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Turismo e Cultura, il manifesto di Bizzarri: “Idee e progetti ci sono, basta cooperare e lavorare in modo serio per ridare a Orvieto il ruolo che si merita”

domenica 17 agosto 2014
di Claudio Bizzarri - Direttore del Paao
Turismo e Cultura, il manifesto di Bizzarri: “Idee e progetti ci sono, basta cooperare e lavorare in modo serio per ridare a Orvieto il ruolo che si merita”

Avevo già in mente di inserirmi nel dibattito relativo al turismo orvietano ma ora che l'amico Anselmi mi ci tira dentro per i capelli (pochi), non ho via d'uscita. E lo faccio con ordine, almeno ci provo, e per gli aspetti che mi competono e sui quali ho qualcosa da dire: PAAO, Carta Unica ed altro ancora.

Non entro in merito all'autogrill (che fatturerebbe più del pozzo di San Patrizio probabilmente), ma mi trovo d'accordo sul significato del messaggio espresso dall'assessore Gnagnarini: Orvieto merita di più..........ma, come nelle migliori famiglie, se lo deve guadagnare. In che modo? Per una volta fatemi partire da una delle soluzioni possibili e non dall'analisi della situazione (che comunque vi tocca, ma dopo): una delle vie è mettere in campo una progettazione seria e rivolta a quelle fonti che oggi sono rimaste le uniche disponibili, i fondi comunitari, variamente supportati dal cofinanziamento che può essere garantita, ad esempio, da una Fondazione CRO, un pool di privati, un'esperienza di crowdfounding (donazioni di privati a sostegno di uno specifico progetto).

Per questa soluzione però sono importanti i dubbi espressi da Anselmi e relativi ad un'attenzione regionale che, per Orvieto - ed il suo territorio, si badi bene - è mancata a più livelli (e non è una scoperta dell'Età del Bronzo, ma un fatto dinnanzi agli occhi di tutti). E' quindi forse da suggerire la formazione di una squadra di tecnici che potrebbe di certo aggirare i difficili scogli che sono da sempre i bastoni fra le ruote di idee buone sulla carta ma pronte ad incepparsi nella messa in opera effettiva sul campo (individuazione dei bandi, progettazione valida e condivisa, rendicontazione ineccepibile, mancata rapidità nelle varie procedure richieste, dialogo coi tecnici regionali). Tutto questo deve essere supportato, ovviamente (ma l'ovvietà non deve essere data per scontata) da un sostegno politico fattivo e di prim'ordine, affidato a quei soggetti che hanno caratteristiche corrispondenti ai problemi da risolvere (caratteristiche che non sono solo squisitamente "tecniche" in questo caso).

A questo riguardo rimando all'attività di un comune piccolo come Parrano, che si è dimostrato molto attivo ultimamente e con risultati eccellenti (mi scuso con il sindaco ed amico Tarparelli, se lo chiamo in causa. ma......mal comune mezzo gaudio). Dal titolo che ho dato a questa comunicazione che, per le mie corde, è già troppo lunga ma non ancora giunta a termine, Turismo e Cultura devono andare a braccetto con un terzo settore - sempre culturale a mio avviso, anche se a qualcuno si inarcheranno le narici in un moto di lesa nobiltà - che è quello delle eccellenze eno-gastronomiche (la consigliera Timperi mi perdonerà l'uso del termine "eccellenze" sul quale abbiamo discusso ferocemente non molto tempo addietro): perché venire ad Orvieto se non trovo anche prodotti equivalenti al pecorino di Pienza, al lardo di Colonnata, allo speck trentino e via dicendo. 

