cronaca

"Orvieto Scalo non è Las Vegas". Don Stefano lancia l'appello per salvare le famiglie in difficoltà

lunedì 4 agosto 2014
di D. P. - G. An.
"Orvieto Scalo non è Las Vegas". Don Stefano lancia l'appello per salvare le famiglie in difficoltà

“Daremo lavoro a dieci famiglie, ma quante ne distruggiamo?”. Di fronte alla prossima apertura ad Orvieto Scalo di una nuova sala giochi con macchinette e video poker, la quarta nel raggio di pochi metri, suona il campanello d'allarme don Stefano Puri. Da anni alla guida della parrocchia dei santi Stefano e Anna, il sacerdote è ogni giorno a contatto diretto con le oltre tremila anime che popolano il quartiere ai piedi della Rupe. Per questo si fa portavoce di una serie di preoccupazioni che iniziano a circolare tra la comunità, dove dall'inizio dell'anno ha celebrato più funerali che battesimi.

“Non ho nulla contro questo tipo di attività – mette subito in chiaro Don Stefano – ma chiedo più attenzione all'amministrazione comunale e in generale agli enti che autorizzano simili concessioni, senza considerare che di queste sale ne esistono già tante e che i loro effetti su giovani e famiglie si vedono. Orvieto Scalo non è Las Vegas. Continuare ad alimentare questo tipo di attività non so quanto sia produttivo per il quartiere ma anche per la città stessa. Non so chi abbia dato il permesso, se l'attuale amministrazione o quella precedente. Non ho ancora parlato con il sindaco. In ogni caso, credo sia ora di aprire una riflessione seria sull'opportunità di queste scelte. Parlando con molte persone che non sono contente, ho constato i danni che questo tipo di attività comportano per i giovani e per le famiglie”.

La preoccupazione vera, che Don Stefano ha recepito anche da molti parrocchiani, viene da una diffusa preoccupazione della gente per le sorti di tante famiglie che si rivolgono alla chiesa per avere dei prestiti in denaro, ma anche da altre persone che tentano di avere in prestito dei soldi dagli amici. Putroppo qualche volta questi "amici" non si comportano nel modo appropriato arrivando a chiedere delle somme abbastanza ingenti per estinguere il debito.

Per questo don Stefano si dice preoccupato da un fenomeno che riguarderebbe indistintamente diverse categorie di lavoratori, dagli impiegati, agli operai e addirittura dei professionisti conosciuti e stimati in città che sono riusciti a delapidare il proprio capitale cadendo nel vizio del gioco. “Sono tanti – dice il parrocco – i soggetti che, anche al livello locale, si stanno rovinando dietro a macchinette e slot machine. In un'ora, passano in parrocchia anche 20 persone per chiedere di accedere ai fondi della Conferenza episcopale umbra per il sostegno alle famiglie. Per un quartiere come Orvieto Scalo non sono pochi. Spesso però questi soldi, vengono buttati nel gioco legalizzato che crea dipendenza. Ho visto molti mariti e padri di famiglia gettare al vento interi stipendi e famiglie che si sfasciano”.

La nuova sala scommesse probabilmente dovrebbe aprire entro la fine dell'estate e, oltre ad aggiungersi a quelle esistenti, va comunque ad "ampliare" l'offerta di un settore dove anche le slot machine fanno la loro parte. In molti casi, se non è il vizio delle scommesse, a creare disagi economici è il vizio del gioco nelle slot machine disseminate nei vari bar della città. In molte città italiane le associazioni di categoria e di tutela dei consumatori hanno avviato delle specifiche campagne di sensibilizzazione per premiare quegli esercizi al pubblico che non installano le slot machine. 

“Se si pensa di risollevare così la situazione economica di un sobborgo quale è lo Scalo o di un Comune quale è Orvieto – ammonisce – siamo fuori strada. L'appello non è contro nessuno. È finalizzato semmai a chi occupa alcuni ruoli, a portare un indirizzo più morale, che vada nella direzione del bene per le famiglie. Aprire l'ennesimo locale è un errore politico ma soprattutto sociale se è vero come è vero che questo tipo di giochi diventa una piaga. Vietare le cose non serve a niente. Ma concentrarne tante in un solo quartiere dove servirebbero altri punti di aggregazione, è quanto meno discutibile”.