cultura

Le cose che pensano: alunni e alunne della 1H della Scuola Media Signorelli dalla classe 1H di Orvieto raccontano gli oggetti di una città

mercoledì 24 luglio 2013
Le cose che pensano: alunni e alunne della 1H della Scuola Media Signorelli dalla classe 1H di Orvieto raccontano gli oggetti di una città

In questa rubrica, che ruba il titolo a una canzone di Lucio Battisti, continuiamo a pubblicare i risultati di un lavoro svolto dalla classe 1H della Scuola Media Signorelli di Orvieto sotto la guida del Prof. Andrea Caponeri. Vi troverete, speriamo, un piccolo ma sorprendente quadro di Orvieto, ma anche un bel pezzo di anima di questi splendidi ragazzi e ragazze di appena 11 anni, più o meno.

LA COSA GIUSTA NEL POSTO SBAGLIATO
GIORGIO GUERRIERO, 1H 

Girando per il Corso, ho notato un quadrato raffigurante il simbolo di uno dei quattro quartieri di Orvieto: guardando più attentamente le pareti del Corso, finalmente ho visto quello strano oggetto sottostante a un piccolo terrazzo. Il quadro è insolito, perché è diverso da tutte le altre raffigurazioni dei simboli dei quartieri. Forse è più antico, o forse più nuovo degli altri. Potrebbe essere che sia stato posizionato lì da una signora che prima viveva nel quartiere di Santa Maria della Stella e ha voluto incastonarlo lì, oppure ce lo ha già trovato quando ha comprato il negozio. Il quadrato raffigura una "M" rappresentante Maria, con sopra una stella che sta a indicare la Stella e quindi Maria della Stella. Questo oggetto mi fa ricordare quando da piccolo io e i miei amici facevamo a gara per chi toccasse, saltando, altre raffigurazioni sparse per la città. Il quadrato è di colore diverso rispetto alla parete.
Un altro ricordo che mi fa saltare alla mente è quando io e mio padre lo guardavamo e lui mi raccontava la storia dei quartieri e come fossero nati. La cosa che mi incuriosisce di più è la sua origine: come è arrivato fin qui? E' di origine recente o più antica?
Il suo luogo è insolito perché non sta proprio nel quartiere della Stella, ma nell'Olmo o nel Corsica, non so.
La raffigurazione non è perfettamente integra: infatti è sgretolata ai lati e un po' verdognola agli angoli, è anche in rilievo rispetto alla parete e non si nota facilmente perché il suo colore è simile a quello della parete ma in realtà è differente e un po' più scuro.
Forse l'iscrizione si è persa e ha sbagliato muro, oppure pensava che fosse il suo quartiere, invece no.
Quella rappresentazione poteva servire a una persona per sapere di quale quartiere fosse il gestore del negozio, oppure qualcuno, forse un borghese che non conosceva Orvieto, ha visto quella rappresentazione che gli piaceva e l'ha incastonata nel suo negozio o nella sua abitazione. Forse nemmeno il negoziante attuale sa della presenza di quell'oggetto sulla sua parete o forse lo sa, ma non sospetta come ci è arrivato.
Rimarrà sempre un mistero...

IL CINGHIALE
PIETRO UBALDINI, 1H

Passando per il Corso Cavour di Orvieto, davanti alla vetrina di un negozio di generi alimentari, ho visto una grossa testa di cinghiale imbalsamata. Questa testa è molto grande, ha due grandi occhi e orecchie marroni. Tutta la testa è ricoperta da una pelliccia di setole scure. La cosa più particolare è il muso o grugno dal quale spuntano due grosse "zanne" bianche.
Chi la vede per la prima volta potrebbe spaventarsi, perché solitamente un cinghiale s'incontra nei boschi. A me vederlo attaccato sul muro fa tristezza perché mi chiedo chi lo abbia portato lì. Forse il cinghiale aveva una famiglia con dei figli e una "moglie" e vivevano insieme in un bosco.
Un giorno un cacciatore, di cui non so il nome, l'ha ucciso.
Magari questo cacciatore lo ha venduto al padrone del negozio di alimentari.
Il negoziante avrà utilizzato la carne per fare delle profumatissime salsicce e la testa l'avrà data ad un imbalsamatore.
Ed ora sta lì, a guardare tutti i turisti che passano e che gli scattano una foto.
Da quanto tempo?
Io penso da molto e forse mio nonno conosceva quel cacciatore. Allora mi viene in mente quando il mio babbo da piccolo mi raccontava delle esperienze di caccia del nonno, del cane che aveva paura e invece di cacciare le prede si nascondeva nei cespugli e il nonno tornava a casa sempre a mani vuote. Cosicché una volta, per evitare di essere preso in giro, comprò da un altro cacciatore un fagiano e con orgoglio lo fece imbalsamare!
E' ancora là, sul mobile della sala da pranzo della nonna, in bella vista come il cinghiale davanti al negozio.

