cultura

In ristampa il libro dedicato a Giovanni Battista Negroni, lo "stregone" di Orvieto

mercoledì 20 febbraio 2019
di Davide Pompei
In ristampa il libro dedicato a Giovanni Battista Negroni, lo "stregone" di Orvieto

Alchimista, cartomante, negromante, cultore – anzi, principe – delle scienze occulte. Una figura incredibile e "maledetta", quella di Giovanni Battista Negroni, vissuto nella metà del '600 nel Castello di Monterubiaglio. Inviso alla Chiesa che lo reputava uno stregone, è considerato a suo modo precursore della scienza moderna. In bilico tra realtà e leggenda, la sua storia è racchiusa nell'originale libro firmato da Sandro Bassetti.

Intermedia Edizioni ristampa ora il volume "Giovanni Battista Negroni: 'Stregone' di Orvieto. Il suo laboratorio in Monte Rubiaglio ed i suoi posteri. 1647-1730" in cui il ricercatore spiega, tra le altre cose, i motivi che spinsero il conte orvietano a fare del borgo a pochi chilometri da Castel Viscardo, suo luogo di residenza. "L'isolamento del borgo dai centri vicini – annota l'autore – e l'isolamento del castello dal borgo, gli consentono un'autonomia operativa di tutto rispetto. 

La chiesa nei sotterranei, i sotterranei, l'incrocio magico esattamente sotto la torre Nord Ovest, la presunta presenza di fantasmi, l'ottima visibilità della luna, la presenza di animali notturni tanto cari alle scienze occulte, l'ingresso segreto al castello lo convincono della peculiarità del sito ad essere la sede ideale per lo studio delle sue arti. Dà inizio immediato all'adattamento dei due ambienti di suo interesse: lo studio ed il laboratorio".

Pagina dopo pagina, si delinea così l'immagine di un uomo a cui si devono anche gli studi per la conservazione dei cadaveri secondo la tecnica della "pietrificazione", tuttora praticata e conosciuta con il nome di "plastination". Negroni trasformò, inoltre, il suo castello in un laboratorio alchemico. A lui è attribuita anche l'invenzione di un medicinale liquido disinfettante e cauterizzante usato per curare le ferite da combattimento sia all'arma bianca che da fuoco.

Nel 1698 la Santa Inquisizione avrebbe voluto bruciare il suo corpo sul rogo, eppure lui stesso riuscì a sottrarsi alla fiamme e salvarsi miracolosamente. Alla sua morte, avvenuta nel 1730, i parenti – tutti funzionari dello Stato Pontificio, prelati e cardinali – si affrettarono a distruggere le sue opere, i suoi strumenti e i suoi scritti. E, ad oggi, non sembra essere rimasta traccia della tomba in cui giacciono le spoglie.