INTERVISTA
cultura

"Lo chiederemo agli alberi come restare immobili fra temporali e fulmini"

martedì 19 febbraio 2019
di Davide Pompei
"Lo chiederemo agli alberi come restare immobili fra temporali e fulmini"

Foto: Franco Breccolotto

La brutalità della vita non ha la stessa poesia del teatro. Eppure, anche senza fascinazioni illusorie, quest'ultimo può aiutare a divulgare tra i più giovani quello che è stato affinché non sia più, con la forza evocativa e l'efficacia comunicativa dei suoi linguaggi. Prendere coscienza per avere consapevolezza è anche uno degli intenti a cui risponde il format #TeatroMemoria, fortemente voluto e curato da Cristina Calcagni, membro del CdA dell'Associazione TeMa, con il patrocinio dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Associazione FederEsuli e Bcc Umbria.

Per il secondo anno, ha contribuito a ricordare per non ripetere, offrendo una riflessione autentica nel Giorno del Ricordo, che al Mancinelli ha coinciso con la Festa degli Innamorati – evidentemente, anche dell'esistenza – Simone Cristicchi, di ritorno dal 69esimo Festival di Sanremo con il Premio Giancarlo Bigazzi alla miglior composizione musicale e il Premio Sergio Endrigo alla miglior interpretazione con la canzone "Abbi cura di me", quasi una lettera scritta insieme a Gabriele Ortenzi e Nicola Brunialti, germogliata nella quiete dell'Eremo Francescano di Campello sul Clitunno e classificatasi quinta in gara.

Come annunciato, giovedì 14 febbraio il cantautore romano ha portato in scena ad Orvieto "Esodo. Racconto per voce, parole e immagini". Sul palco nudo, sedia e chitarra. Sul fondale, cartine geografiche e foto d'epoca per offrire ai 400 studenti delle scuole superiori e, in serata, al pubblico che, commosso, lo ha applaudito una lezione di storia. Quella di Norma, torturata, seviziata e poi gettata in una foiba a 24 anni, insieme al suo sogno di laurearsi in Lettere. E quella di tanti "italiani due volte", per nascita e per scelta, secondo la definizione data da Indro Montanelli.

Per restituire traccia, con la parola e la canzone popolare e d'autore, di quella "pagina strappata dal grande libro della storia e tenuta nascosta per 60 anni". Per dare voce al silenzio "storico, diplomatico, dell'anima". Allo sradicamento, simile a quello dei moderni migranti, di 350.000 giuliano-dalmati, testimoniato anche dall'ex sindaco Toni Concina, originario di Zara. Al loro esodo dalle proprie terre, sotto la neve, con bagagli pesanti come la memoria. Quest'ultima, come un albero tenuto fermo dalle sue radici a cui chiedere, con una canzone, "come restare immobili fra temporali e fulmini".

Dal freddo avvertito, anche in estate, dal Nonno Rinaldo al Magazzino 18, "cimitero di oggetti, affetti e ricordi, dove riposa in pace la loro vita quotidiana", dal "mondo dentro la buca", dove nascondere come una tomba anche violenza, indifferenza e intolleranza, all'augurio di "dare alla luce noi stessi", diventando cercatori di bellezza e costruttori di felicità contagiosa. Un messaggio contenuto anche nel video-progetto "HappyNext", presentato in anteprima a Sanremo e proposto come dono ad Orvieto, insieme alla canzone che dà il nome alla raccolta di 21 tracce che racchiudono 13 anni di attività musicale.

Presupposto per la nuova invenzione drammaturgica "Manuale di volo per uomo", surreale favola metropolitana ricca di emozioni che insegna e ricorda che "niente è più grande delle piccole cose" e che il suo autore e interprete conta di portare anche in quell'Umbria che conosce bene.


Foto: Massimo Achilli

Qual è il messaggio che vorresti condividere con il pubblico?
"Lo spettacolo 'Esodo' si conclude con questa frase: 'No dimentighemo', in lingua istriana, proprio perché ci sono pezzi di storia che solo ultimamente sono stati riscoperti. In questo caso, l'esodo degli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Più che un risarcimento economico, la cosa importante è risarcire le persone che hanno sofferto questa tragedia attraverso il ricordo, attraverso la memoria".

Chi è oggi il diverso?
"Tutti noi siamo diversi. Io stesso mi sentivo diverso da piccolo. Attraverso l'arte e la creatività sono riuscito a trasformare il dolore in qualcosa di bello, a sublimarlo con il disegno e la fantasia. Ognuno di noi è un piccolo capolavoro, unico ed irripetibile. In questo, secondo me, sta il miracolo dell'esistenza. Non esiste un altro uguale a noi. Se parliamo di diversità nell'accezione di disabilità, di handicap, poi, lì c'è una missione. Quella di essere solidali e non abbandonare chi è meno fortunato di noi. 'Abbi cura di me' parla anche di questo".

Lì canti anche "l'impresa più grande è perdonare se stesso". Perché?
"Quando si commette qualcosa di sbagliato, nella nostra vita, c’è sempre qualcuno pronto a puntare il dito e giudicare. In realtà il vero giudizio, il più importante, è quello della propria coscienza con cui dobbiamo fare i conti. Se si è in pace con se stessi, si riesce a perdonare anche un errore. Siamo fatti anche dei nostri errori, siamo deboli ma questa è anche la nostra bellezza. Nel momento in cui dimostriamo la nostra fragilità, siamo reali. Non abbiamo maschere".

Cosa significa amare?
"Innanzitutto bisogna amare se stessi perché se non si ama la nostra anima, la nostra fragilità, le nostre debolezze non riusciamo poi ad amare qualcun altro. Il lavoro d'amore va fatto prima sulla propria interiorità. In generale, l'amore muove il sole e le altre stelle, come diceva Dante, quindi è il motore universale di tutto. Grazie ad esso possiamo influire e cambiare la realtà".

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