturità buono per le mie potenzialità, ma ero molto indeciso sulla strada che avrei intrapreso dopo. Sinceramente non me la sentivo di iscrivermi ad una facoltà solo per dire “faccio l’università”, ma allo stesso tempo non volevo starmene con le mani in mano ad aspettare che piovesse un’offerta di lavoro dal cielo. Così, ho iniziato a guardare un po’ su Internet e ho letto che molti alberghi erano ancora alla ricerca di camerieri stagionali (di solito il reclutamento avviene un po’ prima dell’estate). Ne ho parlato con mio zio, che è cameriere a tempo pieno anche durante l’inverno, e mi ha spronato a fare questa esperienza dicendomi che mi avrebbe insegnato tanto, ed effettivamente così è stato. Da quanto tempo svolgi questa attività e fin quando hai intenzione di proseguire? In realtà l’ho fatto solo per due anni, anche se stavo pensando di ripropormi anche quest’anno magari in un pub per i più giovani o qualcosa del genere per gli stranieri. Il primo anno ho lavorato in un albergo a tre stelle di Riccione da giugno a settembre (anche se ho conosciuto persone che erano lì da aprile) dove mi sono fatto le ossa, il secondo ero più scafato e lavoravo in un grande hotel di Cattolica. Si tratta di esperienze isolate, fatte per tirar su qualche soldo, io non sono tra quelli che dopo aver essere stati camerieri stagionali una volta, decidono di farlo per tutta la vita. Anche se poi durante l’anno sono molti i giovani che servono nelle pizzerie o nelle trattorie magari solo per i weekend o per brevi periodi. In quel modo l’impegno è meno intensivo e continuativo, ma non per questo più facile. Com’era la tua giornata-tipo? Diciamo che ogni cameriere ha le sue specifiche mansioni, ma tutti fanno quello che serve in quel momento, sovvertendo le gerarchie capo sala – aiuto cuoco. Il momento più duro era la sveglia, di solito non dopo le 6, preparavo cappuccini, tè, caffè caldi e servivo in sala le colazioni fino alle 11. Quando i clienti avevano finito, si apparecchiava per il pranzo e ci si concedeva un’ora di pausa, facendo a turno con gli altri ragazzi, prima dell’ora del pranzo, che di solito termina intorno alle 15. Il pomeriggio ero libero fino alle 18:30 e la maggior parte delle volte approfittavo per riposare in camera o per andare un po’ al mare (dopotutto era estate!), poi dalle 19:30 alle 22 si serviva la cena e bisognava sistemare di nuovo la sala apparecchiandola per la colazione del giorno dopo, e prima di mezzanotte non c’era verso di finire. Spesso però trovavamo le forze per andare a fare due salti in discoteca, anche perché si era creato un bel gruppo affiatato fra noi ragazzi e tutti avevamo comunque voglia di divertirci dopo aver passato l’intera giornata a fare la spola tra cucina e sala da pranzo. L’organizzazione di feste all’interno dell’albergo, poi, sottraeva tempo ed energia, ma tutto sommato era piacevole anche perché eravamo assistiti da ragazze dell’animazione molto simpatiche. Questo poi dipende dall’ambiente, il secondo anno io mi trovavo in un albergo abbastanza grande che comprendeva anche ristorante e bistrot sotterraneo. C’è qualcosa che non ti piace assolutamente o che molti sottovalutano in questa professione? L’atteggiamento dell’italiano medio in ferie. Trovi la famigliola riservata e discreta, con la moglie che quasi si vergogna a chiederti di scaldare il biberon per il bambino e le comitive chiassose che scendono per cena in mandria e danno per scontato che tutto gli è dovuto, per il semplice fatto che hanno pagato. Non è facile accettare che il cliente ha sempre ragione e fare buon viso a cattivo gioco con tutti! Molte persone dato che sono in vacanza, vogliono essere servite e riverite, spesso fregandosene dell’attività altrui, senza rispetto per chi cerca di svolgere il proprio lavoro con professionalità e dignità. Con molte famiglie, però, sono riuscito ad instaurare anche buoni rapporti, che esulavano da quelli cortesemente distaccati cameriere – cliente. Ci sono persone più simpatiche ed espansive di altre, bambini che fanno grandi sorrisi e anziani che danno laute mance o offrono continuamente sigarette, sebbene hai spiegato loro che non fumi trenta volte da quando sono arrivati. Anche se a volte proprio non ne avresti voglia, è la direzione stessa che chiede di essere sempre cortesi e vicino ai clienti, “mai invadenti, sempre sorridenti”. A te è servita come esperienza formativa? A chi la consiglieresti e cosa occorre? Per una persona timida come me, stare in mezzo alla gente è stata una vera e propria terapia. Fare il cameriere mi ha aiutato tantissimo a crescere, anche perché stando distante da casa in un contesto totalmente diverso dal mio, ho imparato a cavarmela, anche in soli tre mesi. Portare i piatti a tavola è certamente facile, ma a lungo andare anche stancante, se sommato a tutta una serie di piccole mansioni. Se si svolge l’attività in strutture di livello medio – alto è richiesta la conoscenza delle principali lingue straniere, ma per il resto non occorrono eccessivamente nozioni di scienza dell’alimentazione, di principi igienici, merceologia o psicologia della clientela. È sufficiente molto spirito d’adattamento a ritmi di lavoro diversi e situazioni spesso impreviste per inserirsi in un’organizzazione, un po’ di memoria e una certa manualità per essere un po’ più sciolti nei movimenti. Un cameriere deve avere capacità comunicative, di affabilità e cortesia nel gestire la relazione con il cliente, superando lo stress accumulato e dimostrando attenzione alle sue richieste. Accanto alla voglia di fare, serve poi l’umiltà di imparare dando fiducia a chi ha più esperienza. Il primo mese sono stato affiancato da un ragazzo più grande che svolgeva da tanto questo mestiere. Inizialmente me la prendevo se mi faceva notare che la forchetta non era perpendicolare al coltello o che per non far scottare il vassoio di portata bastava metterci sotto un tovagliolo piegato, ma in breve ho capito che quelle erano delle dritte giuste, regole pratiche e consigli spiccioli da chi c’era passato prima, alla faccia di tanti corsi alberghieri. Si lavorano dalle 8 alle 10 ore al giorno con ritmi talvolta infernali e temperature non piacevoli, e soprattutto si lavora mentre gli altri sono in vacanza, però si arrivano a prendere anche 1200 euro mensili, mance escluse, e soprattutto si conosce un sacco di gente. Consiglio a tanti studenti di rinunciare a un’estate tradizionale, per fare un’esperienza comunque remunerativa e gratificante sul piano umano, con un po’ di sacrificio è possibile stare ugualmente tra la gente, il sole e il mare. Ripetendo poi l’esperienza anche l’anno successivo, è bello ritrovarsi con molti ragazzi e ragazze che si erano già conosciuti. A Riccione c’era un ragazzo di vicino Roma che l’inverno lavorava in libreria e d’estate serviva ai tavoli insieme a me, con lui ci sentiamo spesso e mandiamo avanti tuttora un’amicizia a distanza. A Cattolica poi, ho conosciuto la mia ragazza… Le vignette sono state realizzate in esclusiva per orvietonews.it da Chiara Piunno