cultura

Le cose che pensano: alunni e alunne della 1H della Scuola Media Signorelli di Orvieto raccontano gli oggetti di una città

lunedì 28 ottobre 2013
Le cose che pensano: alunni e alunne della 1H della Scuola Media Signorelli di Orvieto raccontano gli oggetti di una città

In questa rubrica, che ruba il titolo a una canzone di Lucio Battisti, continuiamo a pubblicare i risultati di un lavoro svolto nell'anno scolastico 2012-2013 dalla classe 1H della Scuola Media Signorelli di Orvieto sotto la guida del Prof. Andrea Caponeri. Vi troverete, speriamo, un piccolo ma sorprendente quadro di Orvieto, ma anche un bel pezzo di anima di questi splendidi ragazzi e ragazze di appena 11 anni, più o meno. In questa ultima puntata anche il professore, insieme ad alunni e alunne, ha scritto il suo testo.

LA SCULTURA SULLA TORRE DEL MORO
BENEDETTA MENCHINELLI, 1H a.s. 2012-‘13 

Il professore ci ha portato per le vie di Orvieto a vedere con i nostri occhi quello che ci circonda. Io ho deciso di descrivere un oggetto che si trova attaccato sulla Torre del Moro, nel quartiere dell'Olmo. E' una specie di statua dove c'è raffigurato un leone. Ha molte rifiniture, è fatta in pietra molto resistente di un colore abbastanza opaco. Ci sono più figure nelle diverse sculture, a parte quella che voglio descrivere.
La figura che mi ricordo meglio è un'oca a becco aperto. Il leone ruggisce maestoso su due zampe e tiene due lance appuntite, una con la punta verso il basso e l'altra verso l'alto. La figura è un rilievo e ai lati è molto lavorata con dei movimenti ondeggianti che si piegano su se stessi un paio di volte; questi movimenti vanno dall'alto fino in basso alla statua. In alto e in basso ci sono disegnati altri due leoni, ma a differenza del principale, non si vede tutto il corpo degli animali, bensì solo il muso, anche se molto grande. Gli si intravedono i denti affilati e la lingua. 
Fuori dalla statua ci sono alcuni spilli appuntiti in ferro per non farci salire i piccioni che svolazzano felici. Secondo me questa scultura è lì da molto tempo e potrebbe aver dato l'ordine di costruirla un re per qualche motivo di quel tempo.

GESU' NEL QUADRO
GAIA SANGIOVANNI, 1H 2012-‘13 

In un immenso angolo di città, appeso alla torre del Maurizio, si scorge un quadro di forma rettangolare, con qualche rifinitura un po' ricurva.
E' probabilmente di marmo, e se toccato da l'impressione di tanti riccioli gelati dal freddo invernale.
Se lo guardo vedo Gesù con in mano la croce, e con l'aureola in testa.
Sul volto ha una espressione di tristezza, indossa dei vestiti rossi e blu che con il tempo l'umidità ha sbiadito.
Questo affresco è molto grande e sicuramente molto pesante.
Non ha sapore, ma con il tempo ha preso l'odore del muro che per molti anni l'ha ospitato.
I suoi particolari più interessanti sono i ghirigori e le bocche di leone sui quattro angoli.
Viene usato come attrattiva per i turisti.
Ma può essere anche usato come monumento storico-religioso.

IL DUOMO
JAKUB STEFANSKI, 1H, 2012-‘13 

Le scale del Duomo d'Orvieto sono molto vecchie e servono a far esaltare il Duomo.
Sono fatte di pietre di diversi colori scuri come per esempio il nero o il grigo con delle sfumature bianche qui e là, e c'è pure un po' di muffa.
Intorno al Duomo ci sono delle gelaterie e dei bar dove, d'estate, le persone comprano da mangiare cose come patatine, gelati e panini, e delle bevande come cola, fanta ecc... e si siedono sulle scale del Duomo.
Intorno alle scale ci sono delle pedane anche queste fatte come le scale.
Il Duomo è una struttura fatta di marmo, però è molto decorata sulla facciata principale e dentro ci sono dei arcangeli.
Dentro al Duomo ci sono tante opere d'arte e delle cose che servono al vescovo per fare la messa.
Il Duomo è stato costruito nel 1200 D.C. (intorno) e le strisce sono bianche e nere.
Perche è stata fatta in collina?
Forse per difendersi dai nemici?

