economia

Identità e mercato a Orvieto con Gusto: se ne parla all'ombra di Slow food e Cittaslow

giovedì 2 ottobre 2008
Slow Food ha insegnato e insegna al mondo un modo nuovo di produrre e di consumare. Oggi la crisi economica in gran parte del mondo occidentale, combinata con la crisi energetica epocale dell’oil system, creano infatti condizioni di crescente stress anche nel settore primario, mettendo a rischio approcci al consumo virtuosi e produzioni alimentari di qualità e di territorio, le stesse che iniziavano a gratificare schiere di agricoltori consapevoli e desiderosi di futuro. E' stato il Segretario Nazionale di Slow Food, Silvio Barbero, a delineare questa mattina al Palazzo dei Congressi, nell’ambito di “Orvieto con Gusto”, gli scenari su cui il movimento fondato da Carlo Petrini (assente giustificato dall’appuntamento orvietano, per via dell’apertura dei corsi di Scienze Gastronomiche dell’Università di Pollenzo) sta lavorando a livello mondiale per affermare il principio secondo cui “il cibo nell’attuale modello di sviluppo del mondo è paradigma del peggio che c’è, ma lo è anche del meglio che si può fare per modificare questo stesso modello di sviluppo”. L’occasione era l’annunciata riflessione su “Identità e mercato: cibi e prodotti a chilometro zero, tra sfida utopica e consumo reale” a cui hanno partecipato oltre a Silvio Barbero, il Sindaco di Orvieto e Vicepresidente di Cittaslow International, Stefano Mocio, l’Assessore alle Attività Produttive, Pier Paolo Vincenzi, il giornalista Guido Barlozzetti e il responsabile della Condotta Slow Food di Orvieto, Vittorio Tarparelli. Una riflessione che ha toccato anche molti temi attuali della Città di Orvieto, tra presente e futuro. Di seguito il resoconto dell'Ufficio Stampa del Comune di Orvieto. “Identità e mercati – ha ricordato il Sindaco e Vicepresidente di Cittaslow International, Stefano Mocio – sono temi che riguardano tanto una condotta slow, quanto una amministrazione comunale chiamata a sviluppare il concetto di identità quale elemento fondamentale per la sua comunità allo scopo di affrontare al meglio un mercato profondamente globalizzato”. “Se il rapporto mercato e territorio era fino a qualche anno fa un argomento pionieristico che faceva immaginare processi lontani – ha sostenuto l’Assessore alle Attività Produttive, Pier Paolo Vincenzi – oggi questa è diventata una relazione necessaria che va affrontata in termini di razionalizzazione delle risorse, di riduzione delle troppe tappe intermedie che attraversano la filiera dalla produzione al consumo, di educazione ed orientamento dei cittadini verso consumi. Tutto questo è oggi una esigenza globale. L’Amministrazione Comunale sta lavorando per costruire un luogo dove tutte queste sollecitazioni possano trovare visibilità in un mercato della filiera che va accorciata, tagliando percorsi costosi, fino ad affermare la filiera corta. In questo senso abbiamo fatto diversi incontri con le associazioni di produttori, ipotizzando delle regole. Concetti come: tracciabilità, territorialità, stagionalità, qualità del prodotto vanno inseriti nel processo di consumo quotidiano comune. Alle logiche imperanti del marketing pubblicitario legato al consumo, occorre opporre l’esistenza della filiera corta. In questo momento di crisi e contrazione dei consumi siamo tutti sensibili a questi temi. Alcuni dati di Banchitalia sul ricarico dei prezzi nei diversi passaggi intermedi lungo la filiera dei prodotti è eloquente, si arriva a percentuali folli e contro ogni logica. Ragionare di filiera corta significa, allora, affrontare almeno tre aspetti: il primo è quello economico, poi quello ambientale in termini di costi di imballaggi, energia, carburanti, un sistema non più sostenibile su cui siamo ad un livello di non ritorno; infine, l’aspetto culturale cioè la necessità di lavorare sull’educazione al consumo, laddove il consumo del superfluo e dell’untile sovverte il consumo di beni necessari”. “Anche in queste settimane – ha aggiunto Vincenzi – siamo martellati dal messaggio che bisogna rilanciare i consumi per far ripartire l’economia. Un’altra follia perché educare al consumo significa educare al non spreco di risorse ormai limitate, significa educare al consumo di qualità. L’Amministrazione