cultura

Gianni Minà dialoga con Stefano Corradino: "Documento da cronista, vivo da protagonista"

giovedì 21 aprile 2016
di Davide Pompei
Gianni Minà dialoga con Stefano Corradino: "Documento da cronista, vivo da protagonista"

"Non è un giornalista. È un motore di ricerca". È sufficiente digitarne il nome, per trovarlo accanto ai protagonisti della storia. E Gianni Minà la storia l'ha vissuta e raccontata con "penna e voce inconfondibili", da testimone diretto dell'attualità. Dietro i baffi, cultura, politica, spettacolo e, su tutto, lo sport. È in questa veste, almeno, che si è raccontato mercoledì 20 aprile al Caffè Montanucci, ospite del Panathlon Club di Orvieto per l'annunciata iniziativa "Sessanta minuti con...Gianni Minà" e, in serata, al Ristorante Maurizio nella conviviale dei panathleti orvietani su "Le Olimpiadi di Rio: evento sportivo o business?".

Il "gigante dei nostri tempi" come lo ha affettuosamente definito la presidente del Panathlon Club di Orvieto Rita Custodi, al lavoro per l'organizzazione della seconda edizione del Premio Fair Play Città di Orvieto in programma per sabato 11 giugno, dal canto suo si è detto "affezionato a questa città". "Impegnata – ha ricordato la vicesindaco Cristina Crocenella diffusione dello sport di cittadinanza, inteso come inclusione, attenzione all'integrazione sociale e alle pari opportunità". Temi che, si confida, avranno il loro peso rispetto alla candidatura di Orvieto a "Comune Europeo dello Sport 2017".

Alla prossima edizione del Toronto International Film Festival, intanto, Gianni Minà porterà il documentario realizzato in occasione dell'incontro tra Papa Francesco e Fidel Castro. "Li abbiamo seguiti passo passo – ha detto, a colloquio con Stefano Corradinoe mi ha colpito il rapporto tra due icone, due uomini della storia. Fare il giornalista a questi livelli è il sogno che avevo da bambino". Mentre scorrono le immagini di trent'anni fa, rievoca l'incontro alle 7.30 del mattino con Robert De Niro. L'amico Bob, che doveva girare il finale di "C'era una volta in America". L'assistente Isabella Rosellini e, nello studio accanto, Fellini e la Masina. Otto, le edizioni dei Mondiali di Calcio raccontate. Sette, le Olimpiadi. La prima, a Roma nel 1960.

Gli inizi, un anno prima a TuttoSport di cui poi è diventano direttore. Il sacrificio mai finito di un mestiere "dove – dice – sono tutti esperti e tu, ambizioso e solo con i tuoi errori". Delusioni e maestri incontrati sul campo alla ricerca di "un pezzo che tiene il sangue, anche se significava togliere sonno alla notte e attenzioni agli affetti". Il ricordo di Pantani, "uomo fragile", quello di Maradona e Muhammad Alì, la timidezza di Troisi, "uno degli ultimi grandi comici insieme a Benigni", la riservatezza di Caponnetto, alla guida del Pool Antimafia. Verso tutti, l'attenzione alla componente umana.

E la consapevolezza che "lo sport è un affare economico, un business miliardario". Che si "gareggia per vincere, ma anche che si è disposti a tutto per gareggiare perché così vuole il mercato che indugia, morboso, sul gossip". "A me – dice – interessa sapere cosa c'è dietro. Spesso ci si approccia a un'intervista con la verità in tasca o con quello che si pensa possa essere vicino alla propria ideologia. Da quel colloquio, invece, arriva sempre qualcosa che non ti aspetti. La nostra generazione ha vissuto gli anni più belli, ha visto i film migliori, letto i libri più intensi.

Gli eroi, li abbiamo visti e vissuti da vicino, condivisi con l'entusiasmo. Non è merito nostro essere nati nel posto giusto nel momento giusto. Di tanto in tanto bisognerebbe ricordarselo: quale è la tua etica, la tua morale, il tuo senso del dovere? Lo sport, oggi, vive una crisi vera, così come certi settori della cultura come il cinema. Parlo da anziano, ma forse perché sono innamorato degli anni che ho vissuto. Ora avverto una certa carenza. Non vedo molta gente in grado di rappresentare un riscatto dell'essere umano, qualcuno che si avvii verso qualcosa di più accettabile di quello che stiamo vivendo".