editoriale

Caro Franco, ti ricordi quando il Pci ti offrě la candidatura?

lunedì 18 marzo 2002
di Fausto Cerulli
Caro Franco Raimondo Barbabella, se mi consenti, come direbbe il nostro Primo ed Unico Ministro, vorrei chiamarti solo Franco; e ritornare con la memoria a quando vestivamo, come dire, alla rivoluzionara e frequentavamo un circolo politico di sinistra che si riuniva nella sede di una radio orvietana altrettanto di sinistra. Erano gli anni ’70 del secolo scorso e sembrano passati gli anni luce che poi non sono proprio di luce. Eravamo in tanti, ricordi, a fare le ore piccole discutendo di politica, appassionandoci senza tornaconto, dividendoci in correnti soltanto per le idee. In qualche sera arrivavamo ad essere un centinaio; roba da matti, per Orvieto, tenuto conto che non si ballava e non si presentavano libri di cassetta. Eravamo di estrazione politica diversa, ma stavamo tutti a sinistra della sinistra. Poi, una sera, mentre discutevamo dei massimi sistemi, arrivaste tu e Adriano Casasole: portavate una notizia strana e sconcertante. Il PCI, che si era accorto di quel formicolio di giovani speranze e infantili illusioni, aveva offerto a te e ad Adriano le candidature a Sindaco ed a vice del Sindaco. Voi avevate detto che avreste consultato il movimento, e vi sareste rimessi alla sua decisione. Quella sera la discussione fu animata, il nostro movimento si incontrava con la politica politicante: e ci spaccammo in due opposte posizioni. Da una parte chi sosteneva che dovevate accettare, ed entrare nella mischia elettorale; dall’altra chi sosteneva che il “sistema “ vi avrebbe sistemato per le feste e che la lusinga del PCI andava respinta. Sembra difficile crederci, ma la discussione fu seria ed impegnata; e con coraggiosa lealtŕ tu ed Adriano non interveniste:la scelta spettava al Movimento. Alla fine, le due mozioni ( anche se non si chiamavano cosě) furono messe ai voti. Vinse la mozione giacobina; il Movimento decise che il PCI doveva cercare altrove i candidati. Ricordo che tu ed Adriano non batteste ciglio, prendeste atto della decisione, e vi impegnaste a riferirla ai mittenti. Fu una sera e una notte di democrazia diretta; peccato che poi, non si sa come, vi presentaste in lista e foste eletti. Mi č ritornato in mente questo episodio leggendo il tuo intervento contro il morettismo e il borrellismo, in nome del riformismo. A smuovere i ricordi č stato il tuo appello accorato al riformismo; e soprattutto una frase, che trascrivo: “ Diciamolo proprio chiaro: il tempo dei dibattiti generici č finito ed č giunto quello delle scelte.” Spero che tu non me ne voglia se in questa frase ricordo il tuo atteggiamento di quella antica sera; basta con le chiacchiere, passiamo ai fatti. Anche se quella sera le chiacchiere ci furono, e noi non sapevamo che erano solo chiacchiere. Forse avevate ragione voi, tu ed Adriano: anche perché, per dirla con il senno di poi, foste tra i migliori amministratori di questa difficile cittŕ. Ma rovinaste un sogno; dopo la vostra amichevole defezione di carattere “entristra”, il Movimento poco a poco si sciolse. Tu ed Adriano avevate gettato un secchio d’acqua sui nostri bollori antisistema, forse fu una doccia benedetta, forse no. Ma vengo ad oggi, vengo alla tua politica come arte del possibile: e mi torna alla mente quando dicevamo che occorreva chiedere l’impossibile per ottenere la rivoluzione. Altri tempi, altre parole d’ordine. Ma vorrei darti un consiglio. Quei giovani e meno giovani che si riunivano nella sede di Radio Orvieto erano una ipotesi sana, un progetto pulito, I militanti di una politica come arte del crescere insieme e del progettarsi in un progetto nuovo. Quei militanti furono e forse saranno sempre sconfitti; ma, senza lo spirito di quelle sere, i giovani seguiteranno ad andare in discoteca, e la politica resterŕ onere ed onore degli addetti ai lavori. A questo punto, caro il mio Franco, , non esiste differenza alcuna tra morettisti borrellisti e riformisti. Con gli “ismi” si puň anche governare; ma scordandosi per sempre la Politica della polis. Tu m’intendi, nevvero, professore?