cultura

Sgarbi a Spoleto c'è, con una Mostra collaterale. Si inaugura a Palazzo Racani Arroni "Spoleto Arte". Fino al 15 luglio

venerdì 29 giugno 2012
Sgarbi a Spoleto c'è, con una Mostra collaterale. Si inaugura a Palazzo Racani Arroni "Spoleto Arte". Fino al 15 luglio

Al via, dal 29 giugno al 15 luglio 2012, la 55esima edizione del Festival di Spoleto. E non senza polemiche. A sollevarle è Vittorio Sgarbi, che dopo anni di collaborazione quest'anno è stato escluso dall'evento, ufficialmente con una laconica comunicazione della Fondazione Festival dei Due Mondi, annunciante a suo tempo che "non si sono verificate le condizioni necessarie a finalizzare il progetto delle Mostre a cura di Vittorio Sgarbi prodotte e organizzate dall'Agenzia Promoter". Ma Sgarbi, che nel frattempo, tra una polemica e l'altra con il Sindaco del Comune di Spoleto Daniele Benedetti e con il Presidente del Festival dei Due Mondi Giorgio Ferrara si è organizzato per proprio conto, a Spoleto, in contemporanea e fuori dal coro, ci sarà, con un suo evento collaterale.

Si tratta di "Spoleto Arte", rassegna che sarà inaugurata sabato 30 giugno alle 18,00 a Palazzo Racani Arroni con le mostre di Gillo Dorfles, Gaetano Pesce, Patrizio Mugnaini, Fausto Pirandello, Franco Vitelli, Piermaria Leandro Romani, Michail Misha Dolgopolov e Maria Savino. E attendendo l'inaugurazione torna sulla polemica con il Festival dei Due Mondi, con il presidenteFerrara e con il sindaco Benedetti anche nell'introduzione al catalogo (Edizioni Antigua).

"Siamo arrivati all'ultima edizione del Festival di Spoleto - scrive Sgarbi - che dal prossimo anno non ci sarà più. Avevo pensato di rinunciare già quest'anno, ma l'atteggiamento sgradevole e di ingratitudine del presidente del festival Giorgio Ferrara e del sindaco di Spoleto Daniele Benedetti, mi hanno indotto a portare a compimento anche questa edizione, per la quale il festival, come sempre, non ha dato il minimo contributo a fronte dei 3 milioni di euro di finanziamenti pubblici e privati ricevuti

In questi anni - rivela Sgarbi - non ho ricevuto alcun compenso, ma non ho neppure formalizzato il mio rapporto, né ho presentato proposte o progetti. Per questo, avendo realizzato in tre anni importanti mostre, in modo assolutamente autonomo e con generosità nel ricordo di Giancarlo Menotti, non capisco a che titolo e in base a quale accordo il Ferrara e il Benedetti hanno ritenuto di dovere rinunciare al mio contributo, nei fatti irrinunciabile". Le mostre, allestite senza alcun finanziamento pubblico - fa sapere il noto critico d'arte - s'inaugurano sabato 30 giugno alle 18,00 e resteranno aperte al pubblico, tutti i giorni, dalle 11,00 alle 23,00, fino al 15 luglio. L'ingresso è libero. Il catalogo è edito da Antigua Edizioni. L'organizzazione logistica è di Salvo Nugnes.

Di seguito gli artisti in mostra, con alcune note di Vittorio Sgarbi tratte dal catalogo.

Si apre con Gillo Dorfles, il decano dei critici italiani, il quale negli ultimi anni ha fatto esplodere una potente e sommersa creatività,manifestata in pitture e, ultimamente anche in ceramiche di travolgente fantasia nelle quali rivive l'euforia di Mirò e una remota suggestione di artisti armeni come Arshile Gorki e Leone Minasssian. Dorfles, che si avvia ai 103 anni, è perfettamente contemporaneo di Giancarlo Menotti, l'uno nato nel 1910, l'altro nel 1911. Nella città che preferisce dimenticare il fondatore del festival, Dorfles rappresenta il ricordo, la storia che continua. E vederlo passeggiare per Spoleto sarà come rivedere Menotti con il suo sguardo carico di tempo e di esperienza.

Si continua con il più rivoluzionario, innovativo e originale dei designer italiani, Gaetano Pesce, che vive a New York, ideale testimone dei Due Mondi che hanno in lui una sintesi di tutto il passato e di tutto il futuro, che nessuno meglio di Pesce fa convivere. Una seconda festa nelle forme e nei colori, a fianco di Dorfles.

Ritorna poi a Spoleto, dopo la proposta di alcuni capolavori della prima maturità, Fausto Pirandello, il più intenso e interiore artista italiano tra le due guerre, nel quale si evidenzia il conflitto con il padre. E che, però, nel secondo Dopoguerra, come evidenzia la mostra, sperimenta soluzioni formali tra figurazione e astrattismo, in una rinnovata riflessione su Cezanne e su Picasso. Apparirà evidente, in questa nuova mostra, la ricerca inquieta e continuamente insoddisfatta di Pirandello, spinto da Lionello Venturi verso un astrattismo non convinto, nel quale sempre si riaffaccia la nostalgia del corpo umano, la presenza dell'uomo, nella sua instabilità, fino alla inevitabile riemersione della figura, fantasma della forma, tormentata, ma definita negli anni '30. Pirandello è il pittore del dubbio, del tormento, anche nei momenti di più acceso e formalistico sperimentalismo.

