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Le professioni dei giovani: l’animatore turistico. Intervista a Manuela

venerdì 18 agosto 2006
di davidep
Breve viaggio tra i principali mestieri che per tradizione, convenzione e prassi, sono svolti abitualmente dai giovani. Per la seconda tappa, per gli ultimi sprazzi di bella stagione si fa scalo in spiaggia, dove tra un corso di bachata, una caccia al tesoro e una scenetta, il vero protagonista è l’animatore turistico. Brillante, simpatico, estroverso, gestisce il tempo libero e le attività ricreative, mentre gli altri sono in vacanza, soprattutto in località balneari. Il 70% degli occupati è composto da ragazze provenienti dal nord, ma le realtà “produttive” sono localizzate in prevalenza al centro, al sud e nelle isole. L’animatore lavora in team ed organizza giochi di società, spettacoli e tornei sportivi per rendere più piacevole, divertente e diverso il soggiorno dei vacanzieri. Ogni animatore ha una sua competenza specifica, ma tutti devono sapersi arrangiare e improvvisarsi un po’ scenografi e un po’ attori. Racconta la sua esperienza, Manuela, 27 anni, che per tre anni è stata animatrice, assistente turistica e receptionist. Fare un esperienza di vita, migliorare la conoscenza di una lingua, mettersi alla prova per sondare le proprie attitudini al rapporto con la gente, voler semplicemente guadagnare un po’ di soldi. Sono tante le motivazioni che spingono i giovani a dedicare i mesi estivi ad un’attività come l’animatore turistico. Tu come hai iniziato? In realtà non ci avevo mai pensato seriamente. Ero stata solo una volta in ferie in un villaggio, senza lasciarmi coinvolgere troppo dall’animazione, ma in quel momento cercavo lavoro e soprattutto avevo voglia di viaggiare. Così ho letto un annuncio sul giornale e mi sono lanciata. È un’esperienza che ti è piaciuta, visto che l’hai ripetuta anche gli anni successivi… Certo, anche se rientri e partenze sono a distanza molto ravvicinata: magari si sta a casa solo un paio di settimane prima di ripartire. La prima volta ho trascorso i tre mesi estivi in un piccolo albergo in montagna, nel Veneto; la seconda esperienza si è svolta durante cinque mesi invernali in un villaggio turistico a Djerba, in Tunisia, e la terza nei mesi estivi in un piccolo albergo al mare, a Vigo di Fassa (Trento). Qual è la giornata-tipo di un animatore turistico? In generale la giornata dipende dalla tipologia della struttura, di solito nei piccoli alberghi oltre all’animazione, capita di dover fare di tutto un po’, dall’accoglienza dei clienti appena arrivati ai caffè al bar. Ricordo che in montagna eravamo solo in due, di giorno il mio collega portava i clienti a fare le escursioni e io invece restavo in albergo con i clienti che preferivano andare in giro da soli, a volte mi affidavano i bambini e il pomeriggio facevo assistenza in piscina. La sera, poi, facevamo giochi, cabaret, lotterie, proiezione di film…mai un giorno libero in tutta la stagione! In Tunisia ero anche assistente, cioè andavo a prendere i clienti in aeroporto, accompagnandoli anche in altri alberghi dell’isola, e facendo loro un discorso di presentazione del paese e del villaggio. Nei villaggi la giornata inizia con il benvenuto sulla porta del ristorante per la colazione e va avanti con i giochi aperitivo e il pranzo rigorosamente insieme ai clienti, il pomeriggio prosegue con la riunione dell’animazione, tornei vari, accoglienza sulla porta del ristorante, cena rapida e poi liscio, baby-dance, spettacolo vero e proprio, pulizia di palco e costumeria, discoteca con i clienti, eventuali prove dello spettacolo del giorno dopo, con una media di circa quattro ore di sonno. In generale, anche se avresti del tempo libero, devi sempre stare con i clienti a fare quello che si chiama “contatto”, gironzolare al bar all’ora dell’aperitivo o intorno alla piscina per fare quattro chiacchiere con loro. L’importante è non fermarsi mai troppo con gli stessi, ma parlare sempre un po’ con tutti per sapere come si trovano, se tutto va bene e possibilmente convincerli che tutto va davvero bene. E poi sorridere, sempre e comunque, senza lamentarsi. Quali sono le diverse reazioni di chi viene “animato”? In tanti villaggi si fa un’animazione un po’ troppo insistente, per cui il cliente (specie se giovane che si spalma al