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"Una yurta sull'Appennino. Storia di un ritorno e di una resistenza"

venerdì 23 agosto 2019
di Davide Pompei
"Una yurta sull'Appennino. Storia di un ritorno e di una resistenza"

"Fuori la neve continua a scendere silenziosa. È ormai quasi buio. Nella yurta, invece, è caldo. Bevo l'ultimo sorso dalla tazza e infilo la giacca per tornare al lavoro. Ciclopi, terremoti e bufere facciano quel che devono, io sono Marco Scolastici e dalla mia Itaca non me ne vado più". Eccola, la voce coraggiosa e autentica del giovane pastore che ha sconfitto il sisma, fermata su carta nelle 120 pagine di "Una yurta sull'Appennino. Storia di un ritorno e di una resistenza".

Il libro, disponibile da settembre 2018 nella Collana "Einaudi. Stile Libero Extra", sarà presentato venerdì 23 agosto alle 19 in Piazza Cavour, nel contesto della quattro giorni di "DiVino Etrusco", la kermesse dedicata al vino divenuta appuntamento tradizionale dell’estate a Tarquinia. Nel salotto all'aperto allestito ai piedi del monumento dedicato a Giuseppe Mazzini l'ora del tramonto coincide con l'intrattenimento che precede l'apertura dei percorsi enologici.

In una chiacchierata con il direttore de lextra.news Stefano Tienforti, Marco Scolastici – classe 1988, originario proprio di Tarquinia – partendo dal libro in cui racconta la decisione di guidare l’azienda di famiglia a Macereto e la volontà di restarci anche nelle difficoltà del terremoto, testimonierà come quotidianamente prosegue la "resistenza" di un territorio che non si è arreso. Una storia vera, non confinata sui Monti Sibillini, ma fattasi parabola anche fuori dall'Italia.

È il racconta di se stessi, del filo che lega alla storia della propria famiglia, della sensibilità e determinazione che guidano nelle scelte. Come quella di lasciare Roma e la Facoltà di Economia, nel 2016, per trasferirsi vicino al Monte Bove, nelle Marche, terra d'origine del bisnonno Venanzio ritratta in una vecchia foto su un calendario appeso in un bar. Ritraeva il vecchio acero di Macereto, i pascoli in cui l'avo era cresciuto curandoli, desiderandoli e infine comprandoli.

Il suo è stato un viaggio di ritorno verso casa difficile, talvolta doloroso, e quando pareva concluso la terra ha cominciato a tremare. Il buon senso gli suggeriva di scappare, ma quello sconosciuto altopiano, le montagne di Visso, per lui era la vita. Non poteva abbandonare le sue pecore, i suoi asini, i maremmani. Così ha montato una yurta mongola accanto alla propria casa inagibile, diventata simbolo di speranza e punto di riferimento per la gente del posto.

E ci ha trascorso l'inverno. A trovarlo sugli Appennini sono passati scrittori e artisti di fama internazionale. Il Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi gli ha consegnato il riconoscimento "I Guardiani dell'Arca". "Una formula leggera di resistenza al Globale, alle burocrazie, all'abbandono delle periferie, al terremoto. Un segno esemplare di rinascita, dopo la grande fuga che ha desertificato il cuore d'Italia". Sì, il sisma non è stato la fine di tutto, ma l'occasione per un nuovo inizio.