cultura

Fiorello fa "volare" Orvieto in Sicilia. E il Mancinelli canta Modugno

venerdì 20 febbraio 2015
di Davide Pompei
Fiorello fa "volare" Orvieto in Sicilia. E il Mancinelli canta Modugno

Davanti a tutti, si vergognava. Chiuso in bagno, di fronte allo specchio, giocava con il suo sogno d'attore. Il bambino che non parlava mai – unico timido, in mezzo a una famiglia di brillanti – è cresciuto. E sul palco ora c'è un uomo. Intenso e leggero, solido e autentico. Dell'infanzia ha conservato tenerezza e poesia. Della sua Sicilia, l'accento a più voci. A Orvieto mancava dal 2003, quando insieme ad Alessandro Gassman calò il sipario sulla stagione teatrale con il giallo "Delitto per delitto".

Ha tutte le sfumature del blu-dipinto-di-blu, invece, lo spettacolo "Penso che un sogno così..." che Giuseppe Fiorello scrive a quattro mani con Vittorio Moroni e che, per la regia di Giampiero Solari, porta in scena mercoledì 18 e giovedì 19 febbraio al Teatro Mancinelli. "All'inizio – confesserà, alla fine, congedandosi grato dal pubblico che non smette di applaudirlo – avvertivo compostezza ed austerità. Poi, il silenzio è diventato energia. Questo teatro è un gioiellino. Tenetelo con cura! Hai visto mai che, di questi tempi, decidessero di aprirci un supermercato o un nightclub".

Sul palco, Fiorello si moltiplica. È voce narrante, primo e unico attore. Voce solista che non disdegna passi di danza. Parla alla platea che ne origlia i ricordi di famiglia, a Mimì che tutto ha ispirato e al picciriddu muto e invisibile che è stato e gli è accanto. C'è lui, suo padre Nicola e Modugno. Il disco ricevuto in dono dal burbero lupinaro e il 45 giri aggiudicatosi all'asta dal battitore con la faccia di porco. È bello, al contrario, il ragazzo del sud con i baffetti da moschettiere e gli occhi pieni di speranza che canta per gli amici operai in ferrovia. Sotto i balconi. Appresso ai sogni. In lambretta, a vedere il golfo. O guidando verso la vacanza, con la sigaretta in mano, l'Opel beige a tre marce dove stipa moglie, bagagli e quattro figli.

Sessanta chilometri in cinque ore per raggiungere le risate sdentate della nonna, la zia che spadella cicoria, il cugino "Sceriffo" che ha più femmine di Toni Manero. Quello che succede a casa Fiorello è quello che canta Modugno. E viceversa. Tre quinte scorrono, due chitarre – Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma – accompagnano, discrete. E il racconto si fonde con note che profumano di limoni. Mentre i grilli popolano la vallata su cui si accendono le stelle di Van Gogh. Per bocca di Totò, si rincorrono in un disegno luci raffinato e con installazioni video evocative le nuvole di Pasolini, le storie dei minatori, i siti archeologici distrutti, le foto di un'epoca.

Sa di estate romana e di appuntamenti mancati per andare al mare con la moglie Franca, la storia di Mr Volare che canta in dialetto – la maschera da siciliano, al suo paese salentino c'è chi ancora non gliel'ha perdonata – per arrivare in Francia, negli Stati Uniti, e traghettare l'Italia nel boom economico. Non cede all'imitazione della voce tonda e nasale, studiata maniacalmente per la miniserie in due puntate "Volare. La grande storia di Domenico Modugno" andata in onda su Raiuno nel 2013 - giusto di lunedì 18 e martedì 19 febbraio - l'uomo in frac che per oltre due ore intona, meraviglioso, un repertorio sconfinato.

Le luminarie della festa di San Giuseppe patriarca, intanto, riportano a casa Joe Conforte che ogni anno fa suoi i tre metri di bastone al torrone. Guidando taxi oltreoceano e offrendo protezione alle signorine, sotto il nome di "Mustang Ranch", il compaesano finisce per fondare il primo bordello legalizzato. Fuori e dentro, cala inatteso il buio quando la morte bussa alla porta. La giacca carta da zucchero indossata a Sanremo, arriva allora come un dono postumo a farsi corazza di maturità. Forza ed emozione, nelle tante storie raccontate. Tre, su tutti, i protagonisti. Uno, vivente, da applaudire. Mille, i violini suonati dal vento.