Fra i più giovani Maria Savino che, dopo l'esperienza della Biennale, a Spoleto ha pensato di rendere omaggio a un grande umbro: Alberto Burri. E ha preparato una serie di «Neri», luminosi e splendenti, accesi da intarsi gialli e d'oro che rendono viva la materia, in un esercizio di assoluto formalismo, nello stesso spirito dei maestri del gotico internazionale, che assorbivano tutta la luce nel fondo d'oro. La ricerca artistica della Savino si fa così mistica, in una attrazione dello sguardo verso un buio che manda luce, come nell'esperienza descritta da Juan de La Cruz. La Savino, in tal modo, tiene insieme la pittura e l'arte concettuale, perseguendo un rigore formale. Anche negli intarsi policromi si riaffaccia la lezione dell'ultimo Burri, reinterpretato in chiave lirica, con delicatezze cromatiche nuove. Ancora esercizi intorno a un modulo formale definito, in un ritmo iterativo come quello delle preghiere.

All'esperienza surrealista si rifà invece Patrizio Mugnaini, il quale intende la pittura come gioco, meraviglia,invenzione onirica. Nato a Buenos Aires, Mugnaini vive a Firenze, e persegue il primato del disegno, ma la sua pittura non sarebbe senza una decisiva riflessione su Van Gogh come esempio di urgenza e necessità espressiva. Una irresistibile spinta a comunicare con il mondo, a non nascondere il proprio turbamento interiore. Ed è certo che Muganini è irresistibile. La sua vitalità, la sua necessità di esprimersi, sono incontenibili. La sua pittura esprime energia, ed è indifferente alla coerenza formale, intendendola come un limite all'espressione della vita. Il mondo che la sua pittura rivela confina con quello del più creativo dei nostri surrealisti: Luigi Serafini. Ma non è da credere che sia una derivazione diretta. E' una coincidenza di vitalità.

E ancora vitalità esprime l'esperienza totale di Piermaria Leandro Romani con il suo Paese reale, un moderno Spoon River di viventi, con i disegni di tutti i cittadini di Stienta, in una continua progressione fino all'esaurimento. Paese reale, appunto. Cittadino per cittadino, ognuno protagonista della propria vita con osservazioni e annotazioni , pensieri buoni e pensieri cattivi di ognuno, raccolti dall'artista, l'impresa pittorica che ha ispirato il progetto di Oliviero Toscani Fratelli e sorelle d'Italia. Il microcosmo di un paese consente un avvicinamento più compiuto con un residuo antropologico in tempi di globalizzazione tra identità e banalità. Radici e luoghi comuni. Radici comuni e luoghi universali. Sapere d'istinto e persuasioni occulte, autonomia di giudizio e automatismi. Spirito d'osservazione e idee ricevute. Questo è il Paese reale di Romani. Ed è anche il paese che cento anni fa mio nonno Vittorio (anch'io come lui, Sgarbi) con il suo mulino portò la luce elettrica. Quella energia si rinnova oggi nella intuizione luminosa di Romani.

Se Gaetano Pesce vive e lavora a New York, Michail Misha Dolgopolov sta tra San Pietroburgo e Mosca, vivendo una infinita nostalgia dell'arte italiana e in particolare del Rinascimento, riabilitando tutte le tecniche tradizionali nel marmo e nel bronzo, cercando, alchemicamente, di riportarle a una vita organica attraverso il trasferimento del modello su superfici sagomate di pelle. Se la forza plastica è l'elasticità dell'epidermide, riproducono un duplicato della vita, cloni immobili come statue di cera, in un mondo parallelo. Misha, con la scultura, oltrepassa il ritratto di Dorian Gray, impedisce al secondo corpo da lui generato di invecchiare, come quello da cui trae origine. E mentre noi attraversiamo il tempo fino a consumarlo lui, nelle sue statue, lo arresta impedendogli di divorarci. A Spoleto vedremo la sua finzione concorrere con la nostra realtà.

Chiude la serie delle singolari personalità presenti a Spoleto Franco Vitelli, di età incerta, benché se ne hanno notizie fra il 1082 e il 1136. Egli è l'ultimo dei Cosmati che, nelle chiese romane, hanno composto con gusto classico e fantasie orientali, tappeti di pietra, in mirabili intarsi geometrici, che sfidano il tempo. E non soltanto per la eletta misura formale ma anche perché, come per nessuna esperienza creativa, essi sono fuori dal tempo, in un tempo fermo, che per mille anni, come per altri mille, non evolve in forme nuove. Magister Vitellius agisce così come il lapicida che fu nel XII secolo. E non produce l'illusione ma la realtà dell'antico in pavimenti, come tappeti, che sono il corrispondente a terra dei mosaici alle pareti. Non vetri dipinti ma pietre antiche di un Roma che non muore mai, la Roma antica che continua a vivere nella civiltà cristiana, tra Medioevo e Rinascimento, ed è viva anche oggi. Così l'ultimo dei Cosmati non restaura ma inventa: egli posa frammenti di marmo derivati da lapidi e colonne di recupero. Guidato dal magistero di Raniero Gnoli e di Dario del Bufalo, Magister Vitelius ritrova l'ordine perduto come un istinto, coltivato con approfondimento, cultura e studio. Nei Cosmati ha al suo archetipo l'arte astratta, in perfette geometrie, in una armonia dell'antico che si propone non con figure, santi e madonne come nei mosaici, ma si compone in coordinate geometrie. Dunque l'arte astratta nasce tra il XI e XII secolo e continua a riprodursi fino a diventare contemporanea, in uno spazio senza tempo, che è anche il nostro tempo. L'arte è contemporanea.