sole e fa tardi la notte) si altera appena vede arrivare qualcuno che gli programma la giornata. Noi ci limitavamo a fare il giro del villaggio urlando la successiva attività ed eventualmente prendendo “iscrizioni” ai giochi, cercando di schiodare gente dai lettini. Per quello che ho visto, i giovani specie le coppie non amano molto essere animati, mentre gli anziani sono quelli più fedeli, tanto che alla fine della settimana ti hanno adottato. Se poi fai il miniclub con i bambini, alla fine della settimana ti ritrovi sommerso da disegni e regalini. La mia esperienza più bella è stata con una coppia frequentatrice abituale di villaggi: la prima settimana mi hanno ignorata, poi piano piano si sono sciolti e quando sono partiti mi hanno confessato di essere stata l’unica animatrice che in tanti anni era riuscita a coinvolgerli davvero. Un’altra cliente regalò a me e alla mia collega due foulard appartenuti a sua madre defunta, dicendoci che le faceva piacere lasciarci qualcosa in ricordo. C’è qualcosa che non ti è piaciuto o che molti sottovalutano in questa professione? Nella mia esperienza, mi sono imbattuta nell’invadente insistenza di alcuni clienti, soprattutto anziani, che si prendono troppe libertà. Un giovane in vacanza con la moglie, con la scusa di farsi dare un mazzo di carte mi ha seguita fino in camera e poi mi ha chiesto un bacio! In generale tutti pensano che sia un lavoro divertentissimo dove la fatica non esiste, dal momento che si è sempre in vacanza, in realtà è uno stress sia fisico che emotivo, amplificato dalla lontananza da tutti gli affetti per mesi e dalla convivenza forzata con i colleghi. Le giornate sono lunghissime e non hai mai un attimo per te stessa. Se c’è da lavorare, non mangi, non ti lavi, non dormi e non chiami a casa, il tutto però sorridendo e non facendo capire a nessuno che sei molto nervosa. A te è servita come esperienza formativa? Tanti paragonano l’animatore turistico al servizio militare e per certi versi esistono delle somiglianze: il capo animatore è molto rigido con le numerose regole da seguire per non far fermare la baracca. Dare il massimo non è sempre facile e l’impatto emotivo per molti risulta devastante, ma fare l’animatore insegna anche tante cose, come il  lavoro di squadra, le responsabilità, il contatto con i clienti, relazionarsi con la gente anche di diverse culture, apprezzare la mamma che ti lava calzini e magliette... Una cosa che ho imparato nei ritmi frenetici del villaggio è prendere con calma le emozioni: ogni cinque minuti, mi alteravo e gioivo per cose piccolissime, per cui alla fine ho capito che è meglio aspettare ad esaltarsi, dato che le cose cambiano mille volte prima di concretizzarsi. La soddisfazione più bella però è l’affetto dei clienti, che si commuovono quando partono, che ti mandano le cartoline e ti ringraziano per avergli fatto passare una bella vacanza. Ogni settimana il giorno delle partenze ti sembra che parta un pezzo della tua famiglia e ogni volta bisogna ricominciare a guadagnarti la loro fiducia, a farti conoscere e a coinvolgerli. A chi consiglieresti questa professione? Certamente occorre una gran voglia di fare, molta pazienza e una buona forma fisica per affrontare gli inevitabili tour de force, non è un mestiere che si fa per i soldi. La prima stagione ho preso 600mila lire al mese più quasi vitto e alloggio, in Tunisia 500mila più il volo, vitto e quasi alloggio, al mare 900mila più vitto e alloggio perché ero già una veterana. Pochi infatti resistono più di una stagione e in generale tutti quelli che vogliono fare l’animatore sono un po’ pazzi o hanno una vita scombinata. Consiglio questa bellissima esperienza a tutti quelli che hanno voglia di andare, di conoscere gente (i posti generalmente li vedi dalla finestra della camera!) e che soprattutto hanno un carattere aperto, socievole e grandi capacità di adattamento. Due mesi da animatore equivalgono a due anni vissuti in città, per tutto quello che succede durante il giorno, per il turbinio di gente incontrata ed emozioni provate. Io non ho mai approfittato della situazione, anche perché ero sempre stanca e la sera non vedevo l’ora di andare a dormire, ma conosco anche persone che animando, animando e animando hanno trovato l’amore. La vignetta è stata realizzata in esclusiva per orvietonews.it da Chiara Piunno