cultura

Nel Ventre del Pozzo

venerdì 24 agosto 2018
di Mirabilia-Orvieto
Nel Ventre del Pozzo

E’ pur vero che a Orvieto il binomio duomo+pozzo esiste e che rimanda, attraverso le suggestioni e le descrizioni dei cronisti e dei visitatori della città, a quella dicotomia tra l'alto e il basso, il sopra e il sotto, l'immensamente slanciato e l'oscuramente profondo a cui, innegabilmente, i diversi strati storici, culturali, geologici, antropologici della mirabile rupe tufacea rinviano. La città “alta e strana”, come la definisce nel 1350 Fazio degli Uberti, ha un suo sotterraneo speculare abisso all’interno del masso di tufo e pozzolana su cui sorge. Una misteriosa città ipogea che in tremila anni di storia, gli abitanti hanno ampliato scavando cunicoli, condotti, cisterne, pozzi, cave, centri di produzione, che si intricano e accavallano sotto il tessuto urbano.

Carrarini, 1616

Tra tutte le cavità sotterranee, quella più emozionante e grandiosa, la più ragionata, e al tempo stesso, la più irragionevolmente suggestiva, non a caso la più rinomata e celebrata, è indubbiamente il Pozzo di san Patrizio, che già nel 1585 il Maltempi, descrive come “un pozzo nel quale si camina in mezzo miglio incirca sotto terra, e vi si va con le bestie con li barili, per l’acqua, il quale per fino hoggi si vede, e vederassi forse per fino che durerà il mondo”.

Del resto, fin dalle civiltà più antiche, il dualismo alto/basso è sempre esistito. Vivendo in un costante e intenso rapporto con la natura, i nostri antenati hanno avuto la necessità di esprimere la loro primordiale visione del mondo attraverso il vasto universo dei simboli. Con l’avvento del Rinascimento poi, epoca nella quale visse Antonio Sangallo il Giovane, l’attenzione per il mondo esoterico si diffuse a tal punto da costituire un continuo motivo ispiratore per artisti e architetti, intenti a infondere nelle loro opere significati appartenenti all’intero patrimonio culturale e religioso delle storia dell’umanità.

La spirale della molecola del DNA e del serpente

In tale contesto storico, artisti e architetti si ispirarono alle più affascinanti forme archetipiche dell’umanità, in quanto “chiavi” per la comprensione del mistero del mondo e della vita. Così le due rampe a spirale del Pozzo - che nella mente dell’uomo moderno si ricollegano alla molecola del DNA - non sono forse le spire dei serpenti del simbolo del Caduceo che si intrecciano dal basso verso l’alto, fino a fronteggiarsi?

Utilizzato in medicina come emblema di salute e di benessere, il simbolo è composto da due serpenti attorcigliati in senso inverso lungo un bastone alato in mano al dio greco Hermes (Mercurio), messaggero degli dei e conduttore delle anime nell’aldilà. Ora, se questo fu l’intento dell’ideatore dell’opera, quello cioè di riprodurre con il Pozzo di san Patrizio un grande Caduceo, quale messaggio doveva tramandare nei secoli questo capolavoro d’ingegneria?

Il simbolo del Caduceo

L’associazione del Pozzo con il Caduceo rimanda subito al significato simbolico del serpente che, in tutte le culture pre-cristiane, era sinonimo di energia e di cambiamento. Grazie al fenomeno della muta, che consente all’animale di rinnovarsi ciclicamente, e al movimento sinuoso delle spire, con cui il rettile si sposta, come una spirale, dal mondo terreno a quello celeste (la posizione eretta dovuta all’innalzamento dal suolo), il serpente era riconosciuto universalmente come un simbolo di trasformazione e d’immortalità.

Nel mondo classico l’indovino Tiresia viene trasformato in donna per aver ucciso la femmina di due serpenti che si stavano accoppiando, e nell’antico Egitto, il serpente era venerato come emblema di resurrezione:

Io Sono il Serpente dagli infiniti anni,
Io muoio e rinasco ogni giorno
E rinnovo me stesso
Ringiovanendo quotidianamente.

(canto funebre)

Quando nel Pozzo di San Patrizio si scendono e salgono le due scale spiraliformi del Pozzo che ruotano attorno ad un centro vuoto, si è come chiamati ad entrare dentro la forza rigeneratrice del serpente, quella stessa forza che pervade e governa l’intero universo. Come la trasmutazione del serpente è immagine del passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla rinascita, così la struttura elicoidale del Pozzo rimanda al processo di TRASFORMAZIONE del mondo che tende costantemente ad espandersi, ad evolversi, ad elevarsi, da un livello di vita inferiore e imperfetto, ad un altro superiore e più perfetto. Non c’è da meravigliarsi perciò se, agli inizi del 600’, attingendo dall’immaginario collettivo, il poeta toscano Francesco Ghezzi descriveva la visita al celebre monumento come un fantastico viaggio nel “ventre” di un mostro a due teste, sovrapponendo ai due serpenti del caduceo, l’anfisbena, il mitologico anfibio che mette in comunicazione la terra al cielo:

“Due gran serpenti avviluppati insieme stanno dentro una città,
non in foresta; vanno sotterra con due code estreme.
Fanno ambi un mostro...in bocca va del primo ognun festante
e per la coda gli esce, e poi ne corre per la coda dell’altro per la sua bocca;
ma pria, nel ventre ammira bocche tante quand’alza
gli occhi al cielo e l’acqua tocca”.

L'Anfisbena, animale mitologico

Il percorso verso il buio dell’abisso e poi verso la luce dall’alto che avviene all’interno di un essere mostruoso, rimanda al grande archetipo del viaggio iniziatico dove, con grande forza evocativa, si riassume l’intero percorso esistenziale che ciascuno è chiamato a fare nell’arco della propria vita. Basta pensare al racconto biblico di Giona dove il protagonista, riluttante alla missione affidatagli da Dio, viene ingoiato per tre giorni e tre notti da un pescecane, prima di essere vomitato sulla spiaggia; o alla più moderna favola di Collodi, in cui Pinocchio, dopo tante peripezie, è risucchiato nella pancia di una balena da cui poi si libererà per raggiungere di nuovo la terra ferma.

Pinocchio risucchiato dalla balena

Dentro lo “stomaco” del pesce, il profeta come il burattino, invece di essere digeriti, e quindi distrutti, trovano inaspettatamente un luogo accogliente e familiare, un utero materno dove verranno rigenerati per rinascere a vita nuova. Al chiuso e al buio di una caverna (il ventre del pescecane o della balena), dove spazio e tempo sembrano assenti, Giona e Pinocchio sono un “feto” in gestazione, che cresce e matura. Negli abissi del mare, come nella profondità del Pozzo, la loro vita subisce una vera e propria METAMORFOSI, interiore e spirituale. E quando saranno pronti, cioè formati, potranno allora risalire in superficie per vivere la loro nuova vita terrena nella vera libertà e realizzazione.

L’uscita di Giona dal pescecane

Acqua e terra, profondità ed elevazione, morte e rinascita, caduta e redenzione, due realtà opposte che nel “ventre” del Pozzo di san Patrizio trovano simbolicamente la loro unità, coincidente con il mistero stesso della vita!


FINE DELLA PRIMA PARTE