cultura

C'era una volta il Carmine... a Orvieto come a Güllen. Chiude, tra il "rire en larmes", la visita della Vecchia Signora

mercoledì 21 dicembre 2011
di Laura Ricci
C'era una volta il Carmine... a Orvieto come a Güllen. Chiude, tra il "rire en larmes", la visita della Vecchia Signora

Immaginate una città che - un tempo - era un centro culturale di primo piano; e che ora, invece, è caduta in una situazione di abbandono e di crisi socio-economica tale da avere tutti gli abitanti, come si suol dire, "in mutande": tutti, ma proprio tutti, compresi il sindaco, il parroco e il preside, non hanno più una lira, non hanno più energia, non hanno più immaginazione. E immaginate una città tra ridenti e verdi colline, dove c'erano - un tempo - movimento, musica, vita brillante, vivacità, turisti; e che ora, invece, si va spopolando e ristagna: il lavoro non c'è, i giovani se ne vanno, i treni non fermano, chiusi gli alberghi e i caffè, rimane solo una povera drogheria; povera in senso letterale, perché costretta a fare a tutti credito. Dove rimane - testualmente - "solo il miracolo della Cattedrale"!

No, non è Orvieto - almeno come ultimamente opinionisti, politici e commentatori di varie estrazioni la descrivono - è l'immaginaria cittadina di Güllen ("letamaio" in dialetto svizzero-tedesco) messa in scena nel 1956 da Friedrich Dürrenmatt nel suo dramma La visita della vecchia signora. E Felizitas Scheich ed Elisabetta Moretti, nel mettere in scena questo ultimo spettacolo del Collettivo Teatro Animazione alla Sala del Carmine, non hanno forzato nulla del testo di Dürrenmatt, ma semmai hanno tolto. Non era ripresa, ad esempio, nel loro adattamento l'allusione al miracolo della Cattedrale, che nel copione del drammaturgo svizzero suona proprio così: "resta solo il miracolo della Cattedrale"!

La visita della vecchia signora è quella che gli abitanti di Güllen aspettano nella speranza di rimpinguare, in qualche modo, le casse della città: si sta preparando, infatti, una calorosa (e interessata) accoglienza per l'arrivo di Claire Zachanassian, un tempo cittadina di Güllen e ora multimiliardaria, tornata a visitare il paese natio; la speranza è che con qualche generosa donazione lo risollevi dalla povertà e dall'abbandono in cui è caduto. E una volta sul posto, dopo pochi convenevoli di rito, Claire annuncia ai concittadini che lo farà. Donerà ben sei miliardi a Güllen, ma a una condizione: che venga ucciso Alfredo Ill, il suo vecchio fidanzato ora proprietario della drogheria; quell'Alfredo che in gioventù l'aveva messa incinta ma che negò la paternità, corrompendo due ubriaconi perché dichiarassero in tribunale di aver avuto rapporti con Claire Zachanassian, e facendo sì che fosse cacciata dal villaggio e bollata come prostituta.

Gli abitanti rifiutano energicamente - che diamine, Güllen è una città d'onore, nonostante la povertà vi vige ancora la ragione etica! - ma iniziano presto a valutare gli eventuali benefici e si mettono ad acquistare beni costosi, naturalmente a credito, dal negozio dello stesso Ill, come se si aspettassero l'arrivo di un futuro di nuove risorse. Alfredo Ill si rende conto del cambiamento e inizia ad allarmarsi: gli abitanti di Güllen mutano lentamente ma inesorabilmente il loro atteggiamento solidale e la sua morte diventa presto l'unica strada per sostenere il loro livello di indebitamento.

Claire Zachanassian non fa altro che aspettare pazientemente, certa che gli abitanti cederanno, e l'epilogo le dà ragione. Anche l'ultimo baluardo dell'etica, il preside della scuola, cede, anche la moglie e la figlia di Ill. E in un' ambigua assemblea popolare Alfredo viene ucciso collettivamente, mentre il Borgomastro dichiara che giustizia è finalmente stata fatta. Claire Zachanassian consegna l'assegno ai cittadini ma, per ironia della sorte, sembra proprio lei la meno soddisfatta per una vendetta attesa così a lungo.

Come si evince dalla trama, l'opera è molto amara. Tra i drammi di maggior successo di Dürrenmatt, tratta i temi della vendetta, della colpa individuale e collettiva, dell'onnipotenza del denaro e della corruzione morale. Tutti argomenti che continuano ad appartenere alle nostre società occidentali, e che oggi sono tremendamente attuali, in un mondo attraversato da una crisi che ci si ostina a voler vedere come economica, ma che è invece ben più profonda e trasversale.

Come spesso gli accade sulle scene, il testo di Dürrenmatt, essenzialmente drammatico, è stato volutamente forzato dal lavoro dell'ormai ex Laboratorio Teatro Orvieto  a toni di forte comicità teatrale, fino a rasentare la farsa. Aspetto che non gli toglie, comunque, la forte vena di amarezza e di giudizio morale. Stimola, come diceva Molière, un rire en larmes, e riflessioni disincantate sulla debolezza umana.

Tutti particolarmente validi gli interpreti, che nella maggior parte dei casi frequentano ormai da vari anni i corsi di teatro del Carmine. Tra tutti, a spiccare è proprio lei, Claire Zachanassian, interpretata con grande piglio e presenza scenica da una validissima Anna Lucchesi. Molto apprezzabile anche Federico Martelloni, nell'esilarante ruolo di un cronista destinato a prendere nota degli eventi e, in secondo ruolo, nei panni di un giudice corrotto che accompagna Claire. E lunghi e calorosi applausi a scena aperta per tutti da un pubblico numeroso e affettuoso, che ha voluto salutare, in presenza e in calore, non uno spettacolo soltanto, ma un luogo e un'attività che hanno segnato quasi 25 anni di cronache orvietane.

A Orvieto Claire Zachanassian non verrà, i suoi sei miliardi potrebbero essere, a dimensioni ormai ridotte e meno efficaci, l'obolo di chi magari acquisterà la ex casema Piave. Ma la parabola rappresentata, come tutte le parabole tratteggia, in modo esasperato e sublimato, quello che anche nella nostra piccola città sta accadendo. A Orvieto, come a Güllen, c'erano - un tempo - movimento, cultura, vita brillante, vivacità di abitanti e turisti. E c'era una volta, proprio in forma di laboratorio teatrale, "il Carmine": che non a tutti andava bene, ma del quale non sappiamo ancora bene cosa, domani, ne sarà. Almeno in questa forma, la vecchia signora dovrebbe essere stata l'ultima a visitarlo.