editoriale

Lettera aperta a Wladimiro Giulietti, il politico che finora ha vissuto sulla luna.

giovedì 20 febbraio 2003
di Fausto Cerulli
Caro Vladimiro, stamattina ho avuto una specie di tuffo al cuore leggendo il tuo nome sulla bacheca ( meglio avremmo detto, ricordi ?, il tatsebao) della forza locale di Forza Italia, con rispetto parlando della forza e dell’Italia. Mi aspettavo che il tatsebao ospitasse una qualche denuncia forzaitaliota nei tuoi confronti, per vilipendio di Gribaudo o di Turreni. Berlusconi si vilipende da solo…

Poi ho capito che tu avevi capito ed eri stato capito. E sparavi a zero sulle giunte di sinistra che hanno governato questa città alta e strana. Tu vieni da un’altra città, da un’altra dimensione politica: non hai mai salito le scale di via Garibaldi, non sei mai stato seduto in quegli scranni consiliari, non hai mai gustato il vino del potere sindachese. Omnia munda mundis. E tu m’intendi, tu che sai di latino oltre che di politichese.

Forse non eri tu, quel Vladimiro che ho conosciuto mentre insieme a un Giulio non andreotti cercavo di costruirti un partito che si chiamava PSIUP e che in Italia non contava nulla ma ad Orvieto contava due assessori, compreso un vice-sindaco. Leggendo la propaganda fides che Forza Italia sta facendo al primo libro di Giulietti, ed al secondo in corso di stampa, non potevo pensare che quel Giulietti fosse lo stesso per cui avevo candidamente preparato una campagna elettorale,predisposto le parole d’ordine, scritto i manifesti elettorali.

Altri tempi, dunque, altri Giulietti: potrei chiamare a testimoni l’on . Fausto Prosperini, a quei tempi meno onorevole e forse più onorabile. Si lasciava chiamare Pocaciccia senza querelare nessuno. Oppure Vando: il segretario galante di Cimicchi, che allora si lasciava chiamare Vando, adesso è Evangelista.

Leggo sul tatsebao di Forza Italia che tu hai scoperto le magagne della sinistra al governo, magagne decennali: ovviamente tu non c’eri, e se c’eri stavi a guardare le stelle oppure ti eri addormentato. E gli altri appaltavano e rubavano e prendevano per il culo di sinistra il popolo di sinistra. Tu vivevi altrove, ovviamente.

Leggo adesso che hai addirittura deciso di mettere in mani sicure carte compromettenti ; Orvieto ha dunque il suo Pecorelli e forse il suo Andreotti. Pensi che Filza Bianca possa assoldare i mafiosi del lubrianese per immolarti sull’altare del silenzio omertoso? Oppure pensi che un Casasole qualsiasi, uccisosi come un depresso qualsiasi, possa venire di notte a rubarti le carte?

Con te posso giocare a carte scoperte, tenendo presente che ognuno ha le sue carte da giocare: io sono profondamente convinto del fatto che un uomo di sinistra abbia il diritto di censurare la propria aria di appartenenza: anzi, non solo il diritto, ma anche e soprattutto il dovere. Non sono d’accordo sulle censure a scoppio ritardato: quante volte ne abbiamo parlato, Vladimiro, di chi sputa nel piatto dove ha mangiato, o puttana le poltrone che gli hanno scaldato il culo?

Lo insegnava già quel cripto- comunista di gesùcristo: è necessario che gli scandali avvengano. Ma guai a chi scaglia la prima pietra, diceva sempre quel prete del dissenso che sempre si chiamava gesùcristo. Ora tu scopri lo scandalo della sinistra al potere in saeecula saeculorum ad Orvieto; e gridi allo scandalo quando lo scandalo è caduto in prescrizione. E scagli le tue pietre come fossi un Di Pietro, ma le scagli quando i buoi sono scappati, quando le tangenti, se tangenti furono, sono stata fagocitare dalla legge inesorabile del tempo. Posso permettermi, in nome della nostra vecchia comune militanza, un pizzico di malizia? Ho fatto quattro conti puttani da avvocato: hai deciso di rivolgerti alla Procura proprio quando qualche tuo eventuale peccato, e nostro, era stato cancellato dalla penitenza prescitta della prescrizione.

Non fraintendermi, Vladimiro: non sono di quelli che dicono e pensano che i panni sporchi vadano lavati in famiglia. I panni sporchi, quando non sono mutande private ma indumenti pubblici, vanno lavati in pubblico. Ma vanno lavati tutti insieme, nello stesso bucato. Non accetto il principio per cui esistono due anime della sinistra di governo orvietano: quella ante Giulietti e quella post Giulietti.

Una parodia dell’ante e del post christum natum. Io sono pronto a leggere tutto quello che scrivi, ed a chiosarlo: ma voglio dirti che avrei preferito, da compagno a compagno, che tu avessi indetto una pubblica assemblea per discutere delle tue ragioni e delle tue verità: non ti sarebbe mancato il pubblico. Hai preferito affidarti a Forza Italia, o farti fare comunque da sponda dai Grancini di turno; ed hai pensato di affidare le tue riflessioni marxiste al marxismo delle procure. Come si fa presto a dimenticare che esiste la gente, il cosiddetto popolo.

I compagni nella cui capacità di critica e di autocritica abbiamo creduto insieme. Uno di noi deve aver perso la memoria. Con affetto, comunque.

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