cultura

Nel Pozzo della Scrittura

venerdì 22 marzo 2019
Nel Pozzo della Scrittura

La scrittura è lo specchio dell’anima. Un mondo profondo e ricco, strada maestra verso ciò che siamo ma che, a volte, può trovare vie misteriose per farsi sentire. (Annarosa Pacini)

Estratto del brano "Nel Pozzo della Scrittura" curato da Laura Ricci per la pubblicazione "Mirabilia, il Pozzo di San Patrizio ad Orvieto", edita da Mirabilia Orvieto, 2015.

Scendere nel Pozzo di san Patrizio è come calarsi nel profondo di sé, nel pozzo della coscienza, dove si percepisce con interezza e umiltà la vita che ci penetra. Questo “viaggio” interiore induce a osservare senza preconcetti e senza distrazione le persone che ci attraversano. È l'atto propedeutico di ogni invenzione: giacché, di qualunque cosa si intenda riflettere, bisogna prima esplorare il proprio autentico originale sé, disincrostare scorie insidiose che renderebbero banale ogni pensiero o ideazione. Anche questo è un lavoro paziente, rigoroso, lento - mistico potremmo dire - tanto quanto quello che, riemergendo, chi scrive compie nella sua stanza e al suo tavolo, concentrandosi in trame di parole con accurata ostinazione: per giorni, mesi, anni.


Pozzo di San Patrizio, Orvieto

La metafora della scrittura può sostanziarsi, allora, in quell'opera davvero mirabile e particolare che è il Pozzo di Orvieto. Quando penso a questo manufatto, realizzato per volere di un papa, Clemente VII, da uno dei più noti e apprezzati architetti del Rinascimento, Antonio da Sangallo, forse per vizio di introspezione, forse per orrore della retorica, non è agli inferi, all'oscurità, a minacciosi timori che va la mia mente - a quei mondi inquietanti dell'oltretomba, insomma, che molti cronisti, intellettuali e viaggiatori hanno, nei secoli, intravisto nel regolare abisso orvietano - ma al lavoro di scavo che precede l’atto dello scrivere e, in seconda istanza, al rigoroso impianto strutturale che la scrittura, volesse pure apparire caotica o al contrario molto sapiente, proprio come un'opera architettonica esige e richiede.


Pozzo di San Patrizio, Orvieto

Il Pozzo di San Patrizio, con la sua verdastra misteriosa profondità, con il cauto graduale declivio delle sue contrapposte eliche, con le grandi fessure finestrate che come occhi spalancati si affacciano interrogative sul precipizio, ben rappresenta questo lavoro di scavo: un lavoro minuzioso, graduale, governato da una logica “altra” ma fiduciosa, guidato da una sete di autenticità che aspira a raggiungere la cristallina fluidità della polla sorgiva. Il chiarore terreno, abituale dei primi passi, che si sostanzia del filtrare della luce esterna, sfuma, si smorza man mano che ci si addentra nelle viscere della terra: nella metafora della scrittura le nostre stesse viscere, l'io profondo che, per essere svelato, deve scavare, operare, decantare nella nostra stessa anima. Mentre il riverbero consueto affiochisce, l'umido acquoso vapore penetra la nostra pelle, spinge alla sorgente con stillante pesantezza. Scendere è un'operazione greve: impone il coraggio di passi che non sanno verso fenditure sconosciute, tratteggia la sfida di un ritmo diverso del respiro. Attraversiamo l'acqua - la liquida stillante origine - e, non più gli stessi, giustamente risaliamo per un altro cammino, per una scala contrapposta.


Quinta da Regaleira, Portogallo

C'è un altro pozzo che, a tutta prima, potrebbe simboleggiare, al pari del capolavoro del Sangallo, l'introspezione che precede l'emergere della parola: il Pozzo a spirale di Quinta da Regaleira, a Sintra, in Portogallo. Si tratta, tra l'altro, di un vero e proprio “pozzo iniziatico” - e così viene comunemente chiamato - ben più palese del Pozzo di San Patrizio, di cui nel tempo si è perso il significato di iniziazione e purificazione che, nel Settecento, la denominazione di “Pozzo del Purgatorio di San Patrizio” aveva tentato di diffondere. Costituito da una scala a spirale di nove piani, forse allusione ai nove gironi infernali della Commedia di Dante, il Pozzo di Sintra ha un chiaro significato allegorico, anche perché situato all'interno di un complesso contrassegnato da numerosi elementi esoterici e perché presenta, nel suo fondo, non l'acqua, ma una bussola con l’effigie della Croce dei Templari.


Quinta da Regaleira, Portogallo

Non è per attingere, non per una funzione pratica che è stato scavato, ma per un'enigmatica cabala architettonica che ha il compito di introdurre il visitatore all’avvento di un'illuminazione, al passaggio dalla morte alla rinascita. Oltre a essere senz'acqua, a fronte dei cinquantatré metri del Pozzo di San Patrizio, il pur affascinante Pozzo di Quinta da Regaleira affonda nelle profondità del terreno solo per una trentina di metri; e per di più non presenta un'ordinata struttura, occhieggia anzi al disordinato e al bizzarro. La forma a spirale, che nel Pozzo orvietano si nasconde, in duplice elica, nelle scale che fiancheggiano il regolare cilindro finestrato che arriva alla sorgente, nel Pozzo di Sintra è manifesta, punteggiata prima da monofore divise da colonne e capitelli che creano l'effetto di un portico, poi da finestroni molto simili a quelli del Pozzo di San Patrizio, ma disposti asimmetricamente.


Pozzo di San Patrizio, Orvieto

Se dunque ripenso allo scrittore che nella sua stanza lavora con ostinazione, pazienza e cura, non è al muschiato enigmatico Pozzo di Sintra che va il mio pensiero, ma alla possente, pensata, architettata costruzione sangallesca di Orvieto. La scrittura, infatti, non è illuminazione, non è rivelazione, o almeno non soltanto; non è esoterismo, tanto meno casualità bizzarra. Dopo il viaggio nel profondo, dopo l'attingimento originale dell'acqua, proprio come il Pozzo di Antonio da Sangallo la scrittura è struttura rigorosa, è impianto architettonico, è scrupolosa edificazione. Si tratta di una struttura che il lettore non deve troppo avvertire, di un'ossatura che, proprio come le ideazioni architettoniche funzionali di Antonio da Sangallo, deve essere incapsulata da un sovrano equilibrio, da una silenziosa armonia. E la scommessa è tanto più vinta quanto più la solida ossatura agisce ma non appesantisce.


Pozzo di San Patrizio, Orvieto

È una struttura duttile anche, pronta a deviare, a recepire quanto domanda, a volte, l'evidenza; o quanto di nuovo suggerisce il procedere della storia. Ma è proprio calandosi nel pozzo del suo mondo interiore, cercando e trovando la sua peculiare originalità, che può costruire nuovi universi di parole per situazioni già sperimentate. Come nella spirale - figura di culture e architetture molteplici che Sangallo scelse per le due scale elicoidali del Pozzo orvietano - forma priva di fine che può espandersi in ogni momento in un segmento ulteriore e in un movimento perenne, ogni scrittore, ogni scrittrice può aggiunge un tratto distintivo al dilatarsi e all'avvolgersi delle narrazioni letterarie.
Attingendo e portando acqua da quell'inestinguibile pozzo dell'anima che, proprio come si disse del Pozzo di San Patrizio, “per fino hoggi si vede, e vederassi forse per fino che durerà il mondo” (Marc'Antonio Maltempi, “Trattato”, 1585).