cultura

Tesori da Orvieto all'estero

giovedì 17 gennaio 2013
di Claudio Bizzarri
Tesori da Orvieto all'estero

La sala della ceramica attica nel Museum of Fine Arts di Boston (più di 3.000.000 di visitatori all'anno - tre milioni!), è uno spazio meraviglioso, con luci soffuse ma vetrine perfettamente illuminate, temperatura costante, didascalie forse un poco nascoste, ma leggibili. E proprio dalla lettura di quest'ultime appare chiaro come la collezione di questa importante istituzione si sia arricchita negli anni finali dell'800 e nei primi del ‘900, con numerosi reperti che provenivano dal nostro territorio. Vasi appartenenti ai più famosi pittori dell'Atene arcaica e classica che i nostri Etruschi di Velzna importavano a centinaia se non migliaia, portandoseli poi appresso nell'ultimo, lungo viaggio verso il regno dei morti.

La prima reazione è quella che nasce dal cuore, spontanea: perché questi vasi, che sono parte del nostro patrimonio culturale, sono custoditi così lontano da "casa"? La risposta è ovvia e scontata: sono stati acquistati sul mercato antiquario quando ciò era legalmente possibile; oggetti simili sono già stati restituiti da musei americani allo Stato italiano nel momento in cui la loro acquisizione è risultata quantomeno dubbia. La seconda reazione è stimolata proprio dalle didascalie che recitano " Onesimos, .... found near Orvieto", "The Andokides Painer and Lysippides Painter, ....found near Orvieto", "The Antiphon Painter, ... found near Orvieto", e così via per almeno una decina di vasi a figure nere e rosse in esposizione (il magazzino ne contiene molti di più); in uno dei musei più prestigiosi del mondo, la nostra città fa bella figura di sé e chissà quanti si saranno chiesti "but...... where is Orvieto?". E magari lo avranno cercato su Google, si saranno informati di quello che può offrire e, se in Italia, magari pianificato una visita.

Infatti la strategia vincente non è quella della chiusura ma quella della collaborazione. Si può ad esempio pianificare una mostra nella quale far confluire sia i pezzi all'estero che quelli di casa nostra - e magari farne uscire qualcuno dai magazzini nei quali necessariamente sono custoditi: il rapporto odio-amore che lega a noi i tanti - tanti, mai troppi, come ho sentito anche dire - tesori culturali che la storia ci ha generosamente lasciato. Studio, tutela e poi valorizzazione sono gli imperativi che possono fornire al nostro Paese, alla nostra Città, una possibile chiave di lettura per programmare uno sviluppo sostenibile, anche culturalmente.