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"Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello"

sabato 17 novembre 2018
di Davide Pompei
"Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello"

Servivano una sociolinguista e un filosofo della comunicazione, esperti naviganti della Rete, per indicare una delle strade da percorrere per vivere in modo finalmente libero le ricchezze che il web e i social offrono? Evidentemente sì, se Internet non è più quello dei suoi albori e se nativi digitali convivono con generazioni di webeti, drogati di rapidità, relativismo e faciloneria dei social network che usano, da mane a sera, senza freno alcuno o consapevolezza minima.

Servivano, eccome, le 288 pagine del libro "Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello", curato da Vera Gheno, collaboratrice social dell'Accademia della Crusca, e Bruno Mastroianni, giornalista, social media manager e collaboratore di alcuni programmi Rai, pubblicato a fine agosto da Longanesi nella Collana "Il Cammeo" e prossimo ad essere presentato lunedì 19 novembre alle 19.30 in luogo che di tecnologia, digitale e futuro ha fatto il suo presente come il Vetrya Corporate Campus di Orvieto.

"Una guida - vademecum perché ciascuno sia in grado di navigare in rete e parlare con utenti che spesso dimentichiamo appartenere al genere umano e ad una realtà specifica. Per insegnare, soprattutto ai ragazzi, ai giovani, e anche agli adulti iperconnessi a saper utilizzare i social network con criterio e, in sostanza, per imparare a comunicare bene" suggeriscono dalla Fondazione Luca & Katia Tomassini.

Luca Tomassini e Katia Sagrafena, che di Vetrya sono rispettivamente presidente e direttore generale, aprono così le porte a un tema attualissimo e in continua evoluzione. Sfugge ai più, infatti, dove una simile rivoluzione stia portando le masse di iper-connessi, deficitari della consapevolezza non tanto delle moderne tecnologie quanto della potenza di uno strumento antico e immediato di cui dispongono gli esseri umani – anche quelli che non restano tali – come la parola.

"I social verranno insegnati a scuola e questo sarà il manuale" profetizza uno che della parola ha fatto non solo un mestiere ma anche un'arte come Stefano Bartezzaghi nel tentativo, forse, di invogliare all'acquisto di un libro che già dal titolo non lascia indifferenti chi ha orecchie per ascoltare. E salvarsi. È a loro, ma non solo, che i due autori parleranno dei rischi di non guardarsi in faccia, ma al "riparo" di uno schermo, anche di dimensioni ridotte, così da essere portato meglio. E ovunque.

Dal momento che "le possibilità di fraintendimenti, ostilità e interpretazioni distorte dei fatti sono massime laddove non possiamo guardarci in faccia, in rete e in particolare sui social network, le parole che scegliamo hanno un peso maggiore, su di noi e su chi ci sta attorno". In un'era in cui la  comunicazione sul web appare "avvelenata dal bullismo, dalle notizie false e dai continui conflitti, ci sentiamo intrappolati dall’odio, dalla paura e dalla diffidenza".

Salvarsi è possibile, ma serve criterio. Come? "Non esistono formule magiche ma, nel suo piccolo, ciascuno di noi può fare la differenza, curando con più attenzione il modo in cui vive – e quindi parla – in Rete: di sé, di ciò che accade, degli altri e con gli altri. In ultima istanza, la nostra vita interconnessa non dipende dagli strumenti e dagli algoritmi, e nemmeno dai proprietari delle piattaforme: sta a noi scegliere chi siamo e cosa vogliamo in Rete".

E nella vita, dove il digitale continua ad invadere ogni minuto della giornata, ad impattare sulle relazioni personali e professionali, sull'idea di se stessi e sul confronto con gli altri. E dove, secondo le statistiche, si prende in mano lo smartphone almeno trenta volta in un'ora per attività che poco hanno a che fare con la telefonata.

"Un modo intelligente – suggeriscono da Via dell'Innovazione – per spiegare l'importanza del telefono e il suo impatto nella vita sociale all'alba dei social, delle fake news e dell'overloading informativo. Non potevamo scegliere un posto più evocativo, considerando che Luca Tomassini è di fatto la persona che ha sviluppato il protocollo con cui oggi possiamo definire i nostri telefonini dei veri e propri media. E, insieme a Katia Sagrafena, è un fan di Guglielmo Marconi".

Per ulteriori informazioni:
info@fondazionelkt.org