editoriale

Le mani dei comunisti anche sulle staffette

giovedì 19 giugno 2003
di Coordinamento Fi
Senza voler turbare il serafico compiacimento espresso da alcuni Assessori della Giunta Comunale di Orvieto circa il successo della Staffetta Orvieto-Praga, ci piace puntualizzare, soprattutto ad uso della Cittadinanza e degli ospiti cechi, quanto segue:

1) il blocco ideologico che governa ininterrottamente Orvieto dal dopoguerra è oggi il diretto discendente di quel PCI orvietano duro e puro, il cui Comitato di zona, nel 1968, votò plebiscitariamente un Odg di approvazione incondizionata dell’”aiuto fraterno” portato dall’URSS e dalle truppe del Patto di Varsavia agli stalinisti cecoslovacchi spazzati via dalla “Primavera di Praga” di Alekander Dubcek. La posizione del Partito Comunista orvietano di allora contraddiceva clamorosamente la posizione di condanna della direzione nazionale del PCI, che dovette inviare un alto dirigente ad Orvieto a ristabilire la correttezza della “linea” del partito;

2) Da alcuni anni il Consiglio Comunale di Orvieto, per pura pertinacia ideologica del tutto anacronistica ed eticamente deprecabile, si rifiuta di intitolare una via o una piazza cittadina alla memoria di Jan Palach, l’eroico studente praghese che si arse vivo in Piazza S. Venceslao nel gennaio del 1969, per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, sol perché l’istanza proviene dalla destra democratica di AN;

3) Al cattolico Assessore Mocio, che opportunamente sottolinea in una nota il legame culturale e religioso che unisce dal Medioevo le due Città, vorremmo ricordare che, in seguito alla “normalizzazione” approvata entusiasticamente dai “padri nobili” dei post-comunisti orvietani di cui è oggi alleato, l’Arcivescovo di Praga Vlk dovette guadagnarsi da vivere, fino alla “Rivoluzione di velluto” del 1989, facendo il tranviere;

4) Quanto ai valori di “solidarietà e pace” solennemente invocati dall’Assessore ds Frellicca quali obbiettivi della manifestazione sportiva, crediamo che essi potrebbero essere meglio serviti impegnandosi, nelle sedi istituzionali, in un’operazione di verità, anche storica e culturale, che contribuisca a dissipare il grottesco clima da “guerra fredda” che caratterizza ancora il dibattito politico cittadino, costantemente piegato dalla maggioranza, per ragioni di bottega, verso le posizioni più estremistiche del panorama politico nazionale ed internazionale ( la posizione ufficiale della Giunta sul conflitto mediorientale, i cordiali rapporti culturali con il regime di Cuba, l’irresistibile attrazione verso il più ambiguo terzomondismo).

Tanto dovevamo all’opinione pubblica cittadina, nella convinzione che, come recita un bel motto del Risorgimento nazionale ceco, “la verità vince”.

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