cultura

Ludovico Negroni e lo sbarco di Sapri.

lunedì 17 febbraio 2003
Nato in Orvieto il 19 aprile 1825 dalla nobile famiglia dei conti Negroni, caduta in ristrettezze economiche per le alterne vicende della vita, ben presto sentì il bisogno di sottrarsi alla vita paesana e di cercare altrove un lavoro.

Forse la sua decisione fu dettata anche dalle amarezze del presente in raffronto con la considerazione goduta dagli avi e del ricordo delle passate ricchezze, ma nella sua scelta il giovane Ludovico era anche spinto da sentimenti mazziniani e pervaso dallo spirito che animava i "Carbonari".

Si sa di certo che intorno al 1856, da fervente mazziniano, entrò come "fratello" in una "Vendita Carbonara" a Cortona. Il 21 giugno 1857 sottoscrisse a Genova la famosa dichiarazione dei "ventuno" (tra gli altri firmatari vi erano anche Carlo Pisacane, Giovanni Nicotera, Domenico Porro, Giambattista Falcone) con la quale idearono di effettuare una missione nel Regno delle Due Sicilie per provocare un’insurrezione popolare.

Il 25 giugno, Carlo Pisacane, unitamente a Ludovico Negroni e gli altri congiurati, si imbarcò a Genova sul piroscafo "Cagliari" e si diresse a Ponza. I congiurati occuparono Ponza e, per avere rinforzi, liberarono 323 detenuti, quasi tutti per reati comuni e si rifornirono di armi.

La sera del 28 sbarcarono a Sapri colla illusione di sollevare una rivolta popolare, ma trovarono indifferenza e spesso ostilità, poiché giudicati briganti. Rimasti soli, nei pressi di Padula furono battuti e vinti dalle forze borboniche. Pisacane si ritirò con un piccolo gruppo verso Sanza, dove fu assalito da contadini e da guardie urbane; ferito, per sottrarsi all’arresto si uccise.

Gli altri vennero tutti massacrati, salvo Nicotera condannato poi all’ergastolo. L’episodio, che ispirò a Luigi Mercantini la "Spigolatrice di Sapri",pur non raggiungendo lo scopo non fu del tutto vano perché dimostrò all’Europa la gravità della situazione e l’urgenza di una soluzione. IL conte Negroni fu il primo a cadere nel territorio di Padula (fu il primo a morire di quei "trecento giovani e forti"), sul suo giovane corpo infuriò fino allo scempio l’ira cieca e bestiale degli assalitori.

Nella primavera del 1912, dopo cinquantacinque anni, le spoglie di Negroni furono recuperate e ricondotte nella sua città natale. I suoi resti mortali riposano in un'urna di terracotta posta nell'ingresso del Cimitero di Orvieto.