interviste

Un (giusto) pretesto per parlare di adolescenti e sessualità. Intervista a Teresa Urbani, responsabile dei Consultori Familiari del Distretto di Orvieto

domenica 18 dicembre 2005
di Davide Pompei
Le cupe storie di branco di minorenni vittime e carnefici di sé stessi dove la sessualità si mescola alla violenza, un dibattito politico istituzionale che mette al centro temi come la castrazione chimica e la legge 194, l’eterno monito della chiesa alla castità come valore e il recente film Melissa P., che punta tutto sulla fascinazione mediatica di un argomento potenzialmente scabroso come la sessualità nei giovani. La società in cui viviamo è intrisa di messaggi e allusioni, che in maniera diretta o indiretta riguardano la sfera sessuale. Messaggi a volte diametralmente opposti, che provengono dalla cultura di massa, da istituzioni che non hanno mai perso del tutto la loro funzione educativa e dalle quali c’è un continuo bisogno di essere informati. Le vicende della cronaca, veritiere o enfatizzate, offrono un (giusto) pretesto per tornare a parlare di iniziazione sessuale e conflitti di adolescenti che tentano di capire cosa sta cambiando dentro se stessi e nel mondo circostante. Ma come sono i giovani di oggi quando si parla di amore e sesso?

Secondo gli ultimi dati del CENSIS sono un po’ più scaltri e informati di vent’anni fa, ma sempre insicuri e impauriti. Favorevoli alla sperimentazione della pillola per abortire, pensano che quella anticoncezionale sia la via più efficace per evitare una gravidanza indesiderata, ma nei rapporti occasionali preferiscono che si utilizzi il preservativo. Si tratta di adolescenti che fino al momento in cui arrivano al consultorio non pensano neppure che la gravidanza li possa toccare. Questo perché la consapevolezza della propria sessualità arriva solo più tardi. Non è ancora possibile tradurre in cifre l’aumento del consumo della pillola del giorno dopo tra le ragazze, ma il fenomeno è avvertito, soprattutto nel fine settimana, in tutte le regioni e riguarda le più giovani, quasi sempre minorenni, che hanno magari il primo rapporto intorno a 17 anni e soltanto più tardi diventano più consapevoli della loro sessualità e ricorrono alla normale contraccezione. Il pudore e la necessità di mantenere la propria privacy spingono ragazze e ragazzi a cercare al di fuori della famiglia le risposte ai propri dubbi e alle proprie curiosità, ricevendo informazioni sul sesso, spesso inesatte, distorte o insufficienti. Ma si è sempre più disposti a parlarne, per chiedere aiuto agli amici, alle rubriche di certi giornali o agli esperti di un consultorio.

Dal 1983 sul nostro territorio è attivo il Consultorio Familiare che svolge iniziative rivolte ai giovani proprio per quanto riguarda l’ambito sessuale e affettivo, a partire dall’analisi dei bisogni del mondo adolescenziale e la formazione degli operatori stessi, dalla prevenzione alla promozione della salute.
“Presupposto fondamentale delle nostre attività – afferma Teresa Urbani, ginecologa e psicoterapeuta responsabile dei Consultori Familiari del Distretto di Orvieto – è la convinzione che un intervento educativo deve fornire i giusti strumenti per integrare le proprie diverse componenti e arrivare ad una maturità affettivo-emotiva che possa far orientare verso gli altri i propri affetti e desideri e ricevere piacere dalla sessualità senza arrecarsi o arrecare danno”.

Quali sono state in questi anni le principali attività svolte dal consultorio?

“Abbiamo lavorato sul coinvolgimento interistituzionale e nel ’94 - ‘95 è stato effettuato, con il finanziamento della USL, un corso di formazione per educatori socio-affettivi e sessuali, coordinato da Donata Francescato della Facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, fondatrice della Psicologia della Salute in Italia, e svolto da Anna Putton, a cui hanno partecipato, oltre a diversi operatori dei servizi territoriali (SERT, SIM Infanzia) del Provveditorato agli Studi di Terni e del CGD, anche insegnanti appartenenti a ciascun istituto superiore di Orvieto. L’obiettivo era quello che ogni scuola, all’interno della propria programmazione annuale, inserisse l’educazione socio-affettiva e sessuale, la prima svolta dalle insegnanti coinvolte nel corso di formazione, la seconda realizzata in collaborazione con gli operatori del consultorio. Sempre in seguito al corso, si sono svolti incontri di formazione con gruppi di insegnanti delle scuole elementari dei circoli didattici dell’orvietano che, quindi, sono diventati promotori degli interventi nelle rispettive scuole elementari. L’attività di educazione socio-affettiva-sessuale, intrecciata ai percorsi di formazione e auto-formazione degli insegnanti delle scuole del territorio, nel 2004 ha riguardato 35 classi per un totale di 630 ragazzi tra scuole elementari, medie inferiori di tutto il distretto sanitario (comprendente Orvieto, Allerona e Fabro) e tutte le scuole superiori di Orvieto.

E il “Consultorio a scuola" come nasce?

“Nel ’98 il Consultorio ha proposto alle scuole medie superiori della città l’apertura, all’interno degli istituti, di uno spazio dedicato agli studenti dove gli operatori del servizio sono presenti due ore ogni quindici giorni per rispondere alle richieste dei ragazzi. Questo progetto deriva dalla necessità di facilitare l’accesso degli adolescenti al consultorio permettendo loro di superare le resistenze derivate dal controllo sociale molto forte in piccole realtà come la nostra. Abbiamo pensato di portare il consultorio familiare a scuola, nel luogo dove non poteva in alcun modo essere imbarazzante accedervi. Collaborando con gli istituti, inoltre, si è lavorato insieme sull’educazione alla contraccezione, per prevenire l’aborto e solo nel primo semestre del 2004 sono stati effettuati 15 accessi, in 6 mesi 60 giovani, tra ragazzi e ragazze, si sono rivolti ai nostri operatori. Il consultorio non riguarda solo le ragazze, ma diventa anche un presidio sanitario che talvolta consente di intervenire, risolvendo piccole problematiche del disagio adolescenziale, fisiologico e non certo patologico. Si sono costituiti anche dei gruppi spontanei di auto-aiuto fra ragazzi e ragazze, proprio in seno al consultorio”.

Un bilancio quindi positivo quello attuale. E per il futuro?

“È un’esperienza positiva rispetto ai bisogni oggettivi dei giovani, ma mancano le risorse umane. Da gennaio 2006 andranno in pensione due figure professionali e resteremo in 4 su un territorio distrettuale che è molto vasto. La mancanza di personale è un grande problema per il nostro distretto, speriamo di non dover fare delle scelte dolorose: la qualità del servizio o la copertura del territorio, articolato in 3 sedi (Orvieto, Fabro e Monterubiaglio), dove offriamo un sostegno materiale nella direzione della promozione della salute e dell’educazione al rapporto genitori – bambini, anche in termini di prevenzione. La notevole concentrazione di donne immigrate nell’alto orvietano, poi, costituisce di per sé un target di intervento privilegiato perché c’è il rischio di malattie, di gravidanze non desiderate e la facilità del ricorso all’aborto, anche con pratiche non legali. I consultori lavorano molto sulla prevenzione, e al contrario di tante polemiche che disorientano soprattutto gli utenti, servirebbero più strumenti”.