editoriale

Le inaccettabili strumentalizzazioni della destra

venerdì 19 dicembre 2003
di Giuliano Santelli

La drammatica vicenda dei 19 morti dell'attentato di Nassirya, 17 militari e 2 civili, ha fatto emergere, semmai ve ne fosse stato bisogno, tutta l'ipocrisia e la strumentalità della destra orvietana. Di fronte alla morte di questi 19 uomini non si è trovato di meglio che trasformare la vicenda nell'occasione di una polemica politica da "cortile".

I richiami al patriottismo di altre epoche, il trasformare tutto e tutti in eroi, il contrapporre morti ad altre morti la dice lunga sulla cultura di questa destra che usa ogni argomento come una clava, come scontro politico al limite del linciaggio personale (vedi alcune bacheche con affissi nomi e cognomi). Passerà anche questa fase, si potrà prima o poi tornare a ragionare in modo magari aspro, ma rispettoso delle diverse posizioni.

Anche questa volta, su di una vicenda che ha colpito la coscienza delle persone, si è voluta innescare strumentalizzazione e demagogia. I nostri soldati di Nassirya non  erano in missione di pace, erano stati inviati in una missione pericolosissima in appoggio agli eserciti di Stati Uniti, Gran Bretagna ed altri paesi che hanno deciso una guerra fuori dall'egida internazionale delle Nazioni Unite. Questa cosa non può essere continuamente rimossa, è dirimente per ogni giudizio di ordine politico. Non discuto dell'atteggiamento dei nostri militari in quel teatro di guerra, perché di guerra si tratta.

E' notorio che il nostro approccio nei confronti della popolazione è completamento diverso dagli altri eserciti. Ho visto concretamente operare i nostri militari in Kosovo, in Albania, anche se in quei paesi le operazioni erano state coordinate in modo unitario da Nato e Onu.
Molti dei militari in missione all'estero scelgono di andarci, non solo per  patriottismo, non solo per solidarietà e carica umanitaria, ma anche per aspetti economici.

Non bisogna avere timore nel dire questo: gli stipendi dei nostri soldati sono davvero poca cosa, una missione all'estero permette di guadagnare bene, di farsi una casa, di poter mandare i propri figli all'università, di campare un po' meglio. Quando si parte per una missione all'estero bisognerebbe però spiegare bene cosa si va a fare, quali rischi si corrono, quali saranno i reali scenari a cui ci si  troverà di fronte. Alcune cose si fanno, i militari vengono informati, altre "cose" si "occultano",  e si diventa a tal punto cinici tanto che si nasconde la verità sul perché ci si ammala e si muore. Altro che patriottismo, altro che senso dello Stato!!!

Per i morti di Nassirya si è fatto ricorso ad un decreto governativo per il risarcimento ai familiari, riconoscendo anche la causa di servizio ed abbreviando i tempi dell'erogazione del contributo. Credo sia stato giusto, sia stato il minimo che un Governo potesse fare. Non vorrei però che anche questa volta fosse stata fatta una scelta dettata più dall'emozione che da un atteggiamento serio, coerente e consapevole del danno provocato. Del resto non per tutti è stato così. Ci sono morti dimenticate, uomini dell'esercito che inconsapevolmente esposti all'uranio impoverito hanno contratto patologie in conseguenza delle quali sono morti. Inconsapevoli perché i vertici militari hanno sempre negato la pericolosità dell'esposizione all'uranio impoverito.

Vertici militari italiani per i quali nulla significava (anche se ben informati del contrario dai colleghi americani) disporre mezzi e materiali a tutela dei nostri soldati. I militari americani impegnati nelle stesse operazioni dei nostri sembravano marziani, lavoravano con delle tute antiradiazioni, i nostri militari a mani nude.
Nei Balcani tra il 95 ed il 2000, 39.491 militari sono stati impiegati. 263 soldati hanno subito conseguenze a seguito dell'esposizione all'uranio impoverito. Almeno 23 sono deceduti. 12 bambini concepiti da padri inconsapevolmente ammalati sono nati malformati. Le famiglie di queste vittime in gran parte attendono ancora la liquidazione delle pensioni a titolo definitivo.

Molti di loro hanno mosso causa allo Stato richiedendo la causa di servizio ed il danno biologico per il decesso. Lo Stato sta facendo opposizione a queste richieste in ogni sede.
Ecco cari colleghi della destra, è proprio come denuncia Paola Melone, i primi a dimenticarsi di quelli che nei funerali vengono chiamati ipocritamente eroi sono proprio lo Stato ed i suoi generali.
E' di pochi giorni fa la notizia che organismi indipendenti hanno affermato che la zona di Nassirya in Iraq, dove operano ancora i nostri militari, è stata oggetto nel corso della recente guerra USA-IRAQ di pesanti bombardamenti con l'uso di migliaia di proiettili contenenti uranio impoverito. Sarebbe "criminale" se i nostri soldati non fossero ancora oggi dotati di misure di sicurezza adeguate all'esposizione del rischio. Sarebbe "amorale" se tra qualche tempo si parlasse di nostri soldati colpiti dalla "sindrome irachena".

In parlamento ci sono 44 interrogazioni alla Camera dei Deputati e 46 al Senato della Repubblica, presentate da parlamentari di diversi schieramenti sulle vicende legate all'uranio impoverito.
Per Stefano Melone, per chiedere giustizia e riconoscimento dei suoi diritti gli Onorevoli  Giuseppe Giulietti dei D.S. e Domenico Benedetti Valentini di A.N. attendono una risposta dai Ministri interessati. Due parlamentari dagli schieramenti opposti, ma dal comune desiderio di verità e giustizia.

Sarebbe bello, se anche la destra orvietana, smettesse di schiamazzare scompostamente, rifuggisse dalla demagogia e trovasse la ragione dell'unità, almeno su questo.
Io Stefano l'ho conosciuto, con lui ho lavorato. Noi due così diversi, lui grande senso dello Stato, della sua uniforme, dei suoi valori. Io, così "contestatario", antimilitarista, un po' fuori dalle righe. Abbiamo imparato a conoscerci quando le nostre due figlie andavano alle elementari. Ci siamo rincontrati quando lui era già ammalato, ma con una forza ed una voglia di vivere fortissima. E' venuto con noi in missione a Trino Vercellese, durante l'alluvione del PO. Stefano si è impegnato nella Protezione Civile con la sua solita carica di umanità, serietà e professionalità. Proprio a lui, al suo grande senso dello Stato e del dovere, alla sua famiglia, alla  caparbietà di Paola, sua moglie, ho cercato, abbiamo cercato, con il Sindaco con altri, di essergli vicini, senza strumentalizzazioni, di "alzare la voce" per chiedere il rispetto dei suoi diritti, per impedire che altri subiscano la stessa ingiustizia.

Dovremo forse cominciare a farlo ancora con più forza, per questo propongo di ragionare insieme a chi ci vuole stare, senza preclusioni o barriere.
Da subito, potremmo dedicare a Stefano Melone una via, una piazza, magari la piazza davanti a casa sua a Canale, a quelle case costruite in cooperativa con sacrifici, con le tante missioni all'estero effettuate insieme ad altri suoi colleghi.


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