cultura

Porte aperte alla Chiesa del Crocefisso del Tufo. Fra culto, tradizione e mistero

lunedì 14 settembre 2015
di Davide Pompei
Porte aperte alla Chiesa del Crocefisso del Tufo. Fra culto, tradizione e mistero

Grande poco più di una nicchia, misteriosa e remota come una grotta. Deve il suo nome a una croce incisa nel tufo, all'interno di una cappella rupestre. E, a sua volta, lo conferisce alla vicina necropoli etrusca. Fu un autore del Cinquecento, rimasto anonimo, ad incidere un crocifisso come simbolo di devozione e creatività nel cuore del masso su cui poggia l'intera città.

Ricavandone quella che è nota come la Chiesa del Crocefisso del Tufo o – forse non da tutti – Cristo delle Ortiche, situata ad ovest, poco distante da quella della Madonna del Velo, raggiungibile attraverso il suggestivo percorso pedonale che scende da Porta Maggiore o da Piazza Generale Cimicchi, lungo l'anello intorno alla Rupe, che costituisce il Parco Archeologico e Ambientale dell'Orvietano.

Territorialmente appartenente alla parrocchia di Santa Maria della Stella e San Pietro Parenzo di Sferracavallo, ma evangelicamente utilizzata come "chiesa filiale" dalla parrocchia di San Giovenale, in occasione della Festa del Santissimo Crocifisso, la chiesetta caratterizzata da pianta circolare coperta da volta a cupola e allargata da due piccoli vani, tornerà ad aprire le sue porte per ospitare i fedeli.

È qui, infatti, che come da tradizione lunedì 14 settembre alle 17.30 sarà celebrata la santa messa seguita da una piccola merenda fraterna, confidando nella clemenza meteorologica. Se per la Chiesa, la ricorrenza coincide con l'Esaltazione della Santa Croce – emblema della commemorazione, appunto, il crocifisso – ad Orvieto è sinonimo di antica devozione.

Riaperta ufficialmente al culto solo nel 2002, ad essa è legata la leggendaria storia documentata sull'epigrafe posta all'interno. Rimanda ai tempi di lontane invasioni e racconta di un soldato che, accusato di furto e omicidio, una notte si gettò dalla rupe.

Sul punto di cadere, invocando il crocifisso che portava al collo, rimase però indenne dopo un volo di circa 30 metri. Riconciliatosi quindi con la comunità locale, scolpì la sacra immagine nella roccia con le proprie mani, vivendo poi il resto dei suoi giorni come asceta in quel luogo. Che, una sola volta all'anno, torna a riempirsi.