O meglio, ricalibro il tiro, perché venire ad Orvieto e non fermarcisi (ecco il vero cruccio dell'assessore al bilancio) per qualche giorno? Di eccellenze paragonabili a quelle elencate prima ne abbiamo da vendere - e non è un gioco di parole - dai formaggi caprini, alla sella di San Venanzo, ai tanti buoni vini che grandi e piccoli produttori sperimentano con l'ausilio di enologi di grido e tanto altro. Il ruolo della condotta Slow Food in questo settore gioca un ruolo primario - una condotta condotta, mi si permetta la ridondanza alla quale non ho saputo resistere, con un entusiastico pugno di ferro da Carla Lodi, responsabile già da tempi non sospetti - e che vede nel suo direttivo anche quei produttori che sono il nostro vanto e nobilitano realtà talora piccole ma di pregio assoluto che non temono confronti con più blasonate produzioni.

Il tentativo è quindi deve essere volto all'individuazione della specificità di un territorio con un moto d'orgoglio deve venire in primis da chi il territorio lo vive e ci vive, parola di PAAO. Infatti proprio questo organismo, da potenziare, riflette su quell'enorme patrimonio che il decreto che prende il nome dal ministro dell'epoca, Urbani, denominava, oltre che culturale, come etno-demo-antropologico, tutto il "cucuzzaro" quindi. Guarda caso ci sono contatti con imprenditori che vorrebbero esportare da noi progetti già testati in Toscana e con l'assessora alla Cultura, Martino, ci stiamo lavorando: è un'occasione da non perdere - ma questa è un'altra storia - un connubio fra archeologia e territorio, enogastronomia ed arte, spalmato in più giorni. Infatti, sempre per rimanere in tema, non ci dimentichiamo che l’Italia può vantare il primato, tra i Paesi dell'Unione Europea, come numero di prodotti riconosciuti con la qualifica di Denominazione d’Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG)....... e da noi ci si comporta bene. Con l'assessora sono inoltre in programma visite ai comuni afferenti al PAAO per studiare strategie collettive, contattando anche quelle amministrazioni che ancora non ne fanno parte per far capire loro quali sono le potenzialità insite in una rete; si procede quindi step by step.

Pensare che il PAAO sia l'Anello della Rupe è riduttivo (torno ad Anselmi), anche se spesso l'anello è una sorta di biglietto da visita per chi arriva ad Orvieto e anche per chi ci abita; i cassonetti vanno vuotati, l'erba tagliata (è stato fatto) e le cartacce e bottiglie di plastica raccolte (veramente non vi andrebbero buttate proprio e qui ci starebbe bene una tirata d'orecchi a quei fruitori dell'anello che proprio civili non sono; magari oltre all'IPhone con cuffiette sarebbe bene portarsi dietro anche un piccolo zaino nel quale riporre i propri rifiuti .- o magari raccogliere quelli che si notano in giro - da buon speleologo ricordo che è quello che ci insegnavano a fare in grotta i "vecchi", nel caso che qualche collega fosse stato meno corretto). Chi visita la nostra città lo fa in tante maniere diverse e con tante tasche diverse.

A questo proposito trovo giuste anche le indicazioni date dal M5S; si sono un buonista, dò ragione a tutti coloro che se lo meritano e non me ne vergogno, anzi....... soprattutto se il titolo è ben studiato: il turismo non va sacrificato sull'altare del bilancio e, se avete fatte vostre le mie indicazioni, avrete capito che turismo si coniuga a molto altro. Relativamente alle tariffe da applicare ai bus coi quali i gruppi ci vengono a trovare hanno ragione, non sono in effetti tutti uguali e non devono essere equiparati; facilitiamoli, non creiamo barriere trincerandoci dietro la scusa di "Orvieto città unica" (non dimentichiamo che l'UNESCO non accetta più candidature di centri storici, ce ne sono troppi e tutti con le proprie unicità reali o presunte che siano). Lo dico anche da fruitore/professore, per i miei studenti coi quali vivo ad Orvieto ma giro l'Italia.

