Serena Autieri, doppia principessa del popolo. Al Lyrick, "Diana & Lady D"
"Un inno all'amore, un canto all’essenza pura della vita e alla bellezza di ogni donna". Da donna a donna, l'attrice partenopea Serena Autieri che ha fatto dell'Umbria la sua seconda casa – a luglio, sulla Rupe, è stata madrina del concerto-evento "Orvieto4Ever" – ora indossa la corona di un'icona come la principessa di Galles e il sorriso triste di Diana Frances Spencer. Dopo la prima nazionale assoluta tenutasi mercoledì 14 febbraio al Teatro Sistina di Roma, "Diana & Lady D", il primo spettacolo teatrale al mondo sulla vita di quest'ultima, scritto e diretto da Vincenzo Incenzo e prodotto da Engage alle 21.15 di giovedì 22 febbraio sarà al Teatro Lyrick di Assisi nell’ambito della fortunata stagione "Concentrato di Emozioni".
Sul palco, senza rete, per inscenare una performance verbale e fisica dai contrasti sorprendenti, facendo rivivere lontano da ogni retorica l’ultima notte della "principessa del popolo" in un flusso di coscienza intenso e poetico, dove lampeggiano l’infanzia difficile, l’adolescenza felice, le controverse stagioni della vita con l'erede al trono britannico. Dallo sfarzo delle cerimonie reali ai discussi amanti, dalle raggianti apparizioni nella moda e nella mondanità, al buio bulimico della solitudine con il drammatico epilogo a tutti noto, nel tunnel dell'Alma dopo aver lasciato l'appartamento dell'Hotel Ritz di Parigi. E ancora il rapporto altalenante con i flash invadenti dei paparazzi, l'impegno umanitario, il volontariato.
L'immagine riflessa allo specchio, l’altra parte di sé. Un turbinio di accuse, il tentativo estremo di essere ascoltate, comprese, abbracciate. "Per arrivare al perdono, alla ricomposizione del sé, al ritorno all’Uno; dopo di cui tutto, anche la morte, può essere accolta con illuminata leggerezza. Il palco si fa luogo dell’anima e nostalgico dopo-mondo". Merito anche del disegno scenico del Premio Oscar Gianni Quaranta (Zeffirelli, Yvori, Ross, Corbiau). Le luci di AJ Weissbard (Bob Wilson, Cronenberg, Sten, Greenaway) inventano suggestioni intense sdoganando spazio e tempo. Le cadute e le resurrezioni vengono tratteggiate dalle ballerine di Bill Goodson (Diana Ross, Gloria Estefan, Steavie Wonder, Moulin Rouge).
Luce e colore del musical incontrano la poesia nei vestiti di Silvia Frattolillo, costumista storica del teatro italiano. Immanente la musica, diretta da Maurizio Metalli, a raccontare un cuore e un’epoca con inediti e grandi successi registrati tra Londra e Los Angeles da musicisti come Russ Miller, Robert Cohen, Matt Bissonette, abitualmente al fianco di Elton John, Andrea Bocelli, Nelly Furtado, Tina Turner. "Un luogo comune e abusato – annota l'autore e regista rispetto al 'dialogo per voce sola in ognuno di noi' – considera doppie le personalità eccellenti. Parte pubblica e parte privata da sempre generano suggestioni di contrasti forti, violenti, talvolta fatali. Due anime in lotta, una fragile, l’altra invincibile, che condividono un unico corpo. Mai come nel caso di Diana però tutto questo è stato così trasparente.
La principessa e la maestrina d’asilo, la bulimica e la filantropa, la mamma e l’amante si sono ostacolate e combattute fino all’ultimo giorno, bruciando una il terreno dell’altra e rivendicando la loro impossibilità di coesistere mentre incessanti scorrevano copertine patinate, sorrisi, onorificenze ed applausi. Da qui l’idea di un monologo verbale e fisico che potesse, entrando con violenza e tenerezza negli aspetti emotivi e nelle dinamiche psicologiche della complessa personalità di Diana, scardinare l’esteriorità per portare alla luce i lati più nascosti o taciuti di un personaggio ancora tutto da scoprire, e, con quel personaggio, il percorso duplice e misterioso che ognuno di noi attraversa oscillando tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere.
Strappare le radici di noi stessi per farle brillare senza paura al sole, nell’illusorio quanto coraggioso tentativo di fare un piccolo passo in avanti nella conoscenza dei nostri abissi e dell’origine ignota delle nostre lacrime e dei nostri sorrisi. Ho pensato ad una lettura verticale del palco, concepito su due altezze differenti, perché il tracciato oculare dello spettatore potesse abituarsi ad una lettura 'alto-basso' facilmente associabile a una bipolarità riflettente all’impatto l’essere e l’apparire. Da qui ho immaginato una serie di suggestioni sceniche, con oggetti fuori scala, immagini sdoganate dall’arte classica e riformulate, perché tutto potesse apparire come filtrato dallo sguardo tormentato di Diana, nel tentativo di avvicinare il pubblico al suo paesaggio interiore, assediato da tutte le sue indotte o inseguite incoerenze.
Gianni Quaranta ha dato forma ai miei sogni, e fondamentale sono state la presenza di Bill Goodson, le intuizioni di A J Weissbard, le proposte di Silvia Frattolillo, l’esperienza attoriale di Fioretta Mari. Mancava la protagonista, un’attrice cantante tanto forte e incosciente da prendersi sulle spalle le due anime e vomitarle sulla scena. Mancava un’anima sicura e fragile, com’era Diana. Dalla prima lettura del testo Serena era la principessa triste, come catturata da un richiamo; con una passione e una volontà commoventi giorno dopo giorno ne ha edificato la sua verticalità. Senza rete, senza ricette. Occorrevano, le viscere, più che il cervello. E cuore infinito. Nessuno specchio, nessun ologramma, nessun trucco di scena. Semplicemente il continuo errare a vista di un’anima da un involucro all’altro, dal pianto alla ragione, dalla tenerezza alla follia, dalla ribellione alla resa.
I forti contrasti, il personaggio e il suo doppelganger, la presenza solitaria sul palco, il ritmo serrato, portano Serena ad una prova d’attrice cantante assoluta, dove tutti i climi emozionali vengono sviscerati, con la volontà di consegnare al pubblico un tracciato di parola e di corpo che mi auguro lasci tutti con il fiato sospeso fino all’ultimo sorprendente quadro. 'Diana & Lady D' è la favola amara della principessa scomparsa, ma è anche il grido di ogni donna inascoltata, schiacciata nei suoi intendimenti, mortificata nella propria femminilità.
Un inno alla differenza, la celebrazione di un bene superiore, la promessa di fiducia e di pace alla donna che verrà. Perché ancora oggi, in una società devota alla religione dell'individualismo, la libertà femminile è una libertà spesso non prevista. Perché ancora oggi alle donne è rimproverato di non imparare a leggere in tempo i segnali della violenza per garantirsi una salvezza. Ma è la donna, nella Storia del mondo a sovvertire sempre le regole, spesso attraverso il suo sacrificio estremo. Dopo di cui niente può, o deve, essere più come prima". Perché "l'amore ti trova sempre".
Per ulteriori informazioni e prenotazioni:
075.8044359 – info@teatrolyrick.com