economia

La "nuova conquista dell'acqua". Un saggio di Riccardo Petrella

sabato 16 luglio 2005
di Riccardo Petrella
da Il Manifesto/Le monde diplomatique
marzo 2000

Dal 17 al 22 marzo si svolge all'Aja il 2° Forum mondiale per l'acqua (che avrà soprattutto al suo centro una conferenza ministeriale) organizzato dal governo olandese su iniziativa del Consiglio mondiale dell'acqua (Cma). Sono attese migliaia di persone. Bisogna sapere che cosa è il Cma, istituito nel 1994 con l'aiuto della Banca mondiale, di alcuni governi (Francia, Olanda, Canada) e di grandi imprese (come la Suez-Lyonnaise des Eaux). Nel 1996 si è posto l'obiettivo di definire una "visione mondiale dell'acqua" a lungo termine, che dovrebbe servire come base ad analisi e proposte per una "politica mondiale dell'acqua" di cui, in questi ultimi anni (1), la Banca mondiale si è fatta promotrice, con l'accordo e la collaborazione dell'insieme delle organizzazioni della famiglia delle Nazioni unite direttamente interessate al problema. Per realizzare questo obiettivo, la Banca mondiale ha egualmente sostenuto, più o meno nello stesso periodo, la nascita della Global Water Partnership (Gwp) ovvero "Partnership globale sull'acqua", che ha il compito di favorire il riavvicinamento tra autorità pubbliche e investitori privati.
L'oro blu del XXI secolo Poiché i lavori del Cma e del Gwp non sono stati pienamente soddisfacenti, tra l'altro a causa della mancanza di coordinamento tra i due organismi, nell'agosto del 1998 è stata istituita la Commissione mondiale per l'acqua nel XXI secolo, per sottolineare l'urgenza di mandare avanti la famosa "visione mondiale". A questo scopo, la Commissione ha avviato un'ampia consultazione internazionale su una nuova versione della "Visione 2020" (2) e ha incaricato il Gwp di affiancare a questa "visione" un lavoro con finalità operative intitolato "Un quadro per l'azione". La "visione" e "il "quadro" in questione saranno presentati all'Aja. I partecipanti alla conferenza ministeriale (saranno rappresentati più di cento paesi) dovranno approvare una dichiarazione che dovrebbe dare legittimità alla "politica mondiale dell'acqua" per i prossimi 15-20 anni.
Come si può constatare, nel corso degli anni '90 abbiamo assistito all'insediamento di una specie di stato maggiore mondiale dell'acqua. Anche se, formalmente, le imprese private sono rappresentate in queste diverse strutture solo dal presidente di Suez-Lyonnaise des Eaux (in quanto membro della Commissione) e da alti dirigenti di Vivendi-Générale des Eaux, il mondo degli affari e della finanza è in effetti onnipresente grazie agli "esperti" che, nella maggior parte dei casi, sono legati ad esso. Il capitale privato è anche solidamente insediato nelle sfere decisionali.
Quali sono le tesi e le proposte che verranno presentate e, se possibile, imposte all'Aja? Alla luce dei documenti provvisori disponibili alla vigilia dell'apertura dei lavori (3), si inscrivono tutte nel quadro di questa nuova "conquista dell'acqua" realizzata, dall'inizio degli anni '70, a partire da tre principi che costituiscono anche tre dinamiche particolari: le mercificazione, la privatizzazione e l'integrazione oligopolistica mondiale tra i diversi settori (acqua potabile, acqua in bottiglia, trattamento delle acque, bibite gassate). Il tutto in un contesto di lotte per l'egemonia dei mercati e di conflitti tra stati.
Secondo lo stato maggiore mondiale dell'acqua, è necessario che quest'ultima venga trattata come un bene economico, essendo questo il solo modo per lottare efficacemente contro la penuria e il rapido aumento del prezzo. L'acqua è diventata cara e lo sarà ancora di più in avvenire, sarà l'"oro blu" del XXI secolo. Secondo il progetto di dichiarazione ministeriale, soltanto la fissazione di un prezzo di mercato per coprire i costi totali delle prestazioni fornite (il preteso "giusto prezzo") potrà assicurare l'equilibrio tra l'offerta e una domanda in forte crescita e limitare in questo modo i conflitti tra mondo rurale e mondo urbano; tra agricoltori e industriali e tra ecologisti e consumatori responsabili; tra regioni "ricche" e regioni "povere", tra stati appartenenti allo stesso bacino idrografico. Di conseguenza, esportare e commercializzare l'acqua secondo le regole del libero commercio e nel quadro della libera concorrenza permetterebbe non soltanto di fare (forti) guadagni, ma anche di eliminare i conflitti (4)! Questi sono gli ingredienti principali della "gestione integrata delle risorse idriche" (Iwrm in sigla inglese) proposta dal Gwp come concetto-chiave delle politiche da realizzare ai diversi livelli territoriali di interesse e di competenza. La privatizzazione dell'insieme dei servizi (ricerca, epurazione, distribuzione, conservazione, trattamento) si coniuga perfettamente con l'iniziativa dell'Iwrm: assicurare la gestione razionale di una risorsa rara attraverso la "giusta" remunerazione dell'investimento, il che permetterebbe ci viene detto di ridurre gli sprechi e di lottare contro l'inquinamento e la contaminazione. In questa prospettiva, la gestione pubblica si rivelerebbe sempre più inadeguata e inefficiente. Converrebbe quindi trasferirla a imprese private, seguendo in particolare il modello francese di gestione delegata. Questa politica è perfettamente coerente con la deregulation e la privatizzazione in corso di rapida generalizzazione attraverso il mondo dei servizi pubblici di base: gas, elettricità, trasporti urbani, telecomunicazioni, poste.
Certo viene concesso bisogna anche prendere in considerazione gli aspetti sociali, culturali ed etici. Soprattutto questi ultimi. Da qui il posto rilevante occupato dal discorso sull'etica nei documenti preparatori e nel programma delle manifestazioni del Forum mondiale (5). Ma quando si è dovuto scegliere tra il definire l'accesso all'acqua un "diritto umano e sociale di base", piuttosto che un "bisogno umano di base", i redattori del progetto di dichiarazione ministeriale hanno optato per la nozione di "bisogno". Dal loro punto di vista, considerare l'acqua come un diritto avrebbe comportato obblighi e restrizioni troppo vincolanti per la "libertà" dei protagonisti del sistema, in particolare privati.
La mercificazione porta alla terza dinamica, ancora a uno stadio meno avanzato delle due precedenti (mercificazione e privatizzazione), della nuova "conquista dell'acqua": l'integrazione fra tutti i settori, nel quadro della lotta per la sopravvivenza e l'egemonia in seno all'oligopolio mondiale.
Ognuno di questi settori acqua potabile, acqua in bottiglia, bibite gassate, trattamento delle acque reflue per il momento ha ancora agenti propri, professionalità proprie, propri mercati, conflitti specifici. L'acqua potabile (i "rubinetti"), per esempio, ha Vivendi, Suez-Lyonnaise des Eaux, Thames Water, Biwater, Saur-Bouygues (e le loro filiali). L'acqua (minerale) in bottiglia ha soprattutto Nestlé e Danone, rispettivamente numero uno e numero due mondiali, ampiamente al di sopra delle altre società del settore. Ma queste ultime, tra cui Coca Cola e Pepsi Cola, stanno diventando i concorrenti dei "rubinetti" attraverso lo sviluppo e la commercializzazione anche attraverso dei punti-fontana di un'acqua detta di sintesi, purificata, che pretende di essere più sana di quella del rubinetto.
Dal canto loro, le imprese di servizio di acqua potabile sono sempre più presenti nel trattamento delle acque reflue e, attraverso questa attività, cominciano ad interessarsi alle acque di sintesi e alle acque purificate. Nel futuro, potrebbero voler conquistare parti di mercato nel settore delle bibite gassate, dove gli "imprenditori-guardiani" sono Coca Cola e Pepsi Cola. L'emergere di conglomerati "multi utilities" su scala mondiale non farà che accelerare le logiche di integrazione e di scontro, se i poteri pubblici nazionali e internazionali abbandonano l'acqua alle "leggi" di mercato e della concorrenza.
Un patrimonio dell'umanità Cosa resterà, in queste condizioni, del diritto alla vita che il diritto di accesso all'acqua rappresenta per ogni persona e ogni comunità umana? Cosa resterà anche dell'interesse generale della collettività e della coesione sociale e territoriale? Certo, la statalizzazione dell'acqua da parte di poteri pubblici dittatoriali, espansionisti, militari o corrotti va respinta tanto quanto la mercificazione, la privatizzazione e l'integrazione oligopolistica mondiale. Per questo motivo è urgente definire e realizzare, attraverso un contratto mondiale (6), un nuovo servizio pubblico, a diversi livelli territoriali, di questo patrimonio comune dell'umanità. Cominciando dall'Europa, dove le collettività devono assicurare non soltanto le funzioni di orientamento e di controllo della proprietà e dei servizi idrici (in una logica di sviluppo sostenibile della società e non solo dell'ambiente), ma anche la loro gestione diretta. Riappropriarsi delle conoscenze, del know how, delle professionalità, delle tecnologie, delle capacità di valutazione delle scelte diventa indispensabile e richiede una forte mobilitazione dei cittadini. Il fatto che l'associazione Attac cominci a manifestare, nelle sue azioni, un interesse crescente per l'acqua è un segno promettente (7).

