cronaca

35 mln di euro di ricavi e 7 mln di euro di iva non dichiarati al fisco. Scoperta dalle Fiamme Gialle società orvietana dedita alla truffa. 5 indagati

martedì 14 dicembre 2010
di monica
35 mln di euro di ricavi e 7 mln di euro di iva non dichiarati al fisco. Scoperta dalle Fiamme Gialle società orvietana dedita alla truffa. 5 indagati

Tutto è cominciato con un normale controllo in banca dati. Parte dell'attività investigativa delle Fiamme Gialle a livello fiscale si dipana infatti dall'avvio di accertamenti verso quei soggetti che il sistema informatico individua a fronte della mancanza di dichiarazioni di reddito o per altre omesse denunce.

A finire nel mirino della Guardia di Finanza di Piazza Marconi, stavolta, una società di capitale con sede ad Orvieto attiva nel ramo edilizio e in servizi di ristorazione. I militari delle Fiamme Gialle, diretti dal Tenente Renato Nava (nella foto), hanno scoperto che la società in questione, in due anni di imposta, avrebbe omesso di dichiarare all'erario e di contabilizzare sulle proprie scritture contabili operazioni attive per circa 35 mln di euro con un'iva pari a circa 7 mln di euro.

Andando ad acquisire i documenti di bilancio, però, i finanzieri avrebbero potuto appurare che tali importi erano al contrario regolarmente indicati nei bilanci presentati. A questo punto la Tenenza di Orvieto, intuendo che dietro a questa stranezza contabile poteva nascondersi qualcosa di poco chiaro, ha avviato una serie di indagini, durate un anno sotto il coordinamento del sostituto procuratore della Repubblica, dott. Flaminio Monteleone; indagini che hanno portato all'iscrizione sul registro degli indagati di 5 persone (1 commercialista orvietano, 2 professionisti romani, 2 pluripregiudicati, uno campano e uno siciliano) per reati che vanno dalla evasione fiscale ai danni dello Stato, alla ricettazione, alla falsa comunicazione di bilancio sociale. A spiegare i complessi fili che legano i protagonisti nella vicenda, è stato proprio il Tenente Nava, nel corso di una conferenza stampa, tenutasi quest'oggi al comando.

"Considerato che i bilanci sono anche utili a dimostrare all'esterno la propria solidità in modo tale da potersi ben referenziare e poter chiedere prestiti o affidamenti a differenza delle dichiarazioni, - ha spiegato il Tenente, - abbiamo iniziato ad insospettirci al cospetto di tale anomalia." La particolarità di questa operazione di polizia economico-finanziaria portata a termine dalla locale Tenenza della Guardia di Finanza, infatti, oltre alla evasione senza precedenti per il comprensorio orvietano è stata caratterizzata dalla scoperta di un sistema truffaldino che richiama alla memoria quello che le cronache qualche anno fa attribuivano ai "furbetti del quartierino".

"Ciò che in particolare ha attirato la nostra attenzione, - continua Nava, - è stato il fatto che dai riscontri effettuati con le varie banche dati è emerso che una società residente ad Orvieto pur avendo un capitale sociale interamente versato pari a 10 milioni di euro, non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi ed iva per gli anni 2006 e 2007."

Inevitabili quindi sono scattati gli accertamenti da parte delle Fiamme Gialle orvietane che dopo aver acquisito tutta la documentazione fiscale presso uno studio contabile orvietano, dove la società aveva trasferito la propria sede, hanno iniziato a ricostruire la storia economico-gestionale dell'azienda.
La società in questione esiste sull'Orvietano da anni, ma solo dopo la cessione della stessa ad un pregiudicato siciliano, - trattativa intavolata dal commercialista orvietano che la seguiva contabilmente e che è quindi ritenuto dagli inquirenti una sorta di "trait d'union" tra tutti i soggetti coinvolti a vario titolo in questa storia, - sembrano aver avuto inizio le mire illecite del gruppo di "furbetti".

In questa fase, il fantomatico gruppo inizia a tessere la tela di quella che avrebbe potuto essere una truffa con i fiocchi se non fosse per i molti "buchi" e le troppe azioni approssimative messe in campo dal quintetto.
Come prima mossa il gruppo porta il capitale sociale da 10 mila a 10 mln di euro, innalzamento effettuato da prima attraverso i conferimenti di titoli nominali emessi da una banca cipriota, - ad un successivo controllo i titoli sono risultati essere stati emessi dopo la chiusura della stessa,- poi con la sostituzione alla scadenza degli stessi con obbligazioni emesse da una società petrolifera brasiliana, la Petrobras, nel 1959, titoli privi di alcun controvalore reale, se non numismatico, che sono già stati utilizzati in varie parti del mondo per illecite speculazioni sui mercati finanziari.

