cronaca

L’ultimo abbraccio a Barbara e Matteo, un sospiro d’amore che non ci abbonderà mai

domenica 28 agosto 2016
L’ultimo abbraccio a Barbara e Matteo, un sospiro d’amore che non ci abbonderà mai

Non ha una fine il celeste del cielo che splende su Orvieto nel giorno del dolore. E’ limpido della purezza delle lacrime che nel viso degli orvietani riflettono il sole. E’ il cielo di Barbara Marinelli e Matteo Gianlorenzi, quello che non mancava mai a rendere immenso il loro amore. Quelle foto sorridenti erano abbaglianti come il sole in un giorno d’estate; come questa estate maledetta che ha sciolto le speranze e i sogni di un popolo.

In un alito di vento si è nascosto il più orribile dei drammi. Ha distrutto il cemento e sepolto la vita degli uomini lasciando crescere paura e desolazione. Ora tra la polvere dei detriti e il legno delle bare resta la disperazione avvinghiata all’incognita del domani. Resta il lacerante sconforto di comprendere perché la vita di Barbara e Matteo è stata crudelmente dilaniata dal destino. Ma è nel destino che germoglia la vita, in quel destino riempito dal loro amore.

Un amore che esiste, che vive e che riesce a diffondersi anche nell’arida tristezza dell’ultimo saluto. L’amore di Barbara e Matteo vive nelle volte del Duomo di Orvieto e si amplifica. Si sprigiona così forte da spostare il vento, da spingerlo a sfogliare le pagine del libro dei ricordi. Come se loro fossero ancora lì, curiosi amanti che sbirciano tra i nomi di chi c’era e chi non c’era. L’unico raggio di sole a illuminare il buio, l’immenso sospiro d’amore capace di alleviare il dramma.


Una simbiosi d’amore che Barbara e Matteo hanno trasmesso nella loro vita, fino al giorno dei funerali quando non ci poteva essere altro modo per il Vescovo della diocesi di Orvieto-Todi, Monsignor Benedetto Tuzia, che ricordarli insieme. “Insieme ora riposate - ha detto il Vescovo -, insieme ora queste bianche ali della morte hanno disperso i vostri giorni. Insieme, nella delicata memoria di Dio. Insieme avete vissuto questo primo essere rivestiti della terra, il primo grembo che vi ha accolto per lunghi giorni in cui si è sperato”.

“Il terremoto - ha proseguito Monsignor Tuzia - ha il triste potere di azzerare tutto, di far vedere un cumulo di macerie, ma non ha nessun potere sui sentimenti. In quello stare insieme lì, vivere questo sentimento che vi teneva uniti dimostra che c'è qualcosa più forte della morte. Ed è l'amore. Voi, e i vostri cari lo sanno, che tutto questo non è annullato, ma fa da cornice, seppure triste, a una realtà che invece è indelebile e indistruttibile”.

Tutti hanno sperato dopo quella dannata notte in cui la distruzione ha sconvolto il mondo. Si è pregato e anche imprecato per animare la speranza di riabbracciare i giovani orvietani. Ma così non è stato. Dall’Hotel Roma, Barbara e Matteo, sono usciti per ultimi, nel tardo pomeriggio di venerdì 26 agosto. Erano vicini, uno accanto all’altro, non si sono mai lasciati nemmeno nell’ultimo istante della loro vita.

Barbara e Matteo sono tornati a Orvieto sabato sera. Uno di quei sabati che non vorresti mai ricordare, ma purtroppo ricorderai per sempre. “Ieri - ha detto Monsignor Tuzia -, quando siete arrivati, mi ha colpito un gesto. Eravate vicini, c'è stato tuo papà, Barbara, che si è messo in mezzo. Ha accolto e abbracciato non solo te ma tutti e due. Ha disteso le braccia. Ho visto lui diventare croce, di dolore e annientamento. Ha voluto abbracciarvi insieme come insieme avete condotto le vostre vite. Non sotto la croce ma un uomo che si fa croce, che diventa croce, che non si limita ad una parte ma a tutt'e due. Come Cristo, con le braccia spalancate in un abbraccio universale”.

Un abbraccio che Orvieto ha ricambiato partecipando con grande emozione al dolore delle famiglie Gianlorenzi e Marinelli, “famiglie cementate da affetti e amicizia” che, come ha detto il Vescovo “Non sono venute mai meno, hanno voluto arricchirsi attraverso i momenti più tristi, alimentare questa forte e solida comunione”.


Orvieto c’era nei giorni in cui si sperava nel miracolo, c’era ad accogliere le salme la sera del loro ritorno a casa. C’era al fianco delle famiglie nella camera ardente allestita al Palazzo del Popolo e c’era nel Duomo nel momento dei funerali. C’erano le istituzioni, il prefetto Angela Pagliuca, la presidente della regione, Catiuscia Marini, il sindaco di Orvieto, Giuseppe Germani, i rappresentanti dell’amministrazione cittadina e i sindaci del Comprensorio.

C’erano gli amici, tantissimi amici, che hanno scritto una lettera a i loro compagni di tante risate. Parole semplici lette con la voce rotta dal pianto: “Oggi manca la terra sotto i nostri piedi perché affrontare il domani riempie di tanta tristezza. Ma dalle lacrime nasce il sorriso. Rimangono a tenerci compagnia i nostri momenti, gli aperitivi, le notti in bianco a ridere, le cene a cui arrivavate sempre in ritardo”. “Ognuno di noi - hanno ricordato - è qui perché ha avuto l'immenso piacere di conoscervi e di imparare da voi la gioia di vivere. Insieme, siete una forza della natura. Matteo e Barbara, una parte dell'altro. Sapervi insieme non è una consolazione ma la conferma che l'amore vince su tutto. Ci piace pensare che da lassù ci guardate con Barbara, appoggiata al petto di Matteo, che dice: “Mattè, ma quanti so?”. E tu Matteo rispondi: “Oh Bà, saranno quanti je pare!”

Un amore così intenso che nel trascorrere dei giorni riuscirà ad aprire uno spiraglio di vita. “Ogni volta che una tragedia ci investe - ha voluto ricordare il Presule nella sua intensa omelia - torniamo a chiederci perché siamo lasciati soli da tutti, sembra che anche il Signore ci lasci soli. Probabilmente, voi siete già giunti alla verità delle cose. Anche Gesù l'ha sperimentato ed ha avuto quasi la necessità di esprimerlo a Dio ma di lì a poco si è imposta la verità di una vita, di una resurrezione. L'ultima parola non è mai la morte, è la vita. Questo voi, Matteo e Barbara, già lo vivete e lo vedete più di quanto possiamo fare noi con questi occhi umani che a volte si velano di dolore e impediscono di vedere la verità delle cose”.

“Ora - ha concluso Monsignor Tuzia - siete voi a dover aiutare i vostri cari a recuperare questa certezza. Siete già proiettati ed immersi in un mondo nuovo dove non ci sarà più lutto, dolore, pianto. Sarà Dio ad asciugare le lacrime, che non dovranno più scorrere sui volti di uomo e di donna. Aiutateci, voi, in questo e aiutate i vostri genitori e i vostri familiari. Voi che non avete mai smarrito la serenità, la gioia e l’amore”.

 

 G. An. - @direorvietonews