economia

Orvietonews incontra Giosuè Ademaro Fiaschi

mercoledì 24 agosto 2005
di Laura Ricci
Conversazione, oggi nel primo pomeriggio, con Giosuè Ademaro Fiaschi che, rammaricato per la dimenticanza non sua, ma del legale Manlio Morcella incaricato di convocare la conferenza stampa alla quale non siamo stati invitati, ha cortesemente cercato la nostra testata giornalistica e tenuto ad avere un colloquio anche con noi. La Sece, in realtà, ci legge sempre; e ci mette, bene archiviati, nella vasta e corposa rassegna stampa che da qualche tempo, visti i fatti che si sono innescati intorno all’area di Benano e all’attività dell’azienda, è giustamente costretta a seguire con attenzione e a collezionare.
Ademaro Fiaschi ci ha ricevuto con il figlio, l’architetto Ugo Fiaschi, e con il capocantiere della sua azienda in località Botto, Luca Dominici. E ci ha ripetuto, in realtà in modo molto più pacato rispetto ai toni plateali che circolano sulla stampa in questi giorni, quello che, dal suo punto di vista di imprenditore del settore, non può che affermare ed è naturale e legittimo che affermi.
Ci ha descritto la sua attività, dai fatturati altissimi – ogni mese, afferma Fiaschi, un flusso di un miliardo di vecchie lire movimenta, attraverso la Sece e la Incabase (le sue aziende), l’economia di Orvieto Scalo – attività che occupa, nelle due ditte, 35 operai, più, come è dato intuire, l’indotto collegato; e ci mostra, infatti, una petizione al sindaco di Orvieto perché l’amministrazione valuti anche in termini di occupazione e risorsa l’estrazione del basalto, firmata dai suoi operai e dalle ditte collegate all’attività di cava gestita da Sece e Incabase.
Ci parla anche, come più volte in questi giorni si è detto, della particolarità della risorsa basalto, pregiata e utilizzata per l’alta velocità e per i tappeti drenanti nella viabilità stradale: materiale che non si trova ovunque, se non in questa zona, in Sicilia e nel Veronese e che la Sece esporta essenzialmente per le linee ferroviarie Firenze-Bologna, Genova-Milano, Novara-Torino-Milano; e  alla nostra obiezione che la legge regionale del febbraio 2005 consente l’apertura di nuove cave esclusivamente per il soddisfacimento del fabbisogno regionale, attribuendo ai Comuni la facoltà di individuare ambiti in cui l’esercizio delle attività estrattive non è incompatibile con l’assetto e con lo sviluppo del territorio interessato, risponde che così non può essere, a suo avviso, per il basalto, che in alcune regioni, per il fabbisogno, non c’è.
Ci tiene anche a precisare la vicenda, comparsa su vari giornali, della sua sponsorizzazione a Umbria Jazz. Dalla quale non si può evincere proprio nulla, ci dice, se non il fatto così come è: quello che un imprenditore, la cui economia è fiorente, nel momento in cui ne è venuto meno un altro (l’Alfa Romeo) ha voluto dare un aiuto, per un ritorno di immagine e per amore del territorio, a una manifestazione importante: così come la Sece fa con altre iniziative.
E desidera rispondere di buon grado, il signor Fiaschi, alle domande che Orvietonews gli poneva ieri in modo immaginario, e che ha potuto fargli oggi in modo reale.
E’ vero che ha già acquistato una parte dei terreni della macroarea estrattiva di Benano e che, per un’altra parte, ha già provveduto a versare il cosiddetto “affitto in precedenza” che, beninteso, gli verrà restituito qualora tutta la programmazione di cava a Benano non possa avere un seguito. E’ convinto che il Comitato dell’Alfina esageri riguardo alle conseguenze ipotizzate sull’altopiano sia rispetto alla falda acquifera che alle eventuali frane, ma poi concorda – come scrivevamo ieri – che, anche indipendentemente dai risultati diversi che altri studi potrebbero produrre (sarà l’ingegner Alberti, che si è occupato del progetto relativo allo stretto di Messina a lavorare per Fiaschi), un’amministrazione può pur sempre cambiare la propria volontà politica e procedere prima a un blocco del piano operativo, poi ad una eventuale variante.
Il fatto di aver proceduto all’acquisto di terreni e macchinari per una somma davvero molto ingente, ci ha spiegato, pur sapendo che l’iter di PRG non era concluso e che, oltretutto, sarebbe ben complicato e per nulla sicuro (come la cava di Ficulle insegna) anche l’iter di rilascio una volta avallato il Piano Operativo, è stato un rischio corso in un’ottica di lungimiranza imprenditoriale, anche perché, per i macchinari, si è approfittato della Tremonti bis, che permetteva di defiscalizzarli. Ovviamente fidandosi di una linea politica che, dalla precedente amministrazione, era stata individuata come possibile e che poi è invece cambiata, sia per la nascita del Comitato benanese, sia perché la politica della nuova amministrazione e persino la politica regionale si stanno avviando verso altre linee guida.
“Dunque – chiediamo in conclusione a questo Ademaro Fiaschi che, tutto sommato, ci sembra molto più ragionevole di come alcuni coloriti toni lo hanno descritto in questi giorni – come si comporterà se della cava non se ne farà nulla; è vero che pensa di denunciare, per danni, l’amministrazione?”
Ci risponde anche il figlio Ugo, punto di riferimento molto importante dell’azienda: “Il muro contro muro non si può e non si deve fare” afferma. “posto che la cava del Botto, con un ampliamento, può soddisfare le esigenze lavorative dell’azienda per altri quattro anni circa, penserei, realisticamente e ragionevolmente, a una transazione, ossia ad un’altra individuazione d’area”.