SCATOLONI
ANDREA CAPONERI 

Stanno lì, in pieno Corso, accanto a un contenitore della spazzatura, di quelli fighetti, con l'imboccatura stretta, cosicché le cose ingombranti devono per forza restare fuori. Ecco perché restano lì (accanto, e non dentro), le scatole di cartone che hanno risvegliato la mia attenzione. Impilate, una dentro l'altra, sembrano aspettare, cosa di preciso non saprei. La più grande, bianca, alla base, accoglie le altre. Sopra ce n'è una un po' più piccola, gialla, con la scritta rossa, che a sua volta ne contiene altre due, più piccole ancora, quasi fossero matrioske russe.
Fino a qualche ora fa erano ancora nel giro, quello più importante, erano un tassello dell'economia, della vita pratica e concreta di una moltitudine di gente: contenevano merce, servivano a qualcosa. ERANO qualcosa.
Le scritte ai lati potrebbero forse svelare qualcosa della precedente esistenza: la più grande, alla base, ha una scritta bianca su campo rosso, a sua volta su campo grigio: "BERNINI". Non so cosa sia, ma sopra c'è un timbro di scadenza che avverte che il contenuto va consumato entro il 30/7/'14, presumo quindi che si trattasse di merce non molto deperibile, ma vai a sapere cosa... La scatola interna, quella "media" gialla, è già più familiare: la scritta rossa GORDON'S GIN non lascia spazio a dubbi. A quest'ora il contenuto di qualcuna di quelle bottiglie sarà già nei coktails di qualche bar, a rendere più forte l'aperitivo prefestivo di qualche orvietano.
Di nuovo mistero attorno alla scatole più piccole, quelle verdi: la scritta bianca, sul lato e sul fondo, reca l'immagine di uno stambecco (o di un cervo? Non li ho mai saputi distinguere...) e la scritta "LA FORESTA". Un'altra scritta in oro, sull'altro lato, riporta: "LA FORESTA IN TAVOLA", e questo è già un bell'indizio: è qualcosa da mangiare. Ma cosa, esattamente? Salumi di cerbiatto? Qualche bacca di montagna? Mi chiedo perché proprio "LA FORESTA". La ditta, dice ancora un'altra scritta sulla scatola, è di un paesino in provincia di Mantova. Che foreste avranno mai da quelle parti? E quindi: perché FORESTA, e non BOSCO? Per l'idea di selvatico, di incontaminato, o semplicemente per amor di lontananza?
Mentre sono immerso in questi pensieri, vengono a bussare lontani ricordi. I miei genitori fino a qualche anno fa avevano un negozio di generi alimentari, e di scatole simili a queste in quarant'anni di lavoro ne avranno spacchettate e impilate a milioni. Ricordo mia madre che prendeva un taglierino affilato e con gesto rapido, preciso ed esatto, riduceva le scatole grandi a tante listarelle di cartone, che poi disponeva in una scatola grande, a ridurre spazio.
Non c'era ancora la raccolta differenziata, ma mi ricordo che quando ero bambino passava per il negozio un tizio che a suo modo la faceva. Portava con sé un carretto di legno con due grandi ruote, e ci metteva sopra tutto il cartone che trovava fuori dai negozi, poi lo portava in un centro di raccolta di materiale di recupero, un magazzino a San Giovenale tenuto da un certo Trentavizi (nome alquanto peccaminoso) che gli dava un tanto al chilo. Questo Trentavizi, si diceva, una volta si presentò alle elezioni comunali, ma prese un solo voto, il suo. Neanche quello della moglie, che infatti quella sera se la vide brutta, pare. Comunque, il tizio del carretto praticamente campava con la raccolta del cartone, era poverissimo, ma si aggirava per le vie con una sua certa dignità. Si chiamava Nazzareno, e, in omaggio al nome, era anche lui un povero cristo. Lui però, pomposamente, ci teneva a farsi appellare con il titolo di "Industriale del cartone". Noi bambini ci ridevamo sopra quando lo diceva, non intuendo che dietro a quel suo scherzo si nascondeva, forse, un certo legittimo orgoglio.
Nazzareno è morto da anni, e ora nessuno fa più quel lavoro, così misero e malpagato. Sono cose che sono passate via, come il gin e le altre merci che solo qualche ora fa stavano in queste scatole che adesso giacciono inerti ai miei piedi, e che tra poco, anch'esse, non esisteranno più.