L'ARCO "DIPINTO"
BORDINO ELEONORA I H

Quante volte ho passeggiato per il corso di Orvieto, spesso velocemente, altre volte chiacchierando con le mie amiche, senza fare mai molto caso a quello che mi circondava! L'altro giorno, però, alzando gli occhi mentre passavo in via de' Cartari, ho visto "un arco in un arco". Mi spiego meglio, è un arco dipinto nella volta di un arco in muratura. Sullo sfondo c'è un cielo azzurro con delle nuvole, e sopra l'arco ci sono tre statue, che probabilmente raffiguravano dei guerrieri. Tra le statue c'è una pianta di un colore verde acceso, collocata in un vaso di marmo grigio. Sugli stipiti dell'arco dipinto, ci sono due fiori sempre in marmo, in rilievo. Intorno al dipinto vi è una decorazione color oro. Tutto l'arco era colorato ma adesso il dipinto è in gran parte rovinato.
Orvieto è una città con origini antiche e il centro storico è medievale, quindi credo che l'arco in muratura risalga a quel periodo. Quante persone saranno passate da lì in tutti questi secoli! Mi sembra di vederli: bambini che giocano a rincorrersi, contadini che dalla campagna vengono in città per scambiare i propri prodotti della terra magari con vasi o stoffe, ragazze che si scambiano sguardi con i ragazzi di cui sono innamorate ma che non possono avvicinare. Che differenza rispetto a oggi, dove incontrarsi non è un problema. Forse lì sotto sono sfilate le truppe armate pronte per andare in guerra oppure una processione religiosa, che celebrava il "Corpus Domini". Immagino il pittore che su un'impalcatura pericolosa sta appoggiato sulla schiena per rappresentare quello che il padrone gli ha chiesto di dipingere, chissà se immaginava che la sua opera sarebbe durata tanto nel tempo.
Passare sotto l'arco per me è tornare indietro di qualche anno, quando ero piccola, e mia nonna veniva a Valentano. Lì l'arco è in realtà la porta d'ingresso al paese vecchio, ma tutti lo chiamano "arco" e anche io ormai ho imparato a chiamarlo così. Mia nonna è molto tempo che non viene più a Valentano perché il nonno non sta bene e
non lo può lasciare, così passare lì sotto e lasciar correre i ricordi è stato al tempo stesso bello e triste.

LA LAMPADA
GIORGIA MOLOROLO, 1H 

L'oggetto che voglio descrivere è una lampada che si trova nella piazza Luigi Barzini: ciò che mi ha colpito di più è la sua stravagante forma.
La lampada non è solo una, ce ne sono tante sparse per la città.
Ce ne sono di due tipi: lampade "cubiche" e lampade "circolari".
Le lampade "cubiche", come le chiamo io, prendono il nome dalla loro forma a cubo, all'interno c'è una lampadina che da piccola pensavo fosse una lucciola.
Le lampade circolari, invece, sono di forma circolare e di colore bianco.
Dato che mi sono trasferita da poco, non ho dei particolari ricordi di questa città, cioè Orvieto, e degli oggetti al suo interno, ma ricordo ancora quando io e la mia amica Elena siamo andate insieme a cena ad Orvieto Scalo e mentre tornavamo in macchina era molto buio.
Ad un certo punto io ed Elena abbiamo visto prima una luce e poi le altre accendersi fino ad illuminare tutta la città.