economia

Cultura come forma di sviluppo, i numeri lo confermano: "si può fare!"

giovedì 19 giugno 2014
di An. Pa.
Cultura come forma di sviluppo, i numeri lo confermano: "si può fare!"

Non si tratta solo di svago fine a se stesso o di programmare un calendario di eventi che possa intrattenere gli orvietani e attirare i turisti nel periodo estivo, si tratta di elaborare un progetto serio e concreto per fare della cultura uno dei pilastri dell’economia del territorio orvietano.

Perché con la cultura si mangia, si produce ricchezza e con la cultura si potrebbe stare tutti molto meglio. In tutta Italia? Certo, ma soprattutto a Orvieto. Ed è questa una delle prime sfide che si pongono alla nuova giunta targata Germani e in particolar modo al nuovo assessore alla cultura, chiamato a delineare in breve tempo un piano culturale che possa fare della Rupe volano di eventi, creatività, innovazione e promozione ad ampio raggio.

Si sta sognando ad occhi aperti? Pare proprio di no. A dirlo, infatti, ci sono numeri e percentuali, come dimostra l’ultimo Rapporto “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, secondo cui la filiera culturale muove il 15,3% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 214 miliardi di euro. Stando a questo studio l’Umbria con il suo 4,7 per cento si piazza nei piani alti della classifica per l’incidenza del valore aggiunto di cultura e creatività sul totale dell'economia condividendo la posizione insieme a Lazio (prima in classifica con il 6,8%), Marche (6,5%), Veneto (6,3%), Lombardia (6,2%), Piemonte e Friuli Venezia Giulia (entrambe a quota a quota 5,7%), Toscana al 5,3%, il Trentino Alto Adige al 4,8% e l'Emilia Romagna al 4,5%.

Ma questo non basta, serve di più, è necessaria una spinta maggiore per far diventare dell’industria culturale il simbolo di una città e di una realtà che possiede già tanto. E lo si può fare, ci si può riuscire, se come snocciolato dal Rapporto, le industrie culturali e creative si confermano pilastro del made in Italy. Basta sapere come e dove muoversi, basta essere consapevoli dell’importanza che riveste l’industria culturale dal punto di vista occupazionale ed economico. A certificarlo sta il fatto che proprio durante il periodo di crisi nera che sta riguardando tutti i comparti, l’unico che sembra reggere all’onda d’urto pare proprio essere quello delle industrie culturali. Dati incontrovertibili che si deducono dal fatto che, stando all’analisi di Symbola, dalle 443.458 imprese del sistema produttivo culturale, che rappresentano il 7,3 per cento delle imprese nazionali, arriva il 5,4 per cento della ricchezza prodotta in Italia: 74,9 miliardi di euro.

Cifre che hanno effetti positivi anche sul fronte occupazionale: le sole imprese del sistema produttivo culturale danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,8 del totale degli occupati in Italia, che diventano 1,5 milioni , il 6,2 per cento del totale, se si includono anche le realtà del pubblico e del no profit. Lo stesso se si guarda all’Export, che durante il periodo recessivo ha continuato a crescere del 35%, con un surplus commerciale con l’estero, nel 2013, pari a 25,7 miliardi di euro. Il primo effetto positivo? Ovviamente il turismo. Chi soggiorna nei luoghi culturali, infatti, stando al Rapporto è propenso a spendere: 52 euro al giorno per l'alloggio, in media, e 85 euro per spese extra, contro i 47 euro per alloggio e 75 per gli extra di chi viene per ragioni non culturali. Del totale della spesa dei turisti in Italia, 73 miliardi di euro nel 2013, il 36,5% (26,7 miliardi ) è legato proprio alle industrie culturali.