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"Fare un'anima". In Duomo lo spettacolo di Giacomo Poretti per "Arte e Fede"

sabato 26 maggio 2018
"Fare un'anima". In Duomo lo spettacolo di Giacomo Poretti per "Arte e Fede"

Prosegue spedita la 13esima edizione del Festival Internazionale d'Arte e Fede organizzato e promosso dall'Associazione Culturale Iubilarte, in stretta collaborazione con il Comune di Orvieto – Assessorato alla Cultura e la Diocesi di Orvieto-Todi, con il Capitolo della Basilica Cattedrale e con il sostegno dell’Opera del Duomo di Orvieto, della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, BCC Credito Cooperativo, di Vittoria Assicurazioni, della Onlus Elisa Lardani-Marchi, Gordon College, Bar Montanucci, con il patrocinio della Provincia di Terni, della Regione dell’Umbria, della Conferenza Episcopale Umbra e dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI.

Dopo l'intensa testimonianza di Debora Vezzani, cantante e compositrice, autrice di "Come un Prodigio", è la volta di Giacomo Poretti, tra gli ospiti più attesi di questa edizione. Un terzo del fortunato trio comico "Aldo, Giovanni e Giacomo" - chi non ricorda i sardi di "Mai dire Gol" insieme alla Gialappa’s Band, gli svizzeri, i bulgari, i Padania Brothers, gli arbitri, i wrestler e i tenori? - ma anche interprete di tanti personaggi singoli, da Mr John Flanagan al notissimo Tafazzi, Poretti, da qualche anno svela un aspetto nascosto di se stesso, non solo comico: è impegnato nel sociale da anni, nel Centro culturale «San Fedele» di Milano, dove organizza, insieme alla moglie, incontri culturali e spirituali. Inoltre dal gennaio 2009 cura una rubrica, dal titolo "Scusate il disagio", su Popoli, mensile dell'ordine dei Gesuiti. Scrive su Avvenire e su La Stampa e ha scritto anche dei libri: Alto come un vaso di gerani (2012) e Al Paradiso è meglio credere (2015).

Dopo uno straordinario successo riscosso già in molte città italiane, sarà ad Orvieto, in Duomo, sabato 26 maggio alle 21, con il monologo "Fare un’anima". Uno spettacolo - ad ingresso libero - da lui scritto e interpretato, con il suo grande umorismo e la solita innata ironia, che raccoglie divagazioni e provocazioni su un "organo” che i moderni manuali di anatomia non contemplano, ma di cui da millenni gli uomini di ogni latitudine hanno parlato: l’anima.

“Il progetto di questo monologo – spiega l’attore - mi frulla in testa da quando è nato mio figlio Emanuele . In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie ed io conoscevamo bene . Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimentata finché non mi sono deciso ad affrontare la questione… per affrontarla mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere?

E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E poi a pensarci bene a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e libretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. L’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodico, A un certo punto rischia di farti tenerezza quella parola lì. Anima è una parolina esangue, malvestita e malnutrita, eppure è gelosa e innamorata: innamorata di noi e della vita, e come ogni amante ci vuole solo per sé".