cronaca

"Holding delle truffe agli anziani" sgominata dai Carabinieri

giovedì 17 gennaio 2019
"Holding delle truffe agli anziani" sgominata dai Carabinieri

"Se qualcuno ritiene di essere rimasto vittima di questa banda di truffatori o di altra con modalità analoghe è invitato a denunciarlo, se non già fatto, alla più vicina Stazione dei Carabinieri". E' questo l'appello rivolto dai militari dell'Arma all'indomani della ribattezzata operazione "Mai Peggio" (dall’espressione dialettale che uno degli indagati, rientrando a casa ogni sera, proferiva per ringraziare il “Signore” per la buona riuscita della truffa) che rappresenta il momento repressivo di quella strategia complessiva perseguita da tempo con una capillare campagna informativa di prevenzione.

Coordinati dal procuratore capo Alberto Liguori e dal sostituto Raffaele Iannella, titolari dell’inchiesta, non limitandosi a focalizzare le attenzioni investigative solo sui singoli episodi denunciati dalle numerose vittime, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Terni hanno deciso di ampliare la sfera d’indagine monitorando e analizzando incessantemente tutti gli spostamenti di una banda di truffatori che, partendo da Napoli, si muovevano continuamente in lungo e largo per tutta la penisola.

All'alba di martedì 15 gennaio è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 persone su 10 complessivamente indagate, tutte residenti a Napoli, ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate in danno di anziani, perpetrate in tutto il territorio nazionale ed in particolare in Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania e Calabria. Trecento, i colpi in tutt’Italia per un “fatturato” di 400.000 euro. Ventuno, messi a segno in Umbria tra Terni, Montecastrilli, Amelia, Narni, Orvieto e la provincia di Perugia.

L'indagine - condotta da ottobre 2017 a dicembre 2018, scaturita da una truffa consumata nel centro di Terni - ha consentito di disarticolare un gruppo criminale specializzato in truffe in danno di vittime vulnerabili (prevalentemente anziani) con il metodo del cosiddetto “finto maresciallo dei Carabinieri”. Gli indagati, consultando siti internet come www.paginebianche.it, www.inelenco.it ed altri, reperivano nominativi e relativi numeri di telefono di persone a cui i “telefonisti”, spacciandosi per “marescialli dei Carabinieri” e “avvocati”, rappresentavano un falso e grave sinistro stradale in cui era rimasto coinvolto un prossimo congiunto della vittima (solitamente, un figlio o un nipote), richiedendo somme di denaro o preziosi da consegnare ad un “esattore” in zona, per evitare gravi conseguenze giudiziarie.

Per essere credibili invitavano anche l’anziano vittima di turno a chiamare il “112” e, tenendo la linea telefonica aperta, facevano credere al malcapitato di parlare con i Carabinieri. A quel punto, il telefonista - spacciandosi per maresciallo dei Carabinieri - confermava all’anziano quanto già anticipato nella prima telefonata, avendo però cura di carpire dalla vittima più dati sensibili possibili. È a questo punto che interveniva il falso avvocato per chiedere il pagamento di una “cauzione”, generalmente di alcune migliaia di euro o preziosi, affinché il parente non patisse conseguenze legali con pene detentive.

A quel punto, la telefonata si protraeva proprio al fine di accrescere l’angoscia e la confusione della povera vittima, intimidendola ed inducendola al pagamento in favore di altro malvivente, l’”esattore” che, indicato dall’avvocato come suo assistente, si presentava all’abitazione dell’anziano per incassare il maltolto. Nel caso la vittima non possedesse i contanti in casa, i truffatori si rendevano addirittura disponibili ad accompagnarla presso un bancomat per prelevare le somme richieste. In un caso - avvenuto a Roma - i malviventi riuscivano a farsi consegnare “gioielli” e denaro contante per un valore di trentamila euro.

Per sottrarsi all’identificazione, i soggetti evitavano sistematicamente di permanere nella stessa città (spostandosi in altro luogo per poi ritornarci dopo qualche tempo), impiegavano solo auto a noleggio registrando il contratto a nome di persone inesistenti, ed utilizzavano schede telefoniche intestate a prestanome, che dismettevano dopo la consumazione della truffa. Le vittime venivano accuratamente selezionate, prediligendo soggetti più deboli e indifesi, residenti in zone ed abitazioni apparentemente abbienti.

L'operazione si è concretizzata in una decina di perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati e nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 persone e agli arresti domiciliari nei confronti di altre 2 persone, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Terni Federico Bona Galvagno - su richiesta della Procura ternana.

Quella svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Terni, in stretta sinergia e sotto il diretto coordinamento della Procura della Repubblica di Terni, è stata un’operazione meticolosa e complessa per le maniacali contromisure poste in essere dagli indagati, per gli incessanti ed imprevedibili spostamenti da una regione ad un’altra, e per la quasi impossibilità di monitorare le sim telefoniche, dismesse dopo ogni truffa, che in oltre un anno di attività ha permesso di rilevare la commissione di circa trecento truffe ai danni di anziani, con un illecito profitto per l’organizzazione criminale di circa quattrocentomila euro.

Gli indagati avevano tutti un proprio ruolo: gli organizzatori, che individuavano le vittime e coordinavano i vari membri dell’associazione; gli addetti alla “logistica”, che si occupavano del reperimento delle “utenze telefoniche mobili”, spesso intestate a soggetti stranieri mai censiti in Italia, e del “noleggio di autovetture” usate per gli spostamenti; i telefonisti, che contattavano le vittime; gli “esattori”, che si presentavano presso le abitazioni delle vittime per riscuotere quanto preteso.

Gli spietati truffatori non hanno avuto compassione nemmeno di un’anziana donna che – con la voce rotta dal pianto – li implorava di lasciarle la fede nunziale, unico ricordo del povero marito deceduto. Nessuna pietà per la nonnina: l’uomo le ha sfilato l’anello con fredda determinazione, dicendole “è necessario” ed abbandonandola in lacrime. Inoltre, i componenti della banda, incalliti delinquenti, non perdevano alcuna occasione di truffarsi a vicenda, pur di ottenere un maggiore profitto.

Gli esattori, infatti, scontenti della spartizione del bottino fatta dal capo, trattenevano parte degli oggetti preziosi riscossi, ritenendo di meritare una quota maggiore per il fatto che recandosi sul posto - “mettendoci la faccia” - rischiavano di più.

Il capo, dotato di qualità non certamente inferiori ai suoi gregari ed avendo rapidamente intuito il “pacco” ai suoi danni, immediatamente adottava le contromisure. Telefonando alle vittime come sedicente avvocato o Maresciallo dell’Arma, si faceva elencare e descrivere quali oggetti stessero consegnando. Ma la genialità napoletana non ha limiti: fatta la legge, trovato l’inganno ed il “contro pacco”. Gli esattori, infatti, dopo aver ritirato i monili, provvedevano a sostituirne una parte con bigiotteria del tutto simile, da consegnare all’ignaro “capo”, che diveniva così lui stesso vittima di “truffa”.