cultura

Marco Papacchini presenta il libro "Rompete le righe!"

domenica 19 maggio 2019
di Liliana Gheorghe
Marco Papacchini presenta il libro "Rompete le righe!"

"Rompete le righe e avrete la poesia" suggerisce l'autore, presidente dell'associazione culturale La Ginestra che promuove tutte le arti ed in special modo la musica, essendo lui musicista e co-ideatore di un coro gospel. Ma anche la letteratura, direi io, perché di vari stili letterari è testimone il suo volume di racconti in versi.

E di letteratura voglio parlare con Marco Papacchini, del suo “Rompete le righe!” e del modo impegnato di fare letteratura anche tramite la narrativa. Il rompere le righe non è riferito solo alle parole di un testo, ma anche alle convenzioni, alle abitudini, ad ogni cosa che ci rende statici, con il fine di vedere il mondo da prospettive diverse.

Che dire? Io l'ho letto e niente ferma Papacchini, rischia e ama l'ignoto, sperimenta una forma di racconti in versi insolita e la sua liricità rompe le righe e gli schemi della classica narrazione, tenendo il filo delle storie senza difficoltà.

Il testo scorre come un fiume ed i pensieri prendono il sopravvento; una musica di fondo ha il ritmo del cuore, in alcuni racconti, ed in altri è a tratti ilare e divertente. Fiction o non fiction, la pasta dei racconti è densa e va assaporata a lungo per la varietà di stimoli e la profondità di sentimenti che trasmette. Però conosciamo meglio questo artista dal talento poliedrico:

Marco, parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
"L'amore per la scrittura ha origine nella mia infanzia. Mio papà era insegnante di lingua e letteratura italiana e mi è capitato (quando avevo 7 - 8 anni) di vedere alcune sue lezioni. Me ne ricordo una, in particolare, in cui spiegava l'Inferno dantesco. Ne fui talmente affascinato che l'immagine di mio padre che interpretava i versi quasi come un attore mi è sempre rimasta dentro. Da quel momento ho sempre desiderato esternare le mie emozioni attraverso la scrittura, e poi anche con la musica. Ricordo che in quinta elementare la maestra aveva organizzato un piccolo concorso: ci dava un titolo e noi dovevamo scrivere un racconto di fantasia. Vinsi il primo premio, una cinta Levi's, che ancora conservo". 

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro e quali sono stati i tuoi maestri o l'autore preferito che ti ha ispirato?
"Per scrivere "Rompete le righe!" ho impiegato un paio d'anni, tra scrittura nuda e cruda, riscrittura di alcune parti e revisioni finali. Carver sosteneva, e con lui tanti altri scrittori, che la prima stesura non porta niente di buono, scrivere è riscrivere. Tuttavia, con la poesia la questione si complica, perché la narrazione è legata alla metrica. Scrivendo, ho avuto la sensazione che i racconti venissero fuori da sé, come se esistessero già nella mia mente, anche se non sapevo a priori la trama di ogni storia. Quando scrivo un racconto o un romanzo, in prosa o poesia, non conosco il finale, né prevedo cosa dicono o come reagiscono i personaggi. In questo modo la scrittura è un'esperienza coinvolgente, meravigliosa, che mi permette di vivere tante vite quanti sono i personaggi. Perché ogni storia è anche la mia storia. Tra gli autori che mi ispirano c'è sempre Dante Alighieri, per le ragioni che ho esposto nella risposta precedente, e perché lo ritengo geniale nell'esposizione dei fatti in modo affascinante quanto sintetico. La Divina Commedia è, secondo me, uno dei vertici della letteratura italiana e mondiale. Un autore invece a noi più vicino che mi ha ispirato nella stesura del libro è Attilio Bertolucci; anche lui ha scritto un romanzo in versi, La stanza da letto. Racconta la vita della sua famiglia, dalle precedenti generazioni fino ad arrivare ai suoi tempi. Poi ci sono tanti altri scrittori poeti che mi ispirano per le loro atmosfere "sognanti", da Emily Dickinson a Seamus Heaney, Da John Keats a Osip Mandel'stam, da Giuseppe Ungaretti a Mario Luzi".

Descrivi un po' l'ambiente e l'atmosfera che ti occorre per scrivere oppure in che momenti scrivi?
"Per scrivere preferisco un ambiente silenzioso. Se sono da solo è ancora meglio. Tuttavia, negli ultimi anni, mi sono abituato a scrivere anche in ambienti affollati e rumorosi. Ho a disposizione pochissimo tempo durante il giorno e sono costretto ad adattarmi. A volte scrivo in ufficio, durante la pausa pranzo. Mi concentro nelle immagini che mi vengono in mente e riesco a isolarmi da tutto il resto, entro in un mondo parallelo. A casa, invece, non è sempre facile isolarmi; ho una bambina di pochi anni e pretendere un po' di silenzio è quasi impossibile. Per questo prediligo la mattina presto o la sera tardi, quando tutti dormono".

