economia

Possiamo fare della Piave l'Università dello Slow food

domenica 20 luglio 2003

Il legame tra Gianni Alemanno ed Orvieto è solido e non solo perchè la città umbra ospita con un successo crescente ormai da diversi anni il convegno nazionale della destra sociale di cui lui è uno dei leader riconosciuti.
Innanzitutto perchè la ex suocera del ministro, ovvero la moglie di Pino Rauti e madre della sua ex moglie Isabella, è originaria di Orvieto (in particolare: quartiere della Cava) ed in secondo luogo perchè lo stesso Alemanno ha fatto il Car alla caserma Piave. Logico quindi che abbia preso a cuore le sorti della città e, soprattutto, il futuro dell'ex caserma. In una breve sosta del convegno della rivista Area, il ministro ha parlato con Orvietonews del progetto per realizzare nella vecchia sede militare un moderno centro di eccellenza nel settore enogastronomico. Alemanno ci ha concesso un'intervista interamente incentrata su questo argomento.

Signor ministro a che punto è il progetto di dar vita ad un grande polo agroalimentare nella Piave?

Ho compiuto recentemente un sopralluogo nella caserma insieme al presidente dello Slow food, Petrini, e mi sono reso conto delle grandi potenzialità che esistono. Un'idea realizzabile è quella di costruirvi l'università dello Slow food.

Di cosa si tratta esattamente?

Lo Slow food sta realizzando dei centri di formazione per dare un forte impulso alle potenzialità enogastronomiche delle regioni italiane. A tal proposito si è deciso di realizzare una struttura del genere in Piemonte ed un'altra in Emilia Romagna. Orvieto potrebbe costituire la sede privilegiata per l'intero centro Italia.

Come funziona esattamente l'università dello Slow food?

In realtà si tratta di una struttura che ha effettivamente funzioni formative, ma che rappresenta soprattutto uno strumento essenziale per rafforzare le caratteristiche enogastronomiche di un territorio in relazioni ai mercati italiani ed internazionali. Da questo punto di vista, la realtà che potrebbe sorgere ad Orvieto avrebbe le capacità di trainare tutto il settore agroalimentare dell'Umbria che ha effettivamente notevoli esigenze di recuperare il terreno perduto, non solo per quanto concerne le competizioni sui mercati globali, ma anche in rapporto alla concorrenza con altre regioni italiane come la stessa Toscana.

Cosa è necessario fare per trasformare in realtà questa idea?
Innanzitutto è indispensabile non perdere un minuto di tempo per evitare che altre città possano impadronirsi di questa iniziativa per realizzarla in tempi ridotti. Secondo la nostra opinione è necessario costituire un consorzio tra imprenditori. Il ministero è pronto a fare la propria parte se il progetto sarà serio. I soldi possono essere trovati, ma è importanti che i vari soggetti coinvolti in questa operazione trovino un accordo sul merito e siano in grado di procedere tutti nella stessa direzione.

Quali potrebbero essere i tempi di realizzazione dell'università dello Slow food?

I tempi tecnici per istruire la pratica relativa al finanziamento possono essere molto brevi, si parla di qualche mese, ma a sostenere l'iniziativa deve essere il territorio in maniera convinta. In una prima fase sarà necessario procedere inevitabilmente con una ristrutturazione dell'edificio e poi puntare immediatamente sulle risorse umane per dar vita all'attività legata all'università Slow food. Indubbiamente ci sono dei tempi da rispettare, ma non si deve pensare di procedere con troppa lentezza.

Da questo punto di vista come sono i rapporti con il Comune di Orvieto?

Da parte loro ho visto che c'è interesse, ma adesso è arrivato il momento di dimostrare quale sia l'effettiva volontà. Ripeto, è essenziale che il progetto parta il primo possibile.

Secondo lei, questo utilizzo dell'ex caserma sarebbe tale da occupare interamente lo spazio disponibile?

Non necessariamente. L'università potrebbe occupare anche solo una parte dell'immobile a patto che la restante sezione sia utilizzato per fini compatibili con essa. Mi sembrebbe insomma difficile poter far convivere questo progetto con un centro di sperimentazione sulle biotecnologie.