cultura

La bestia e l'angelo

sabato 17 febbraio 2018
di Mirabilia-Orvieto
La bestia e l'angelo

(Duccio di Buoninsegna, La tentazione di Cristo, 1308 - New York)

"In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con bestie selvatiche e gli angeli lo servivano" (Marco 1,12-13).

Se avessimo letto il brano del Vangelo della prima domenica di quaresima prendendolo direttamente dalla Bibbia, avremmo trovato: "Subito lo Spirito sospinse Gesù nel deserto..." e non "In quel tempo lo Spirito sospinse Gesù nel deserto...".
Questa differenza cambia di molto il senso del racconto, perché quel “subito” fa chiedere al lettore: subito rispetto a che cosa? Perché l’evangelista usa questa espressione? Ebbene evidentemente c’è un collegamento con un fatto accaduto poco prima, e cioè il battesimo di Gesù nel Giordano.

(Deserto di Giordania)

C’è infatti uno stretto legame tra il battesimo di Gesù e le tentazioni a Gesù. Con questo l’evangelista Marco sta dicendo che quando Gesù comincia a predicare, dopo più di trent’anni di silenzio a Nazareth (a parte una fugace apparizione a dodici anni), ci sono due voci importanti che egli ascolta.
Una è quella udita nel momento in cui riceve il battesimo dal Battista, quando dal cielo si sentono queste parole: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1, 11).
Gesù è il “figlio prediletto”, cioè l’amato, perché qui non si tratta di voler bene più all’uno che all’altro: egli è l’amato per eccellenza in quanto riassume in sé l’umanità come amata da Dio!
Con il battesimo Gesù riceve una “dichiarazione” d’amore assoluta, senza limiti, senza se e senza ma. Quel “subito” vuole allora sottolineare che Gesù, mentre ascolta una parola d’amore che viene dal Padre, è costretto ad ascoltare anche un’altra voce, un’altra parola, contraria alla prima, che è una parola di avversione proveniente da Satana.

(Giotto, Il battesimo di Gesù, 1305 - Cappella degli Scrovegni)

Così, all’inizio della sua vita pubblica, prima di incominciare ad annunciare il Regno di Dio, Cristo riceve due parole: una di approvazione, positiva, e l’altra di opposizione, negativa, e queste due parole accadono insieme, anzi non possono avvenire l’una senza l’altra: qui ciascuno fa il suo mestiere...Dio fa il suo mestiere e il demonio fa il suo mestiere.
Gesù non può quindi iniziare a parlare, a dire qualcosa di senso per gli altri se non dentro questa doppia dichiarazione. Egli non può parlare né di male, né di bene, né di dolore, né di guarigione, né di peccato, né di grazia, senza aver prima conosciuto, vissuto, sperimentato tutto!
Egli non è un “parolaio”, ma è la Parola (che è differente), e la Parola è vita, è storia, è esperienza, dice il Vangelo di Giovanni.
Secondo punto. Mentre i Vangeli di Matteo e Luca descrivono le tentazioni e cosa Gesù risponde, dando risalto a ciò che avviene dopo, cioè la vittoria sulle tentazioni e la sconfitta di Satana che si ritira, il Vangelo di Marco si sofferma su quello che avviene “durante” le tentazioni.
Qui si vuole sottolineare, infatti, qualcosa di diverso e cioè che Gesù vive la completezza della realtà: “Stava con bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”.
E’ come dire che Gesù, dentro quel tempo della sua vita che è la tentazione, non è chiamato tanto a superare delle prove in vista di un premio finale, quanto piuttosto ad avere la capacità di integrare tutto dentro di sé, e la Bestia e l’Angelo, e il Male e il Bene.

(Basilica di san Marco, Le tre tentazioni di Gesù - Venezia)

La bestia selvatica di cui parla il Vangelo, non è una realtà che viene dal di fuori dell’uomo, ma è dentro l’uomo: la bestia è il simbolo di quel male, di quel dolore, di quella paura, di quei cedimenti, di quei limiti, di quei fallimenti, ma anche di quelle chiusure, di quei rifiuti, di quelle ostinazioni, di quell’odio, di quel disprezzo (chi più ne ha, più ne metta!) che fanno parte dell’esistenza, della condizione umana come tale, e con queste difficoltà Gesù...e noi, vive e viviamo, dice Marco.
Il male non va eliminato, cacciato fuori, respinto come un nemico da abbattere; il male si accetta per scoprirne il senso profondo.
Ma come si fa? Come si può accettare il male senza difendersi da esso?
Ed ecco allora che interviene l’angelo. Nella Bibbia gli angeli non sono quelle creature fantastiche con le ali che scendono dal cielo, quanto gli “annunciatori” di una parola che fa capire all’uomo chi è lui: solo ascoltando questa Parola (divina), l’uomo potrà conoscere e accettare se stesso, cioè la bestia selvatica che è in lui!
In questo senso quindi dalle tentazioni non si fugge, ma ci si vive, scoprendo la “parola giusta” (l’angelo) che sa rispondere al male che è dentro di noi (la bestia).

(Illustrazione moderna, Gesù e Satana)

Nella celebre fiaba de “La bella e la bestia” la protagonista femminile, simbolo dell’amore che tutto ama, riesce a liberare il principe dalla maledizione del suo egoismo, che lo ha reso un essere bestiale, imparando poco a poco ad accettarlo, a capirlo e ad amarlo, fino a difenderlo dalla paura e dal disprezzo di tutti.
Basta ricordare quel che dice Gesù al paralitico dopo averlo guarito: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa” (Mc 2, 9). Perché caricarsi del letto dove era stato condannato a vivere per anni? Perché portarsi dietro la memoria della malattia che gli ricorderà sempre il dramma della sua storia?
Appunto direbbe Marco. Portarsi dietro il “lettuccio” significa “sapere” la propria storia, cioè conoscerla, accettarla, amarla e camminare con essa. Probabilmente quel lettuccio un giorno non gli servirà più. Ma nella vita è necessario portarsi dietro sempre tutto ciò che si è, con coraggio, con umiltà, con semplicità e, a volte, con un po‘ di ironia, sorridendo sulle proprie debolezze e difficoltà, integrando e non rigettando mai nulla.

(La guarigione del paralitico)

La conclusione? Ebbene nessuna parola di liberazione o di salvezza potrà mai essere detta o predicata se si è nella vita dei “separatori” che dividono continuamente la bestia dall’angelo; la conversione sta propio qui, nel capire chi siamo e integrarlo completamente.
Nessuno può quindi vivere il Vangelo se non fa tutto ciò.
Attenti, direbbe Marco oggi, attenti dunque a separare il sacro dal profano, Dio dal mondo, la fede dalla vita!


Buona quaresima a tutti.