cultura

Quaresima: solo l'uomo penitente potrà passare...

venerdì 3 marzo 2017
di Fabio Massimo Del Sole - Patrizia Pelorosso
Quaresima: solo l'uomo penitente potrà passare...

La vera ricerca del Graal, come la sentirono i medievali, o per lo meno come ci risulta dai vari romanzi, fu una ricerca di spiritualità, un desiderio di verità e di fede. Da quella preziosissima reliquia, il calice della Passione, nasce per colui che la possiede non tanto una sorta di potere magico, quanto una più profonda consapevolezza di se stesso. E come si acquista questa consapevolezza? Alla luce stessa del Graal, cioè alla luce di Cristo, del suo mistero di Passione, morte e Risurrezione, alla luce del sangue di Cristo...alla luce dell’Eucarestia. Sotto questa ineffabile luce, l’uomo ritrova finalmente il proprio essere, con pregi e difetti, con grandezza e miseria, ritrova il senso della vita e di Dio.

E’ in questa rappresentazione che prende forma nel medioevo la figura dell’uomo penitente, continuamente in cammino, che intraprende lunghi e spesso impossibili pellegrinaggi.
Il racconto evangelico delle tentazioni, anticipa tutto questo: Gesù, abbandonata Nazareth, incomincia il suo viaggio messianico rifugiandosi nel deserto dove, spinto dalla forza dello Spirito, digiuna e prega, discendendo nelle profondità dell’animo umano, là dove si fronteggiano da sempre bene e male, verità e menzogna, progetto di Dio e illusione.

In questa ricerca spirituale si adoperò anche san Patrizio (dal quale prese il nome il famoso Pozzo) che nei suoi innumerevoli pellegrinaggi in tutta Europa, si fermò nella lontana Irlanda. Qui, secondo la leggenda, il santo venne condotto dalla Provvidenza dentro una grotta profondissima per assistere alla mistica visione del Purgatorio e indurre al pentimento tutti coloro che, dopo lui, sarebbero discesi liberamente a visitare quell’abisso ultraterreno.

Il Signorelli, ben lontano dall’immaginario religioso medioevale, non poté fare a meno di rappresentare, nella scena apocalittica della Resurrezione della carne, un gruppo di “scheletri penitenti” che, come appena usciti dalle quinte di un palcoscenico, sono in attesa di prendere il loro posto nell’immensa pianura dei risorti. L’artista, ispirandosi alla visione del profeta Ezechiele al capitolo 37, li raffigura mentre avanzano in fila e “non ancora formati”, forse a significare il lento cammino dell’uomo verso la ricerca della propria identità, della propria realizzazione, del proprio destino.

Nel loro commosso pellegrinaggio sembrano comunicare allo spettatore la consapevolezza che nessuno potrà mai far parte di Dio se non è stato prima rigenerato interiormente da sentimenti di pietà e di compassione, gli stessi che provò il “pubblicano penitente” nella parabola del Vangelo di Luca al cap.18, il quale si reca in pellegrinaggio al Tempio e osa presentarsi in compunzione al cospetto di Dio chiedendo, sotto gli occhi sprezzanti del fariseo, quella salvezza che solo Dio può dare: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Allora è proprio vero - come disse Dostoevskij - che solo “chi si pente ama veramente, e amando già appartiene a Dio”.