Comunale in collaborazione con la Condotta slow food e le associazioni di categoria ha iniziato a lavorare su questi temi”. Di riflessione sul ritorno delle economie locali ha parlato il responsabile della Condotta Slow Food di Orvieto, Vittorio Tarparelli che ha affermato: “ormai siamo attraversati da flussi che non controlliamo e i territori si riorganizzano attraverso l’identità e i poteri di attrazione delle città. La frontiera dell’identità ci dice che le città sono tanto più attrattive quanto più manifestano una originalità. L’agricoltura è qualcosa di completo: governa il paesaggio, gli assetti geologici, il gusto, l’economia; se si perde questo si perde la cultura dell’accoglienza. Si perde l’identità che è fatta di vari capitali: umano, storico, culturale. Il movimento Slow Food da venti anni lavora perché tutti possano avere un cibo buono, pulito, giusto: il significato di buono è evidente, pulito perché legato alla sostenibilità generale dell’ambiente, giusto perché, come dimostra Terra Madre, lo si vuole liberare dalle ingiustizie sociali, recuperando la dignità del lavoro”. “Per far questo – ha concluso – dobbiamo fare rete, fare sistema insieme con le attività della ristorazione facendo sì che tutto questo diventi il marchio di qualità del nostro territorio”. “L’Associazione Cittaslow – ha ripreso il Sindaco, Stefano Mocio – mutua nel governo quotidiano delle città i concetti della missione di Slow Food. Fra i due movimenti c’è e sempre più dovrà esserci, profonda integrazione. In questo senso ritengo che con la stessa Università di Pollenzo, Slow Food e Cittaslow debbano sempre più interagire e crescere insieme in una osmosi intellettuale, consapevoli del fatto che lo tsunami culturale è sempre dietro l’angolo. Il modello di sviluppo imperante nel mondo tende a marginalizzare tutto il resto, se non quando – come è il caso dell’attuale crisi del sistema finanziario – certi sistemi dimostrano di non essere più sostenibili. Nessuna impostazione ideologica precostituita, ma è evidente che affrontiamo tematiche dirompenti per l’Uomo che viene sempre più marginalizzato. Tematiche che invece devono diventare centrali per tutti i governi”. “Per una Pubblica Amministrazione – ha continuato – applicare questa filosofia di vita significa portare avanti azioni coerenti e fare scelte concrete: dalle mense scolastiche che ormai ad Orvieto hanno adottato prodotti locali, piatti di ceramica e avviato progetti pilota come la colazione in classe, fino alla definizione di un progetto di identità e sviluppo economico per la Orvieto futura. Saremmo infatti destinati a soccombere per consunzione o colonizzazione, se non scegliessimo un modello di sviluppo fortemente identitario per la nostra città. Non tutta la globalizzazione è da buttare, intendiamoci, ma dobbiamo liberarla di tutti i fattori negativi. Si è competitivi dentro un mondo globalizzato solo se si propongono produzioni materiali e immateriali fortemente identitarie. Così è anche per la produttività e la redditività del patrimonio immobiliare. Questa è la sfida che abbiamo di fronte per lo sviluppo d Orvieto. In conclusione, i concetti di buono, pulito e giusto hanno valore anche per il modello di sviluppo della città. Da oggi, fino a gennaio, e fino all’aggiudicazione del bando di gara per la rifunzionalizzazione del patrimonio pubblico del centro storico, dobbiamo mettere a sistema e a frutto tutta la migliore intelligenza cittadina per delineare la nostra identità futura”. “Un paradosso della cultura slow, è che nel mondo ci stiamo con una certa velocità e con questa ci confrontiamo, entrandoci dentro. Per costruire un nostro mercato identitario entriamo nei rallentamenti di questa velocità. I mercati del locale – ha affermato il giornalista Guido Barlozzetti – sono ormai dovunque e sono tutti alla ricerca del filo identitario, ma rischiando di rafforzare uno stereotipo. Di qui l’esigenza stringente di stare sul mercato assicurando alla città e al territorio un futuro, affinché non venga consegnata al passato. Ma la città non è un’astrazione: Orvieto è un centro storico, ha una sua densità di passato che ne risucchia il presente, quindi c’è più difficoltà a produrre futuro. L’immagine che oggi registro della città non mi piace: si