Per far questo, il professionista orvietano individua pure una sorta di "testa di legno" a cui intestare le quote della società, un geometra orvietano tirato dentro l'affare probabilmente con promesse di lavoro e sicuro arricchimento. E qui inizia l'azione delittuosa vera e propria, i tre (il commercialista orvietano, il geometra "testa di legno" e il siciliano) si recano da un notaio di San Marino per un conferimento in quota capitale di ben 10 mln di euro, "effettuato mediante l'apporto dei titoli, - spiega Nava, - la cui bontà è stata certificata da una perizia presentata presso il Tribunale di Napoli, perizia che ovviamente è risultata essere falsa."
Il gioco messo in piedi dai tre, almeno inizialmente, riesce bene perchè grazie a tale conferimento (virtuale) l'estratto della Camera di Commercio certifica che la società ha un capitale sociale interamente versato pari a 10.010.000 euro.

E qui scatta la seconda fase. Sempre con la regia del professionista orvietano, inizia il giro di molte filiali di istituti di credito presenti sul territorio alla ricerca di un finanziamento che però, nonostante il cospicuo capitale versato vantato nelle certificazioni, viene sempre negato. "Il dubbio, - dice il Tenente, - era sempre lo stesso: per quale motivo una società con dieci milioni di euro di capitale sociale dovrebbe mai chiedere prestiti per qualche centinaia di migliaia di euro?" Il quesito però che si sono posti la maggior parte dei direttori di filiali presenti sulla piazza orvietana non viene neanche preso in considerazione dalla filiale di un istituto di Orvieto Scalo. Qui, il direttore di filiale, forse ammaliato dalla florida situazione patrimoniale decantata dal professionista, ha concesso un prestito di 450.000 euro, accettando addirittura in garazia un immobile che la stessa banca aveva già precedentemente ipotecato, sempre nei confronti della stessa società, a fronte di un mutuo concesso anni or sono.

Com'è facilmente intuibile la restituzione del prestito, fatta eccezione per qualche rata iniziale, si è presto arenata e alla banca è rimasto tra le mani un immobile, che comunque aveva già ipotecato, che non riesce a monetizzare visto che per i primi tentativi di vendita le aste sono andate tutte deserte. Nel frattempo, forse intuendo il brutto guaio in cui, suo malgrado, si era cacciato, il geometra esce di scena.

A questo punto occorreva un sostituto che rilevasse le quote, ed ecco spuntare un pluripregiudicato campano che acquista, pagando fittiziamente, le quote della società per circa 10 milioni di euro. Il campano, poco tempo dopo sostituisce le obbligazioni in scadenza con cinque titoli Petrobras del 1959, certificati anch'essi da perizia falsa la cui mano sembrerebbe essere la stessa che ha falsificato la perizia relativa alle obbligazioni cipriote. Ad Orvieto, a questo punto, i "furbetti dell'orvietano" non possono più operare, le banche ormai hanno capito tutto e difficilmente sono piazzabili altri "colpi". Forti del nuovo socio, il gruppetto incrementa dunque la documentazione da esibire, ed ecco spuntare falsi compromessi relativi ad acquisti di immobili, mega progetti di edificazione residenziale e quant'altro utile per poter chiedere finanziamenti in Toscana e altre zone d'Italia.

Ma i piani della "banda" subiscono un brusco rallentamento perché succede qualcosa di non preventivato, intervengono infatti le Fiamme Gialle della Tenenza orvietana che, dopo circa un anno di indagini, dopo il meticoloso esame della documentazione e dopo aver ascoltato decine di testimonianze di altrettante persone a conoscenza dei fatti, riescono a ricostruire fatti e responsabilità inchiodando i cinque e iscrivendo i loro nomi sul registro degli indagati. A questo punto i filoni di indagine diventano due, uno fiscale, volto a chiarire l'evasione e le modalità di recupero della stessa, e uno penale che vede gli indagati chiamati a chiarire i tanti lati oscuri della vicenda.