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Da Trieste alla Sicilia passando per Orvieto: Repubblica.it celebra un'Italia sotterranea da scoprire

martedì 19 gennaio 2016
Da Trieste alla Sicilia passando per Orvieto: Repubblica.it celebra un'Italia sotterranea da scoprire

In questi mesi di emergenza inquinamento, c'è un'Italia che continua a non conoscere smog e traffico. È quella di sotto, il paese underground. Sono centinaia di chilometri sotto i nostri piedi che hanno le forme e gli usi più disparati: acquedotti, miniere, catacombe, rifugi. A volte sono anfratti naturali, altre sono opere dell'ingegno umano. Un mondo sotterraneo che, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, non ha mai smesso di avere una vita propria. Poi la ricostruzione aggressiva del Dopoguerra ne ha cancellato le tracce. Quest'Italia "in negativo" è tornata alla luce da qualche decennio e oggi sa di avere un grande appeal su turisti che decidono di non vedere il cielo per qualche ora.

La discesa inizia a Trieste, in pieno centro, dove c'è l'entrata alla Kleine Berlin (la piccola Berlino), il più esteso complesso di gallerie antiaeree sotterranee esistente. Costruito durante il secondo conflitto mondiale, il ricovero è composto dalla parte dedicata ai civili italiani e da quella occupata dai militari tedeschi. Suggestiva la zona italiana dove stalattiti e stalagmiti hanno preso il sopravvento creando una sorta di grotta naturale. Più che di una Milano sotto terra, sarebbe opportuno parlare di una Milano sott'acqua. Se non fosse che la maggior parte dei suoi canali - navigli e affluenti - sono tombati da tempo, ma parliamo di una rete vasta 250 chilometri. Dalla frenesia meneghina si può comunque scappare. A Piazza Missori, ad esempio, sotto un rudere apparentemente di poco conto, si nasconde la cripta di San Giovanni in Conca, l'unica di origine romanica della città con una volta a crociera retta da diciotto colonne. Di leggende e di passaggi segreti sarebbe pieno il Castello Sforzesco. Uno, in particolare, quello che arrivava fino alla Basilica di Santa Maria delle Grazie: pare fosse usato da Ludovico il Moro per far visita alla tomba della moglie. Più recentemente - fine anni '90 - si parlò del tunnel della basilica come deposito dell'armeria segreta della Gladio.
Da Trieste alla Sicilia, un'Italia sotterranea da scoprire

Le viscere di Torino sanno di patriottismo, con il racconto del soldato-eroe Pietro Micca, morto a seguito di un'esplosione per contrastare un attacco francese. L'entrata delle gallerie - volute da Emanuele Filiberto di Savoia e conosciute come la "Cittadella" - è proprio dal museo civico a lui dedicato. Quattordici chilometri che si susseguono a più livelli, un tempo usati come serbatoio di polvere da sparo. C'è poi la Torino esoterica, quella che favoleggia degli esperimenti alchemici sotto Palazzo Madama, dei tunnel che univano i palazzi aristocratici. Il più famoso di tutti sarebbe quello della Galleria Reale, da Torino a Rivoli, tanto ampio da poter essere percorso in carrozza.

Altra città del Nord profondamente legata all'acqua è Bologna. Della fitta rete di canali una volta esistenti, rimangono i nomi delle vie. L'Associazione "Amici delle vie d'Acqua e dei Sotterranei di Bologna" organizza visite guidate che consentono di ripercorrere gran parte dei canali ipogei, in particolare lungo il percorso del torrente Aposa e il canale di Reno, l'acquedotto che i bolognesi costruirono nel XIII secolo, non per l'acqua potabile, ma a fini industriali.

Siena, poggiata su tre colli, ha sempre avuto problemi di approvvigionamento delle acque. Da qui la costruzione dei bottini, gallerie scavate nella sabbia, quasi tutti percorribili a piedi, che raccolgono le infiltrazioni delle acque piovane e la trasportano alle decine di fonti medievali sparse per la città. Alimentate da una rete di venticinque chilometri di gallerie, queste sono ancora oggi funzionanti e hanno rappresentato l'unica fonte di acqua potabile fino alla Grande Guerra. Proprio su una di queste fonti, quella della Pescaia, è nato il Museo dell'Acqua, un allestimento multimediale dove ascoltare le testimonianze degli anziani della città sul sistema idrico sotterraneo. L'Umbria è al centro di un gran lavoro di recupero e promozione della sua parte celata e ha in Orvieto e Narni i migliori biglietti da visita. La prima, che svetta su una rupe, come sospesa tra cielo e terra, ha un sistema sotterraneo costruito nel corso di tremila anni di storia, che conta oltre mille cavità, a partire da quelle del V secolo a. C con le cisterne etrusche. Di epoca medievale sono invece i "colombari", scavati dagli antichi orvietani appena dietro le pareti esterne per allevare, nelle piccole nicchie, i piccioni, tuttora piatto classico della cucina locale. Capolavoro di ingegneria tardo rinascimentale è poi il pozzo di San Patrizio, profondo oltre cinquanta metri. Singolare la trovata architettonica della doppia rampa elicoidale, che permetteva ai muli utilizzati per il trasporto dell'acqua di non ostacolarsi nel doppio senso di marcia.

Più a sud, a Narni, alla fine degli anni Settanta, un gruppo di giovani speleologi - conosciuti come la banda del buco in paese - riporta alla luce un tesoro sotterraneo che va dai tempi della Roma imperiale all'ango- sciosa visione medioevale delle segrete della Santa Inquisizione, con la sala dei tormenti, passando per i bellissimi affreschi del XII secolo di una piccola chiesa del convento di San Domenico.

Anche il solare Sud ha il suo lato oscuro. Matera, ad esempio, è tutto un vuoto e un pieno. I famosi "Sassi" hanno ingresso all'esterno, ma loro vita è fondamentalmente ipogea. Prova ne sia il ritrovamento a fine anni Novanta, sotto piazza Vittorio Veneto, del Fondaco di Mezzo (l'antico mercato) e il Palombaro Lungo (una grossa cisterna per la raccolta dell'acqua). Luoghi magici sono le chiese rupestri: San Pietro Barisano; Santa Lucia alle Malve, primo insediamento monastico femminile benedettino; la cripta del Peccato Originale - a pochi chilometri da Matera -- conosciuta come la Cappella Sistina dell'arte rupestre per il ciclo di affreschi risalenti al IX secolo.

Il filosofo Walter Benjamin la definì la città porosa. La Napoli che conosceva era unità di uomini e pietre. Dalla fondazione di Neapolis da parte dei greci fino ai rifugi antiaerei durante la Seconda Guerra Mondiale, la città ha tenuto traccia di tutto nelle sue cave di tufo giallo. E oltre all'acquedotto e al teatro, entrambi di epoca greco-romana, è possibile visitare il Museo della Guerra, la stazione sismica "Arianna" e gli orti ipogei: piantine di basilico, rosmarino e fragole crescono lontane dallo smog.

I palermitani conoscono bene lo scirocco, il vento caldo dell'Africa. Nelle famiglie agiate del XVIII secolo vi era l'abitudine di scavare grotte sotto i palazzi nobiliari per ripararsi dalla calura. Sono le "camere dello scirocco" che hanno al centro un pozzo per refrigerare l'aria o tutt'intorno un "qanat" (condotta in arabo). Aii tempi della "villeggiatura" queste stanze erano i primi, rudimentali, condizionatori d'aria.

 

Fonte: Repubblica.it