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Sold out al Teatro dell'Unione per il cult "La Scuola" di Silvio Orlando

mercoledì 25 aprile 2018
di Davide Pompei
Sold out al Teatro dell'Unione per il cult "La Scuola" di Silvio Orlando

"Ho deciso di riportare in scena lo spettacolo più importante della mia carriera. Fu un evento straordinario, entusiasmante, con una forte presa sul pubblicò". Correva l'anno 1992 quando nei teatri d'Italia debuttava "Sottobanco", lo spettacolo interpretato da un gruppo di attori "fuori classe" diretti da Daniele Luchetti e capitanati da Silvio Orlando.

È quest'ultimo il volto più noto di quello che viene considerato un vero e proprio cult, antesignano di tutto il filone di ambientazione scolastica tra cui anche la fortunata trasposizione cinematografica del 1995 della stessa pièce che prese il titolo "La Scuola". Uno dei rari casi in cui è stato il cinema ad accogliere un successo teatrale, più volte celebrato.

Lo scanzonato ma anche autocritico dipinto della scuola italiana di quei tempi – nulla a che vedere con le derive moderne, su tutte i raccapriccianti video di bullismo dell'Istituto Tecnico Commerciale "Carrara" di Lucca, punta di un iceberg non solo italiano – è anche un esempio quasi profetico del cammino che stava intraprendendo il sistema scolastico.

"A vent'anni di distanza è davvero interessante fare un bilancio sulla scuola e vedere cos'è successo poi". Il testo attinge ai libri di Domenico Starnone "Ex Cattedra" (1987) e "Sottobanco" (1992). Dialoghi brillanti e situazioni paradossali fanno de "La Scuola", pronto ad andare in scena venerdì 27 aprile alle 21 al Teatro dell'Unione di Viterbo, uno spettacolo irresistibilmente comico.

Tanta l'attesa per la produzione Cardellino Srl inserita nel cartellone della Stagione di Prosa al punto che la commedia è andata presto sold out. Pubblico pronto, dunque, per assistere ai vivaci scrutini della IV D con i professori seduti intorno al tavolo dove si decide il futuro degli studenti. Di tanto in tanto, è in questo ambiente circoscritto che filtra la realtà esterna.

Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita così personaggi esilaranti, giudici impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Giudici e giudicati, numeri ed esistenze. Nelle scene di Giancarlo Basili, sotto le luci di Pasquale Mari, dentro i costumi di Maria Rita Barbera.

Diretto da Luchetti – assistente alla regia Riccardo Sinibaldi – il corpo docente scrittura senza bisogno di alcun appello Vittoria Belvedere, alias professoressa Baccalauro, insegnate di Ragioneria, Vittorio Ciorcalo, nei panni di Matozzi, sacerdote e docente di Religione, Roberto Nobile, in quelli di Mortillaro, il prof di Francese.

Silvio Orlando è Cozzolino, il professore di Lettere, Antonio Petrocelli, il professore di impiantistica Cirrotta, Maria Laura Rondanini è la professoressa Alinovi che tenta di insegnare Storia dell'Arte. Il preside – sì, non si chiamava ancora dirigente scolastico – è Roberto Citran. Insieme per il ritorno del simpatico diario di bordo da salutare come un tentativo.

Ironico e lungimirante. Quello di tornare a ragionare sulla necessità di una scuola viva e diversa. Prima che cinema e narrativa stereotipassero il tempo delle mele, cavalcando l’ondata filo-mocciana e consumando patinate notti prima degli esami, la scuola trovava qui degna rappresentazione di un infinto archivio di aneddoti, figure e rituali.

Oggi che a suon di provocazioni su YouTube, si sono smarriti i tradizionali (necessari?) ruoli e che il dubbio ha perso ogni funzione didattica, anche uno spettacolo può aiutare a ripercorre – senza nostalgia o retorica, ma con buona dose di comicità e (auto)ironia – primitive situazioni surreali, al limite del grottesco.

Tra bagni sovraffollati, di gente e di fumo. Aule dall’aria pesante, popolate da ex sessantottini, ambiziosi e ossessionati da continui scrupoli linguistici. Studenti apatici persi nelle proprie insicurezze adolescenziali, intenti a incidere il banco o a mimare il ronzio di una mosca per reclamare visibilità. Con gli occhi e gli occhiali di chi, atipico, percepisce la scuola come un territorio ostile e tutto da bonificare, ma che non rinuncia al piacere di insegnare.

Perché dietro a un sorriso, c’è sempre un buio che deve allarmare. Perché "…la scuola è ormai un bivacco di insegnanti che si dedicano alle ultime veloci operazioni prima degli scrutini. Il mondo – che già normalmente appare sbiadito oltre i vetri delle aule – non esiste più…".