cultura

Vetrya al lavoro con la Santa Sede. "La tecnologia senza umanità non comunica"

giovedì 15 giugno 2017
di Davide Pompei
Vetrya al lavoro con la Santa Sede. "La tecnologia senza umanità non comunica"

Il Gruppo Vetrya sta lavorando con la Santa Sede alla realizzazione di un importante progetto che consentirà di veicolare i contenuti video sui differenti supporti. "Una sorta di Netflix di Città del Vaticano" che sarà lanciato entro la fine dell'anno. Ancora top-secret nome e modalità di funzionamento.

L'annuncio è arrivato direttamente da Luca Tomassini in occasione dell'incontro "Vangelo e buona comunicazione nell'era digitale" che venerdì 9 giugno ha visto il presidente di Vetrya dialogare in Duomo, nella Cappella di San Brizio, con monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, e il direttore artistico Alessandro Lardani.

Il contesto è stato quella della dodicesima edizione del Festival internazionale d'Arte e Fede, organizzato e promosso dall’associazione Iubilarte, in stretta collaborazione con Comune, Diocesi e Capitolo della Cattedrale. Un percorso culturale, dedicato quest’anno al tema "Relazioni e narrazioni nel segno della buona notizia", che culminerà con i festeggiamenti del Corpus Domini.

"In questo processo di riforma del sistema comunicativo della Santa Sede – ha spiegato Viganò – Papa Francesco ha scelto di procedere a un atto di governo forte come procedere verso la convergenza digitale. Si ha la percezione di un mondo molto vasto, reso complesso da tanti segmenti che troveranno forma in un unico grande portale informatico con video, podcast, immagini, testi. Con la convergenza digitale sparisce il profilo specifico identitario dei media, oggi è difficile definire la situazione mediale.

In questa epoca e con queste modalità è tuttavia possibile comunicare il Vangelo. Anche con le parole. C'è, infatti, una modalità propria dell'annuncio che è la forma testimoniale fascinosa ma la rete offre una chance, il contesto storico è fondamentale per essere persone nuove. Non santi, ma peccatori redenti. Anche on line si deve manifestare la persona, la formazione umana – mano e cuore – del cybernauta. La Chiesa è una rete, una comunità che va agli estremi confini del mondo. Con approccio antropologico e non tecnocentrico. I miracoli non appartengono all'uomo, ma non prescindono dall'umano".

Certo è che tra social network così pervasivi e democratici che annientano la privacy, una profilazione anche involontaria del cliente e tutte le implicazioni della scienza psicometrica, che in base alle azioni on line consente di fare analisi predittive, un pontefice che parla di convergenza digitale appare già di per sé come una rivoluzione. "La Chiesa è interrogata su come vivere questo ruolo. Bello, allora, avere strumenti che aiutano a saper leggere tempi così contraddittori come quelli moderni in cui camminare nella storia, tra tante parole, alla luce della Parola".

Ne è convinto monsignor Benedetto Tuzia, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi che giovedì 8 giugno, sempre in Duomo, ha portato il suo saluto in occasione dell'annunciato incontro con il direttore – l'ottavo, nella storia del giornale che a dicembre 2018 compirà mezzo secolo – di "Avvenire" Marco Tarquinio, nuovamente a Orvieto, per declinare il tema "Narrare l'uomo e il quotidiano nella logica della buona notizia". Anche in quella impresa – più infernale che celeste – che è il giornale "e che – ha detto – con un ossimoro viene definito come un lavoro intellettuale collettivo".

"Io ci sono arrivato per scelta e rimasto con convinzione. Spero di non essere l'ultimo direttore. Viviamo un tempo strano, ma sono tra quelli che crede che la carta continuerà ad esistere se saprà resistere a questa sfida ossessiva della rapidità. La gente vuole essere informata compiutamente sui fatti del mondo. Altra sfida, allora, è smettere di amputare la realtà e raccontarne solo la sua parte deteriore.

Rompere questo meccanismo che genera ansia è possibile. Noi lo stiamo facendo e la scelta, la selezione, l'approfondimento di temi altrimenti silenziati, insistendo se necessario su alcuni di questi per farli emergere in mezzo a tanto circo mediatico, sembrano premiarci.

Qualcuno sostiene che una buona informazione si fa con algoritmi matematici che selezionano, ma verrà anche il tempo in cui la gente cercherà altre forme di approvvigionamento. Il segreto è non rassegnarsi alla leggenda nera di un'assenza di carica umana. I buoni giornalisti sono guardiani delle fonti di acqua potabile. Siamo carichi di informazioni, ma ne abbiamo bisogno. C'è una povertà materiale e una esistenziale".