cultura

L'Unitre di Orvieto a lezione di meteo da Daniele Mocio. Tra scienza, falsi miti e mezze stagioni

martedì 24 febbraio 2015
di Davide Pompei
L'Unitre di Orvieto a lezione di meteo da Daniele Mocio. Tra scienza, falsi miti e mezze stagioni

L'estate più torrida degli ultimi duecento anni – quella che, puntuale, arriva ogni anno – anche se poi la misurazione avviene in maniera scientificamente attendibile solo da ottanta a questa parte. La nevicata del '56, resa immortale nel '90 a Sanremo, grazie alla canzone firmata da Franco Califano. Inverni miti e miti intorno agli inverni, ma anche schizofrenie climatiche che, al pari dell'umore umano, segnano repentine variazioni anche nelle stagioni, alternando fasi di siccità a piovosa insofferenza dovuta al protrarsi di un fenomeno persistente come l'umidità.

Se a febbraio fa freddo, non c'è da stupirsi. Ma allora perché tanta attenzione nel "guardare ogni giorno, se piove o c'è il sole per saper se domani si vive o si muore"? A chiarire gli aspetti scientifici della questione che tanto appassiona il popolo italico, sabato 21 febbraio nella Sala Incontri "Maria Teresa Santoro" di Palazzo Simoncelli, è uno che il Belpaese è abituato a scrutarlo, da nord a sud, isole comprese, osservando venti e mari. Trattasi del tenente colonnello dell'Aeronautica Militare Daniele Mocio, volto noto dei segmenti meteo della Rai e di trasmissioni come "Uno Mattina" e "La Vita in Diretta", che ha fatto delle previsioni del tempo il suo lavoro.

A lui, è affidato l'incontro mensile di approfondimento dell'Università delle Tre Età di Orvieto introdotto dal presidente Riccardo Cambri, dal vicepresidente Alberto Romizi, dalla vicesindaco Cristina Croce, dal sindaco Giuseppe Germani e dalla presidente onoraria Iva Barbabella. Tema da declinare, come annunciato, "Ci sono ancora le mezze stagioni?". La differenza nel punto di osservazione è un po' la stessa che passa tra astronomia e astrologia. Sgombrato il campo da dicerie e oroscopi cinesi, in attesa della primavera – mezza stagione per definizione – il meteorologo si dimostra a suo agio di fronte al numeroso pubblico della famiglia Unitre, ambiente accogliente anche per chi non è proprio di casa che negli ultimi mesi sta conoscendo un rilevante e fecondo attivismo.

Sfoggia inglesismi, ma non disdegna l'accento laziale. "Mi definisco etrusco – esordisce – metà del mio cuore è orvietano, metà viterbese. Le previsioni che dico in tv non le leggo, le faccio. E non le improvviso. Sono quello che statisticamente ci aspettiamo, sulla base di calcoli, e quello che meteorologicamente può arrivare. Presentano, comunque, errori dovuti a imperfezioni che possono essere contenuti grazie a modelli probabilistici. Le condizioni di suolo, mare e stratosfera e i processi atmosferici dinamici sono elementi predittivi per le previsioni su scala mensile".

"Il clima – puntualizza, poi – è quello che ti aspetti, il tempo è quello che ti prendi. Una differenza che si è fatta mediatica. È un problema di comunicazione, e per alcuni, di attirare attenzione su un fenomeno banale come un temporale chiamandolo con la definizione apocalittica e infondata di bomba d'acqua o battezzando gli anticicloni Scipione, Lucifero e Caronte. Senza sensazionalismo, il clima non sta cambiando. Almeno non alla rapidità con cui si vuole far credere. Abbiamo, semplicemente, la memoria troppo corta. Le mezze stagioni, non sono mai esistite.

In meteorologia, tutto avviene per differenza di temperatura e le stagioni sono due: quella fredda, invernale, e quella calda, estiva. Il passaggio dall'una all'altra non avviene in modo netto, ma come fase di transizione tra due regimi molto differenti. Esiste un periodo instabile in cui l'inverno cede il passo all'estate e viceversa. In ogni caso, ogni anno in modo differente e mai in maniera netta il 21 marzo o il 23 settembre. Il caldo insolito registratosi all'inizio di ottobre del 2011 c'era già stato. Anche se non lo ricordiamo, tra le estati più torride ci sono quella del 1998 e, ancora, prima nel 1982. La latitanza delle mezze stagioni, insomma, non è notizia 'fresca'.

Perfino Giacomo Leopardi annotava che '...qui in Italia è voce e querela comune che i mezzi tempo non vi sono più...'. La celebre estate del 2003 è stata la più lunga, ma non la più calda. Solo che non sappiamo quantificarlo. Fotografie e filmati di trombe d'arie e fulmini che presagiscono il temporale sono cosa recente. Prima erano solo i marinai a monitorare il mare, i contadini a osservare la grandine distruggere il loro raccolto. Sulle alture della Sicilia, è sempre nevicato. Ma fa notizia solo ora. I primi osservatori furono i monaci benedettini che nei monasteri catalogavano ciò che vedevano.

Sono le conseguenze ad amplificare la percezione del tempo. Dopo le alluvioni, ci siamo improvvisamente resi conto di quanto sia fragile il territorio e importante la sua cura. Valutazioni e responsabilità di disastri e dissesti idrogeologici competono ad altri. Ad eccezione del fulmine, non si muore di maltempo. È raro, inoltre, che l'Aeronautica Militare non preveda 24 ore prima eventi impattanti. Collabora quotidianamente con la Protezione Civile. Esistono due tipologie di allerta. Una meteo, vera e propria. E una di protezione civile. La prima tiene conto solo dei fenomeni atmosferici, la seconda dell'impatto che i fenomeni hanno sul territorio, grazie anche agli idrogeologi. 

Dal riscaldamento globale all'effetto serra passando per lo spostamento del Niño, la confusione è tanta. E le imprecisioni, frequenti. C'è differenza tra aria siberiana e aria di origine siberiana e tra professionalità e intrattenimento di costume. Tra l'osservazione degli agenti atmosferici e il parlare del tempo come buon viatico per iniziare un discorso. Raramente le applicazioni presenti sugli smartphone sono veritiere, le mappe che si spacciano per iper-precise hanno in realtà maglie del reticolo molto ampie. Per dirla con Victor Hugo "Niente cambia di forma come le rocce, se non le nuvole".