note:
* Fondatore e segretario del comitato per il Contratto mondiale sull'acqua, presieduto da Mario Soares. Autore di Manifeste de l'eau, Editions Labor, Bruxelles, 1998.
(1) A partire dal suo testo "fondatore" del 1993: Banca mondiale, Gestion des ressources en eau, Washington, 1993.
(2) Cfr. Messages to Initiate Consultations for the World Water Vision, World Water Council, c/o Unesco, Parigi, marzo 1999.
(3) E' possibile consultarli sul sito www.worldwaterforum.org
(4) Per una critica all'esportazione dell'acqua, leggere Maude Barlow, Blue Gold. The Global Water Crisis and the Commodification of the World's Water Supply, International Forum on Globalisation, San Francisco, giugno 1999.
(5) A questo proposito, si potrà fare riferimento a La Charte sociale de l'eau, redatta dall'Académie de l'eau, in Francia, e anche ai lavori della commissione "acqua ed etica" dell'Unesco.
(6) Cfr. Riccardo Petrella, "Per un contratto mondiale dell'acqua", Le Monde diplomatique/il manifesto, novembre 1997.
(7) L'Associazione per la tassazione delle transazioni finanziare per l'aiuto ai cittadini (Attac), realizzerà in Francia, grazie ai suoi circa 150 comitati locali, un'inchiesta-azione sul funzionamento e le pratiche finanziarie, sociali e ambientali di quattro multinazionali, tra cui Vivendi.
http://www.attac.org

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