I tuoi racconti somigliano a qualche altro scritto del presente?
"A livello nazionale, se per presente intendi gli ultimi 10 anni, non credo. Conosco invece alcuni scrittori locali che si sono cimentati nello scrivere racconti in versi, o che magari vorrebbero farlo. Scrivere in versi significa raccontare in modo diverso ed è sicuramente un modo originale. Negli ultimi anni in Italia sono nate molte scuole di scrittura. Questo è un bene (sempre che la scuola sia seria), ma contestualmente si corre il rischio di generare dei format con i quali pubblicare storie in prosa fatte con lo stampino. Sono poche le scuole di scrittura che organizzano corsi per la poesia; e anche in questo caso si tratta delle classiche poesie saltuarie che poi vengono raccolte in una silloge. Ancora più raro è trovare un corso che raccolga la sfida di narrare in forma poetica. Se avessi tempo mi piacerebbe organizzarne uno... Personalmente, sono soddisfatto di avere scritto racconti con uno stile insolito, ma di certo non ho inventato nulla. La storia letteraria è piena di narrazioni in versi partendo da Omero, che ha raccolto tradizioni al lui precedenti, passando per Virgilio e poi Torquanto Tasso, fino ad arrivare a Maria Luisa Spaziani che ha rievocato la storia di Giovanna d'Arco scrivendola in ottave".

Quali sono i classici che leggi?
"Le mie letture sono onnivore. Spazio dai romanzi alla poesia alla saggistica ai libri d'arte. Recentemente ho letto L'idiota di Dostoevskij, lettura lunga e impegnativa; gli scrittori russi mi hanno sempre affascinato. Mi piace molto anche la letteratura latina, leggo con piacere Catullo, Ovidio, Plauto; uno dei libri più interessanti della letteratura latina è De consolatione philosophiae di Severino Boezio, un testo che mi ispira pace e armonia. Altri classici di cui rispolvero qualche pagina, di tanto in tanto, sono la Divina commedia e il Decameron. Spesso rileggo con un gusto quasi adolescenziale i poeti romantici inglesi e francesi, erano fra le mie letture preferite quando avevo 16 - 17 anni. Mi piacerebbe rileggere integralmente I promessi sposi; purtroppo a scuola non ho avuto modo di apprezzarlo come si deve. Se consideriamo "classici" anche alcuni autori del 900, posso citare Borges, Neruda, Pirandello, Calvino...".

Se dovessi consigliare una colona sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura dei tuoi racconti cosa sceglieresti?
"Domanda molto interessante. I racconti hanno peculiarità stilistiche e storico-geografiche diverse. Pertanto, i sottofondi musicali sarebbero di vario genere. Per i primi due racconti, ambientati negli anni 50 in un borgo della Tuscia, suonerebbero bene canzoni italiane di quel periodo, di Modugno per esempio. Il sottofondo al viaggio con Tino Des, invece, avrebbe melodie africane ritmate tipo Amani utupe (tradotto significa Concedi la pace, dacci coraggio) e spiritual tradizionali come Swing low sweet chariot (dondola lento dolce carro che sei venuto per portarmi a casa, il testo si riferisce alla casa in cielo), che andrebbe bene per il triste finale. Per gli altri racconti ci vorrebbe una musica jazz. In Un'altra luce cito un gruppo norvegese contemporaneo che si chiama Jaga Jazzist; nella loro musica vengono mescolati elementi jazz, pop e rock, l'ascolto non è dei più semplici, ma si adatta al clima e alla natura selvaggia dei paesi del nord. In Oblatio verticordia, un giallo con sfumature a luci rosse, non ci sono dubbi: You sexy thing, brano pop che nel racconto accompagna la performance di una spogliarellista. Il racconto Metamore, invece, descrive la metamorfosi di un pianista jazz (che diventerà un monaco benedettino) e lo stile be bop del jazz newyorkese negli anni 40 si adatta perfettamente. Per l'ultimo racconto, che parla di una coppia amante dei libri un po' fuori dal comune, metterei come sottofondo alcune mie composizioni per pianoforte.

Esilarante...
"Da leggere assolutamente con il sottofondo musicale! Un complimento anche all'editore che scegliendo questa copertina mi ha fatto pensare alle orme su una spiaggia, di quello spirito verticale che è l'uomo che trascende. Sempre alla ricerca del sacro sempre con l'aiuto dell'arte. Grazie della tua gentilezza e pazienza. In bocca al lupo per il tuo libro!".

Intervista e presentazione a cura di Liliana Gheorghe, autrice di vari racconti e coautrice del romanzo “Il sorriso triste dei girasoli” edito Arpeggio Libero editore, nel Cubo Festival di Ronciglione, domenica 26 maggio alle 17, in Piazza degli Angeli.