cultura

L'immigrazione nell'Orvietano

venerdì 2 settembre 2005
di Davide Pompei
Quattro giovani tra i 14 e i 18 anni come tanti, di una provincia italiana come tante: uno è razzista, due sono intolleranti verso i 3 milioni e 200 mila stranieri che vivono nel nostro Paese. Questo è l’identikit sui giovani e il razzismo, secondo una recente ricerca dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Stupisce che alla base del razzismo ci siano ancora l’ignoranza dovuta a una non reale conoscenza dei fatti e al persistere di troppi luoghi comuni. Secondo la ricerca, infatti, i giovani sono convinti che gli ebrei non parlino la nostra lingua. E ancora: lo stereotipo più frequente tra i ragazzi intervistati è quello che gli immigrati “alimentano la prostituzione” (50,9%), seguito da quello che “rendono meno sicura la vita delle nostre città” (47,8%) e “di questo passo saranno più di noi” (46,5%). Rispetto ai musulmani, i ragazzi si sono detti particolarmente allarmati dal fatto che “anche se sono in Italia da molti anni, sono fedeli solo al mondo islamico”, che “per loro le donne non contano nulla” e che “sostengono il terrorismo internazionale”, mentre degli ebrei lamentano che “il potere finanziario nel mondo è in gran parte in mano loro” e che “sono loro i primi a fare discriminazioni razziali”, ma c’é anche un 17,4% che pensa che “quando si parla dello sterminio degli ebrei si esagera su quello che è davvero successo”. La “differenza” più forte avvertita dai ragazzi è quella con la comunità rom, solo il 12% sembra essere favorevole alla presenza sul loro territorio di molteplici gruppi culturali.
Insomma, il concetto di razzismo oggi sembra persistere, ma è molto più sfumato, assume connotati più subdoli e quindi più difficili sia da individuare che da catalogare. E allora, come attrezzarsi culturalmente per rovesciare queste tendenze?

Anche nell’Orvietano, rispetto agli anni passati, c’è stato un aumento di stranieri di circa il 40% in più. Le etnie più presenti sono quelle dell’Europa dell’Est (Moldavia, Romania, Ucraina, Macedonia); vi sono molti Albanesi e Cinesi specie nell’alto orvietano e poi Tunisini e Africani; a Fabro vi è un’alta concentrazione di stranieri che trovano impiego nelle aziende del luogo. Tra le varie etnie cambia la disponibilità a collaborare, perciò alcuni risultano meglio, se non perfettamente, integrati rispetto ad altri se la loro idea è quella di stabilirsi in modo definitivo. Altri lavoratori provvisori lavorano moltissimo, non spendono nulla e mandano tutti i soldi a casa nel paese di origine dove hanno intenzione di tornare. Questi soggetti restano comunque fuori, hanno altri obiettivi e non appaiono interessati a socializzare, mostrano esigenze diverse, la loro reticenza e la nostra reciproca apertura dipendono insomma dai singoli soggetti e dal contesto.
Questo è il quadro generale che emerge dai dati più recenti sugli immigrati residenti nell’ambito territoriale n. 12 dell’Orvietano.

Ma proprio a livello locale, che tipo di politiche e servizi vengono attivati per favorire l’inserimento degli immigrati e l’incontro culturale, specie fra i giovani?
“Da circa un anno e mezzo – dice Claudia Cordovani, educatore professionale dell’Ufficio di Cittadinanza di Orvieto – sul nostro territorio è presente lo Sportello per l’Immigrazione, un servizio di supporto che si occupa di tutte le problematiche legate agli immigrati - dai permessi di soggiorno ai ricongiungimenti familiari - che interessa l’ambito territoriale di 12 comuni e si appoggia all’Ufficio di Cittadinanza, in grado, quest’ultimo, di compiere un monitoraggio territoriale dell’immigrazione. Tra i primi interventi che sono stati già effettuati vi sono: il bando per regolarizzare le badanti impegnate presso le nostre famiglie, la ‘formazione civica e sanitaria per assistenti familiari’ rivolta a queste collaboratrici ed anche agli Italiani per offrire competenze civiche e sanitarie mentre, a breve, verrà anche istituito un albo territoriale per facilitare l’incontro tra domanda e offerta”.
“I ragazzi che arrivano in Italia con la famiglia sono paradossalmente più esposti a problemi di salute psico-fisica, rischiano di non avere una loro identità: non si riconoscono figli di un paese, né sentono di appartenere ad un altro. Ecco, quindi, la centralità del mediatore linguistico e di quello culturale nelle Scuole, che operano per integrare questi giovani con il resto della classe, per la loro accettazione e per raggiungere una complessiva coesione fra connazionali e non. Compito degli educatori didattici è quello di saper creare un clima relazionale amichevole ed accogliente, guidando gli alunni in un percorso che porti al loro inserimento sociale. Non si tratta solo di imparare a leggere e scrivere in italiano per i giovanissimi stranieri, ma anche di contribuire a sviluppare la capacità di comunicare le proprie esperienze, il proprio vissuto, di far parte, tramite la padronanza della lingua, della comunità cittadina in modo sempre più incisivo. Esiste anche un albo dei mediatori linguistici (di cui molti sono immigrati) nelle Scuole Elementari e Medie per aiutare l’integrazione dei ragazzi stranieri. In questo caso il Comune di Fabro è capofila del servizio poiché gestisce i fondi della Legge 286 del 1998; per gli Istituti superiori, invece, il servizio è istituito e gestito dal Comune di Orvieto. I mediatori linguistici si attivano su richiesta degli insegnanti, dal momento che molti ragazzi stranieri si iscrivono ad anno scolastico già iniziato”.

Intanto i Comuni dell’Orvietano si stanno attivando per la costituzione di una Consulta Territoriale per l’Immigrazione, uno strumento propositivo costituito da rappresentanti delle varie etnie, con il compito di promuovere interventi che assicurino a questi cittadini un effettivo e paritario godimento dei diritti sulla base delle loro reali esigenze. Ci sono, inoltre, corsi di qualificazione e ri-qualificazione professionale per dare ai cittadini immigrati un titolo in alcuni dei settori lavorativi dove è maggiore la richiesta di impiego.

Secondo i dati diffusi in questi giorni dall’ISTAT sulla popolazione residente in Umbria al dicembre 2004, la nostra è una delle regioni con una forte presenza di popolazione anziana (ed Orvieto rispecchia questa tendenza statistica). Se da un lato ciò significa che la qualità della vita è buona, dall’altro emerge però che c’è bassa natalità. Si deve soprattutto agli immigrati il rinnovo generazionale, con la conseguente apertura alla cultura multietnica, ed è un fatto che le scuole tornano a ripopolarsi specie in alcuni piccoli paesi! Occorre, dunque, lavorare sull’educazione civica e comprendere, reciprocamente, diritti e doveri.