cultura

Festival Valentiniano. Una splendida esecuzione del Maestro Riccardo Cambri tratteggia l’evolversi della forma sonata

martedì 1 novembre 2005
di Laura Ricci
Gradevolissimo concerto, domenica 30 a Orvieto, nell’ambito della XX edizione del Festival Valentiniano, diretto dal Maestro Carlo Frajese e organizzato da A.T.E.M. in collaborazione con l’Associazione Teatro Mancinelli. La cornice quella preziosa e suggestiva del ridotto del Teatro Mancinelli e, protagonista, il Maestro Riccardo Cambri, pianista ormai molto noto e apprezzato dal pubblico orvietano, che ha avuto più volte occasione di ascoltare le sue esecuzioni.
Nella bella sala gremita – così affollata che molto del pubblico presente ha dovuto seguire il concerto restando in piedi – particolarmente complice per le pregevoli, decorate architetture e per quello strumento importante che, specie quando si suona musica classica, continua ad essere il pianoforte, il Maestro Cambri ha eseguito un programma a tema: “Lo sviluppo della Sonata classica dagli albori all’Aurora”.

L’ “Aurora” è quella di Beethoven, la Sonata in do maggiore op.53 con cui il geniale compositore tedesco comincia a forzare la forma sonata, alla fine dell’epoca classica, verso quelli che saranno i futuri e più liberi, personali sviluppi del periodo romantico.
Il programma del Maestro Cambri ha ben esemplificato, nella scelta e nell’impeccabile, filologica esecuzione dei brani proposti, la nascita e l’evoluzione di questo genere: dall’epoca barocca, in cui la forma sonata ebbe origine e si strutturò, alle successive evoluzioni del periodo classico e pre-romantico.

Nata come forma unicamente strumentale in opposizione alla cantata, la forma sonata si struttura nel periodo barocco in due tipi polifonici, la sonata da chiesa e la sonata da camera. Quest’ultima, di cui il Maestro Cambri ha fatto assaporare i primordi dell’epoca classica con due pezzi di DomenicoCimarosa (Sonata n.13 in la minore, Sonata n.6 in si bemolle maggiore) consisteva quasi interamente di pezzi danzabili idealizzati.
Il termine sonata è applicato anche alla serie di oltre 500 opere per clavicembalo solista di Domenico Scarlatti, di cui Riccardo Cambri ha offerto al pubblico due magistrali assaggi (Sonata in si minore L.449, Sonata in fa diesis minore L.485): pezzi formati, come del resto quelli di Cimarosa, di un solo movimento, pieni di varietà e inventiva, con virtuosismi frequenti nei quali il Maestro pianista si è saputo destreggiare con grande eleganza e naturalezza.

Il notevole utilizzo della sonata nell'era classica è decisivo per questa forma musicale, tramutandola, in un cinquantennio circa, da semplice termine musicale a una forma fondamentale di organizzazione per opere su larga scala.
Nella transizione al periodo classico molti nomi designavano le opere con più di un movimento, ad esempio "divertimento", "serenata" e "partita. L'utilizzo di "sonata" come termine standard per opere di questo tipo è databile agli anni '70 del XVIII sec., quando Haydn etichetta la sua prima sonata per piano come tale nel 1771. Da allora il termine "divertimento" è usato molto raramente, e il termine “sonata” viene via via applicato sia a un'opera per piano solista, sia a un’opera per piano e per altro strumento, spesso violino o violoncello.
La sonata assume allora una struttura più complessa: generalmente un Allegro; un secondo movimento centrale che era, frequentemente, un movimento lento; quindi un movimento di chiusura, inizialmente un minuetto, come nelle prime 3 sonate per piano di Haydn, ma successivamente un allegro, o un presto, spesso chiamato finale. Proprio come nella Sonata in mi bemolle maggiore Hob.XVI/52 di Haydn eseguita dal maestro Cambri, strutturata in un Allegro/Adagio/Finale-Presto.

Fondamentale, per l’evolvere della forma sonata, l'importanza della produzione di sonate di Beethoven - 32 per piano, oltre a quelle per violino o violoncello uniti al piano stesso - per un enorme corpo musicale che verrà sempre più sentito come essenziale per ogni strumentista che desideri diventare un maestro.
La sonata di Beehetoven scelta per il programma di domenica - Sonata in do maggiore op.53 detta “Aurora” – è ancora strutturata secondo lo schema classico (Allegro con brio. Introduzione. Adagio molto/ Rondò. Allegretto moderato), ma presenta articolazioni drammatiche e coloriture intime che ben fanno presagire gli intensi psicologismi, la passione e l’anelito metafisico dell’epoca romantica ormai alle porte.

E’ forse su questi temi che il Maestro Cambri eccelle, tanto che la sua esecuzione, sempre ineccepibile, ha tuttavia toccato il massimo nell’ultima beethoveniana sonata: virtuosismo umanizzato dalla forte intensità drammatica, tecnica impeccabile e pathos, che hanno catturato il pubblico trascinandolo in risonanti, segrete emozioni.
Fino all’esplosione finale, quella dell’applauso entusiasta e più che meritato.

Breve profilo del Maestro Riccardo Cambri