Ad esempio non ho mai trovato una soluzione, tipo Carta Unica, che potesse darmi gli stessi vantaggi: le risorse di carattere monumentale sono state messe a regime da questa associazione nel corso degli anni e non esiste realtà italiana ad essa comparabile (ce la invidiano, anzi): si tratta di un'offerta della città in forma conveniente e moderna, un incentivo - guarda caso - a rimanere o a tornare, dato che la Carta non ha scadenza temporale e che le cose da visitare sono tante e di qualità. Un piccolo miracolo creato con la collaborazione e la volontà precipua dell'amministrazione, di enti, dello Stato e di privati - ecco perché si tratta di una mosca bianca. Ora toccherebbe anche alle infrastrutture fare la loro parte per favorire un maggiore afflusso che, in termini economici, significa un maggior apporto di ricchezza.

Parlando di studenti mi è venuto in mente il CSCO - si, ci metto anche questo ulteriore tassello - che ha contribuito negli ultimi anni, sia in forma attiva ma anche inconsapevolmente (ma molto, molto efficientemente) a veicolare l'immagine di Orvieto, quella bella e forse talora stucchevole, nel mondo. Per dovere professionale ho modo di verificare quanto il passa parola abbia effetto sui social media, come le foto di Orvieto passino - senza alcun costo per la città - fra le mani virtuali di migliaia di individui, che commentano e rappresentano i probabili visitatori del futuro. Se ti trovi bene in un posto, se ci studi e/o lavori, ci torni e ci fai andare amici e parenti: si tratta di una pubblicità a costo zero. E qui potrei inserire i problemi relativi alla comunicazione, elemento imprescindibile per chi si vuol promuovere, ma già vi ho tediato abbastanza, sarà un altro capitolo a parte.

E' più che auspicabile l'istituzione di un tavolo di confronto (si, è vero, di tavoli ne sono stati aperti tanti in passato che correrebbero da piazza Cahen sino al pozzo della Cava - fra l'altro un ulteriore esempio di buona gestione di un bene culturale; Marco Sciarra, si, sei caduto anche tu nel mirino del mio fucile, meno male che la mia vista non sia eccellente). Il tavolo deve essere aperto e chi ci vuol stare ci sia, altrimenti fuori; mettersi in gioco, soprattutto in periodi di crisi, è la soluzione migliore, soprattutto quando altri sono in affanno. E non vuole essere una spietata soluzione del tipo "mors tua, vita mea", ma addirittura un'indicazione che porti a legami con aree contermini, in quanto l'unione fa la forza (apprezzate il fatto che non abbia usato il termine "sinergia"). Ma ci vuole la consapevolezza di quanto sia necessaria una regia, difficile, ma con obbiettivi che devono essere - ora uno s'aspetterebbe di leggere la classica parola finale: "chiari" - no........eventualmente rimodulabili. Elasticità si ma supportata da capacità di management dei beni culturali, in tutte quelle accezioni con le quali vi ho finora annoiato e nelle quali ci voglio ora aggiungere anche le produzioni artigianali!

Un pallino dell'amico Carlo Perali e della sua associazione che si vorrebbe spendere per fornire una vetrina anche a questo comparto. Tutto quanto sopra esposto forma la specificità del territorio, una carta d'identità che al posto di blocco dei finanziamenti comunitari non viene guardata con sospetto dal gendarme di turno, ma serve anzi come lasciapassare, come "identità" appunto, di un dato areale. Compito difficile e complicato, lo capisco, ma ci sono le capacità, ci sono i beni materiali ed immateriali, c'è un assoluto bisogno di cooperare. Sembrerà retorica ma è fattibile, presupposto che ci si sganci da gioghi - o giochi? interessante ambivalenza di termini - di varia natura che non producono ma ingessano e sono solo un peso sui colli esausti di un territorio che ha la nobiltà di una chianina. Spero d'essere stato chiaro e rubo/adatto una frase di Pier Luigi Leoni: mi fermo qui, non vorrei che queste idee fossero interpretate troppo di sinistra e che quindi, in realtà, ciò possa rappresentare un ostacolo.