cultura

Media Education: come attivarsi per una migliore qualità dei media

mercoledì 26 ottobre 2005
di Davide Pompei
Sulla relazione tra giovani e media, la cui presenza è oggi percepibile come ingombrante, massiccia, quasi inquietante, si concentra il seminario che si terrà giovedì 27 presso l’aula magna del Liceo Classico “Mariotti” di Perugia. Per parlare di Media Education con i giovani, interverranno: Pier Luigi Neri, assessore alle Attività Culturali, Promozione Sociale e Politiche Giovanili della Provincia di Perugia, Francesco F. Mancini, direttore del Dipartimento di Scienze Umane e della Fondazione Università degli Studi di Perugia, Ugo Panetta direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Umbria, Stefania Gatti, responsabile del Servizio Promozionale Sociale e Politiche Giovanili della Provincia di Perugia, Floriana Falcinelli, docente di “Tecnologie dell’Istruzione” della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università di Perugia e responsabile scientifica del progetto, Lucio D’Abbicco, segreterio generale MED (Associazione Italiana per l’Educazione ai media e alla comunicazione), Alessandra Falconi, responsabile del Centro Zaffiria (Centro permanente per l’educazione ai mass media) di Bellaria Igea Marina, Rosalia Monaco (Ufficio Scolastico Regionale per l’Umbria).
Alla tavola rotonda del pomeriggio su “I media nella società: problemi o risorse?” coordinata da Paolo Mancini, docente di “Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa” alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, prenderanno parte, inoltre, Andrea Iengo, direttore sede RAI Umbria, Alvaro Fiorucci, presidente Associazione Stampa Umbra, Roberto Morrione, direttore RaiNews 24h, Serena Scorzoni, giornalista, Enrico Viola, presidente CO.RE.COM (Comitato Regionale per le Comunicazioni – Regione Umbria).

La media education ha attraversato orientativamente tre fasi evolutive in cui è cambiato il modo di percepire i media, le loro funzioni nel contesto societario: una di denuncia e difesa, nella quale si inizia a percepire una nuova presenza intorno a noi, un’altra di convivenza e addomesticamento, attraverso la formazione dei professionisti addetti alla produzione dei testi narrativi mediali, alla formazione di capacità critiche e tecniche per la contestualizzazione dei contenuti, e una di effettiva percezione della complessità, in primo luogo perché negli ultimi anni si è fatto poco per cambiare le cose, e in secondo luogo perché a professionisti poco preparati, vengono affidate grandi responsabilità nella produzione e diffusione di contenuti mediatici.
Oggi, individuare il significato di educazione ai media diventa più complicato, poiché in questi ultimi anni le cose si sono un po’ intrigate, la loro complessità è avvertita già verso la fine degli anni ’90 e in seguito ai fatti dell’11 settembre. L’educazione ai media può declinarsi al plurale in almeno tre modi: educare attraverso i media, dai più tradizionali ai più tecnologici; educare per i media, tenere conto della presenza dei media nella nostra cultura per formare professioni della comunicazione giornalistica e mediatizzata; educare ai media, capire la loro natura, le conseguenze della loro presenza nel nostro tessuto sociale e le trasformazioni che stanno apportando alle istituzioni della nostra modernità.

Nella scuola italiana si registra un certo ritardo nei confronti dell’educazione ai media, anche nel periodo della promozione delle prime esperienze di media education, il termine non era molto conosciuto o perlomeno non era usato né negli ambienti educativi, né in quelli della pedagogia ufficiale. Eppure si presta benissimo a sintetizzare la relazione tra mondo dell’educazione e mondo dei media, relazione che coinvolge i diversi ambiti dell’educazione: famiglia, scuola, territorio, comunità religiosa.
L’ espressione “media education” si è inserita comunque nel contesto italiano come attività didattica ed educativa della scuola volta all’informazione, alla comprensione e allo sviluppo di uno spirito critico, circa la natura, il linguaggio, i generi e le categorie dei media, in una strategia detta “di attacco” perché volta a fornire ai minori una competenza mediale (il cittadino viene coinvolto come responsabile del forum dei media e non come semplice fruitore acritico).
Il XX secolo è stato il secolo dei media, si è aperto con l’affermazione del cinema (dapprima muto, poi sonoro negli anni ’20, quindi a colori e su grande schermo negli anni ’50). Un ruolo pedagogico di educazione popolare lo hanno avuto i cineforum, con cui a partire dagli anni ’70 anche la scuola italiana comincia a interessarsi in modo esplicito all’educazione all’audiovisiva e ai media.
Nel 1979 i nuovi programmi della scuola media assegnano lo studio dei media alle discipline di educazione tecnica e artistica (i programmi fanno riferimento alla produzione mediale). Dal 1985 nella programmazione della scuola elementare si rivolge un’attenzione più globale ai media, viene proposta una nuova area di intervento chiamata educazione all’immagine, che si caratterizza per due tipi di attività: espressivo-creative e fruitivo-critiche.
Eppure la valutazione dell’impegno della scuola italiana nel campo della media education individua tre grandi limiti: la non sistematicità, la non organicità e la scarsa inter-disciplinarietà. Ha ottenuto un buon successo il piano triennale dal ’97 al 2000 relativo all’introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Nonostante l’iniziale divergenza tra scuola e media a causa della diversa tradizione, con il passare del tempo è stato possibile stabilire un dialogo. Il concetto della trasparenza diventa l’approccio della media education come chiave di lettura per l’analisi dei media. Compito del media educator è di decostruire i testi dei media ed essenziale è l’attività di codifica e decodifica di questi (smascherando gli inganni), saper rispondere a domande come: perché insegnare i media, che cosa insegnare dei media, come insegnare i media?

Il concetto chiave su cui lavorare è quello della rappresentazione, i media sono influenzati da fattori estetici, economici, politici e il ruolo dei media enfatizza il ruolo dell’immagine e dell’emozione. I media comunicano secondo forme e generi propri e il feed-back dell’audience influenza le scelte dei produttori e dei professionisti.
Quella del media educator deve essere una figura professionale competente e responsabile che coordina l’educazione ai media all’interno della scuola, un insegnante della scuola che si specializza per questo compito oppure un esperto chiamato dall’esterno. In entrambi i casi deve avere una preparazione universitaria e deve essere sostenuto da apparati intermedi, che operano nel territorio in strutture più agili di quelle governative – centri di ricerca, cooperative, associazioni culturali come il MED, attivato a Roma nel periodo dal ’91 al ’95, che nasce con la funzione di essere una rete di connessioni stabile tra i media educators italiani.
Solo una congiunzione sinergica e un reciproco ascoltarsi di università e scuole, studiosi e professionisti, fautori e fruitori dei media può consentire un gioco dei ruoli onesto e paritario.