cultura

Giuseppe Piccioni e Chiara Atalanta Ridolfi presentano "Questi Giorni"

sabato 8 ottobre 2016
di Davide Pompei
Giuseppe Piccioni e Chiara Atalanta Ridolfi presentano "Questi Giorni"

Perdute, come certi paradisi letterari. Ritrovate, intorno a un letto d'ospedale, a bordo di un'auto diretta a Belgrado o strette in una tenda da campeggio. Acerbe come Anna (Caterina Le Caselle), che porta dentro la vita e appresso il violino. Autarchiche come Caterina (Marta Gastini), che maschera con atteggiamenti virili affetti reconditi. Belle come Angela (Laura Adriani), che nelle candele divina il futuro e non mette a fuoco il presente. Vulnerabili come Liliana (Maria Roveran), la sua malattia taciuta, la madre parrucchiera (Margherita Buy) e il professore dell'università (Filippo Timi). Quattro amiche, una storia.

Hanno spine nel cuore e capelli in disordine, le moderne piccole donne, adulte prima del tempo. Su di loro, pesa l'incertezza. Grava l'insicurezza. Eppure brindano, solitarie e coese, a loro stesse e al loro tempo. Al loro viaggio che come come ogni viaggio è più il percorso che la meta. Che "in questi giorni non è successo niente, ma è cambiato tutto". Alla disgrazia quotidiana dei momenti supplisce la grazia dei piccoli movimenti. Non c'è dinamismo nel loro agitarsi. Ma un brulichio lento e taciturno di sospiri, sguardi, non-detti. La poesia conferita da una scrittura fortemente letteraria. Il cameo di Sergio Rubini, la presenza di Giulio Corso e Alessandro Averone, tratti e accenti di tre giovani attori serbi.

"Pellicola non giovanilista, ma immersa nel presente" in concorso alla 73esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, "Questi Giorni" (BIM Distribuzione) è stato proiettato al Multisala Corso di Orvieto, giovedì 6 ottobre, alla presenza del regista ascolano Giuseppe Piccioni – dieci film in trent'anni, l'ultimo nel 2012: "Il Rosso e il Blu" – e della sceneggiatrice orvietana Chiara Atalanta Ridolfi, alla sua quarta prova, dopo l'intenso "Storie Sospese". Ad introdurre la pellicola, il giornalista Guido Barlozzetti e i saluti istituzionali della vicepresidente del Consiglio Comunale Roberta Cotigni. Seconda proiezione, nel pomeriggio di venerdì 7 ottobre.

"Questa storia – ha spiegato Piccioni – è nata insieme a Chiara e Pierpaolo Pirone, grazie anche allo spunto che ci ha dato Marta Bertini, una ragazza di Foligno. Ogni volta che venivano a casa mia, Chiara cominciava ad avere fame e svuotava la dispensa di un single come me. Poi, ogni tanto si ricordava di essere di Orvieto e mi portava il vino. Ogni regista ha una sorta di 'partito preso'. Noi, quando abbiamo iniziato a scrivere, abbiamo deciso di raccontare la storia di quattro ragazze e del loro viaggio che, nella prima parte del film, viene continuamente rinviato. Non ci sono agguati, né macchine fuori strada.

La scommessa era raccontare verità nascoste, con elementi di suggestione e riflessione che riguardano tutti, senza per questo assecondare situazioni. Il cinema non è un rispecchiamento della realtà. Non ci piaceva rincorrere l'esistente, l'istante, inseguire il gergo dei giovani, il loro smanettare con i cellulari. Si può anche raggiungere un livello di sincerità e quindi autenticità che non è frutto dell'improvvisazione ma di un grande lavoro di scrittura e di messa in scena. Questa leggerezza, la naturalezza delle protagoniste c'è costata tanto pensiero, tanta scrittura. Sono soddisfatto perché abbiamo lavorato molto seriamente ponendoci sempre il problema di evitare l'ovvio e di fare un film prevedibile.

Sono grato a Chiara perché, anche correggendo la punteggiatura, è riuscita rendere il film vivo, vero. È stata per me una compagna di lavoro preziosa. Sono vicino a lei e alla sua famiglia. Sono anche riuscito a convincerla a venire a Venezia, nonostante tutto. C'è una poesia di Ada Negri – 'Mia Giovinezza' – che recita: 'Non t'ho perduta. Sei rimasta, in fondo all'essere'. Questo mi rassicura che, in fondo, la giovinezza non è una dimensione. Senza paternalismi, senza essere giovanilistici, né ruffiani o retorici ci fa guardare alla vita come possibilità di avere ancora quell'energia. O l'illusione di essa".

Condiviso, l'entusiasmo di Chiara, che oltre ad aver partecipato alla scelta degli attori, nel film riconosciuto di interesse culturale ha avuto anche un piccolo ruolo da comparsa. "Il girato – ha detto – è stato molto fedele alla scrittura, sono stati fatti solo alcuni tagli per ragioni di durata. L'ultima parola spetta a Giuseppe. Ho imparato più a lavorare con lui in un anno che abbiamo scritto, che in tre/sei anni di Centro Sperimentale di Cinematografia. Lui ha la scena dentro, la vedi mentre scrivi. Ha questo potere.

È la scena e tutti i personaggi. Lo ringrazio di questo. Ci tengo tanto che questo film sia accolto nella mia città perché penso che sia un po' un racconto di un momento che tutti noi conosciamo. Non solo di quattro ragazze di 25 anni che vivono un passaggio. Lo si vive in tutte le età. Penso che chiunque riesca a capire il sentimento che si prova quando una cosa bella finisce e, ora più che mai, in un momento in cui forse siamo tutti un po' più vicini – perché il dolore avvicina sempre un po' di più – ci tenevo in maniera ancora più forte".