economia

Orvieto Vintage al Vincaffè: il vino con l'abito nuovo

giovedì 29 giugno 2006
Terminerà oggi, a notte fonda, "Orvieto Vintage" edizione n."0", kermesse di degustazione del "Vincaffè" dedicata all'annata 2005 dell'Orvieto Classico. L'occasione è utile anche per riflettere sul futuro del vino di Orvieto e sulle novità introdutte dal nuovo disciplinare. Dopo aver degustato con grande piacere i tanti esemplari di Orvieto, vi proponiamo la nostra opinione. Qual è la “vera” identità dell’Orvieto? È forse quella reclamata nel 1690 dal Pasquino che, rivolgendosi a Papa Alessandro VIII (in occasione dell’inaugurazione della fontana del Gianicolo), intonava un peana ad un vin d’Orvieto buono quanto a noi sconosciuto? Oppure è l’identità decantata da Giocchino Belli in tanti sonetti? Ancora: è forse quella di Sigmund Freud (“un vino simile al Porto”) o di Garavini che lo paragonava al “Sauternes” o del D’Annunzio del “Sole d’Italia in bottiglia”? Il “Vincaffè”, dinamica e appassionata vineria della Rupe prova a rifletterci lasciando parlare direttamente il vino, l’Orvieto Classico 2005 protagonista della due giorni (28 e 29 giugno) di “Orvieto Vintage 00”. La compagine delle etichette in degustazione è particolarmente nutrita: Bigi, Barbi, Barberani, Brugnoli, Cardato, Castello della Sala, Castello di Corbara, Colli Amerini, Custodi, Freddano, La Carraia, Le Velette, Monrubio, Poggio del Lupo, Palazzone, Podere Vaglie, Salviano, Sassara Tordimaro. Appena dieci euro consentono l’accesso ad una esperienza fatta di una fitta schiera di bordolesi davvero avvincente e non facilmente ripetibile. Cristiano e Stefano, artefici dell’iniziativa e proprietari del “Vincaffè”, hanno avuto l’indubbio merito di riportare il vino di Orvieto in terra. Per mesi e mesi abbiamo assistito ad una “Querelle des Anciens et des Modernes” vivace ma riservata agli addetti ai lavori. Una “querelle” fra “grecisti”, “chardonnisti”, “trebbianisti”, “sauvignonisti”, “autoctonisti” e “internazionalisti”; tra posizioni “market oriented” e “product oriented”, fra “aromatici” e “aciduli”, tra chi voleva la “DOCG”, chi la “fascetta” , chi nulla di tutto ciò. L’annata 2005 ritorna al naso e il bocca e in quei luoghi viene emesso il verdetto della piacevolezza. Le degustazioni di “Orvieto Vintage” del Vincaffè ci dice – a nostro parere – almeno tre cose: 1) L’Orvieto Classico non è più quel monolite che qualcuno, anni or sono, definì con poco rispetto e forse troppa superbia, un miscuglio di acqua, acidità e alcol. Oggi l’Orvieto è molto più complesso di quel vino paglierino lieve e fresco che ricordava a Pier Vittorio Tondelli il suo anno di leva alla “Piave”. La tendenziale dominanza del “Grechetto”, l’aggiunta di percentuali significative di vitigni miglioratori, le tecnologie del freddo per l’estrazione di aromi, hanno trasformato qualitativamente il “vinum nostrum”. 2) Il passaggio dal vecchio al nuovo disciplinare ha creato una situazione di vivace sperimentalità con il risultato che oggi – a nostro giudizio - è difficile trovare un carattere dominante per l’Orvieto Classico oltre alle note minerali trasmesse dai terreni tradizionalmente vitati. Il che significa che sotto la dicitura “Orvieto Classico” troviamo tante espressioni e talora molto divaricate: l’Orvieto classico “classico” magari con vendemmia un pochino ritardata, l’Orvieto con parziale barrique e parziale malolattica, l’Orvieto con lo chardonnay, il sauvignon, il Pinot bianco e grigio, il Viognier, il Riesling, l’Orvieto Classico come lo ricordava Tondelli, l’Orvieto da 3 euro e l’Orvieto da 10. La domanda è: meglio allora l’Orvieto di oggi o quello di ieri? Meglio l’Orvieto tradizionale o quello “francofono”? 3) La terza considerazione la formuliamo ancora a guisa di domande: L’Orvieto è destinato ad occupare una fascia di prezzo medio-bassa oppure potrebbe aspirare a qualcosa di meglio? Cosa prevarrà nel futuro: il “marchio del territorio” o il “marchio dell’azienda”? In ogni caso, tutti al “Vincaffè” oggi fino a notte fonda, per tentare di uscire dal più gaudente del labirinti…