attesta sugli over 65 e tende sempre più all’invecchiamento, anche nei tratti esteriori si percepisce una immagine deteriorata e problemi di cittadinanza. Questo trend va assolutamente interrotto se si vuole evitare lo spopolamento. In questo vedo un problema sostanziale: una città non è un prodotto qualunque, è fatta di persone che la vivono e della loro capacità di relazionarsi, secondo vocazioni, e su questo bisogna attrezzarsi. Una comunità virtuale ha bisogno di competenze, non dei rituali della partecipazione. La città non è solo un deposito di contenuti ma un sistema di relazioni che si sentono, che sono percettibili. Bisogna vendere un modo di stare nella città e su questo aspetto Orvieto deve lavorare molto, rigenerarsi, dare uno slancio che forse abbiamo perso. Significa dare una densità culturale all’insieme della città. La Biblioteca da sola non basta, serve la nostra capacità di farla vivere, riscoprire le radici. Non dobbiamo illuderci, ma guardare in faccia la realtà”. Sollecitazioni e provocazioni che il Sindaco Mocio ha condiviso e raccolto replicando: “E’ esatto. Affronteremo questa analisi in sede di Conferenza socio-economica a febbraio. E’ evidente che la città deve crescere complessivamente: ciascuno per il proprio ruolo. Per non restare in mezzo al guado e chiusi nei diversi egoismi”. Sul tema specifico dell’incontro e sul ruolo ed identità delle città Silvio Barbero, Segretario Nazionale di Slow Food ha infine affermato: “quello tra città e campagna è ormai un rapporto squilibrato. Abbiamo davanti diverse scelte e il terreno è molto accidentato. Vi sono diverse città possibili e diversi mercati possibili. Oggi l’elemento dominante è il modello che concentra intorno al cibo e all’alimentazione una identità possibile. Le ultime vicende delle speculazioni mondiali sui prodotti alimentari dimostrano che il cibo è strumento di politiche economiche e di speculazioni. Oggi abbiamo un modello di produzione e commercializzazione del cibo per il quale la biodiversità è un problema. C’è una progressiva aridità dei suoli e il modello distributivo è funzionale al modello distruttivo globale! Il marketing garantisce al consumatore solo i grandi marchi e vuole il consumatore sempre più inconsapevole. Noi partiamo quindi da una critica a questo modello proponendone uno nuovo, che per il futuro mette al centro il cibo e l’alimentazione attraverso nuove identità che sono quelle antiche, ovvero recuperando modelli, approcci alla ricerca del buono, del pulito, del giusto. Proponiamo il modello di piccola scala, delle piccole agricolture sostenibili, a cui non si applicano i modelli globali, proponiamo la tutela/difesa delle piccole produzioni e il recupero culturale dei valori locali. Ovviamente gli attori del cambiamento devono essere interni. Per questo va recuperato il rapporto con i piccoli agricoltori, artigiani per costruire una nuova economia sostenibile. Il consumatore/coproduttore stabilisce in questo contesto una alleanza fra chi produce e chi consuma. Non è un concetto difficile, basterebbe riflettere su cosa significherebbe, ad esempio, proporre l’utilizzo della filiera corta nella distribuzione dei pasti presso gli ospedali di territorio”. “A partire da questa consapevolezza – ha concluso - le amministrazioni locali possono giocare un ruolo fondamentale per dare una prospettiva economica ai produttori, ma anche ai consumatori attraverso una educazione alimentare e al consumo completamente nuova, dove i cittadini diventano soggetti sociali che hanno capacità di incidere. Il cibo, dunque, come paradigma del peggio che c’è oggi ma soprattutto del meglio che si può fare per il futuro. A livello generale, purtroppo, vi sono ancora troppe disattenzioni soprattutto nella politica. Il Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini si è impegnato a portare al G8 del 2009 le istanze di Terra Madre per favorire un nuovo modello di relazione fra i popoli basato sul cibo. Questo introduce altri concetti: l’essere tutti comunità del cibo, le comunità dei contadini produttori, essere tutti una comunità di destino. In definitiva: non c’è identità se non c’è scambio e confronto. Il cibo, a livello planetario, è elemento di grande scambio, di memoria, tradizioni, sapori e contaminazioni”.