editoriale

La logica del denaro vera origine del malessere dei nostri giovani

lunedì 9 dicembre 2002
di Fausto Cerulli
Vorrei dire la mia su questa vicenda della droga, questa faccenda stupefacente che non dovrebbe lasciarci stupefatti. Ho letto le argomentazioni di Laura Ricci, di Stefano Cimicchi e di Giorgio Santelli. Tutte argomentazioni a loro modo valide, e sofferte, specie quella di Giorgio. Ma tutte in qualche modo unite da una comune matrice, orvietanporanese popolare.

Orvieto, quanto volte l’abbiamo scritto e detto, non un’isola felice in un mare di male. Orvieto un microcosmo che rispecchia un macrocosmo. E dunque, se guardiamo alla droga di Orvieto, ci rifugiamo in un altro peccato di coscienza: quello di pensare che se “ i nostri ragazzi” si sono immischiati in faccende di droga , tutta colpa della scuola cattiva, o del lassismo dilagante, o della “morte dei valori”. Non raccontiamoci balle, santo iddio. La scuola non mai stata una buona maestra, bene che sia andata si limitata a non essere una maestra malvagia.

Il lassismo dilaga da quando l’uomo ha scelto di rischiare tutto il rischiabile in nome e per conto della libert: e su questo non si pu tornare indietro, a meno di non pensare che la coscienza civile si insegna con la frusta, con l’aspersorio o con il santo manganello. Per quanto riguarda, poi, la morte dei valori, non seguitiamo a prendere ed a prenderci per i fondelli. Quali sarebbero, questi valori morti? La famiglia? Ma la famiglia stata sempre, anche se non solo, la famiglia di Abele e di Caino, la famiglia di Edipo e di Giocasta, la famiglia di tanto nostro mezzogiorno e mezzanotte dove l’incesto stato regola, e la violenza, sessuale e non solo, prassi legittimata dalla prassi.

La famiglia che facciamo finta di rimpiangere esistita soltanto nei romanzi di De Amicis, ma leggete Zola, leggete magari l’Antico Testamento. La famiglia come “valore “ non morta, semplicemente perch non mai esistita.

Il rispetto degli altri e di se stessi? Ma quando mai vissuto, questo rispetto, in quale sogno della nostra ragione? Forse questo rispetto, di cui qualcuno piange ipocritamente la morte, esistito nel secolo infelicemente defunto, con gli scannatoi delle guerre mondiali, con le schifose cattolicissime dittature dell’ America del Sud, con i paradisi falliti del socialismo reale o del fascismi realissimi di questa civilissima Europa?

La religione? Ma la religione non stato mai un valore, se non per qualche francesco d’assisi eternamente incazzato con le curie. Troppo spesso la religione, se non stato l’oppio dei popoli stato almeno l’ovvio, dei popoli. Ed uccide pi l’ovvio che la spada, Quindi lasciamo la scuola alla sua inutilit costosa, la famiglia al suo frequente annidarsi di vipere, la religione, quantomeno, alla coscienza del singolo. E guardiamoci, come si suol dire, nelle palle degli occhi; Parliamo della malattia sociale che ci affligge da sempre. La malattia della logica del denaro, del profitto, del piacere che si compra e di cui si approfitta.

Il piacere che in vendita, da sempre, nelle botteghe sporche e nei lindi supermarket di questo mondo alienato ed alienante. La droga che prendono i “ nostri ragazzi “ ( che se erano marocchini li chiamavamo luridi venditori di morte) la droga con cui marcia la cosiddetta economia di mercato, per non chiamarla con il suo nome vero: economia puttana e sputtanata e sputtanante. La droga dei nostri ragazzi l’alcoolismo dei ragazzi di ieri , la violenza di sempre, la mancanza di spazio alla vita per la vita.

Lo so, non scopro niente di pi dell’acqua calda. Ne ho difesi, di questi “nostri ragazzi”, e magari sono disposto anche a difenderli ancora. Ma come tecnico, per dire, del diritto. Da uomo posso dire che questi “nostri ragazzi” non mi fanno compassione, come non mi fanno compassione le mammine che uccidono i figli, o i figli che massacrano babbo e mamma.

Da uomo posso solo dire, e lo dico con rabbia inconsueta, che “ piet l’.morta”. E che la stiamo ammazzando a coltellate di pietismo. Piet l’ morta, e non requiescat in pace.