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Festa della mamma che lavora, ad Orvieto si fa strada la prospettiva del nido interaziendale

giovedì 24 maggio 2007
di Davide Pompei
Un originale filo unisce le maglie della vita di una donna. Si chiama maternità e da sempre condiziona anche la sfera lavorativa, implicando a un certo punto del percorso, un doveroso bivio. Temerarie quelle che decidono di percorrere parallelamente le due strade, perfezioniste quelle che ne imboccano solamente una, sacrificando necessariamente l’altra. Sono molte le donne lavoratrici e moltissime quelle che rinunciano ad avere bambini per non perdere il posto o che lasciano il lavoro, dopo il loro arrivo. Maggiore flessibilità oraria, corretto impiego del part-time, finanziamenti speciali, più agevolazioni e tutele sul lavoro. Sono questi i compromessi che le aziende propongono, per dimostrare la propria sensibilità e concentrare le maggiori risorse sulle donne con carichi di famiglia. Ma niente favoritismi, dal momento che maggiori sconti sul lavoro equivalgono, almeno in alcuni contesti, a minori possibilità di carriera. Nel paese più mammista d’Europa, venerdì 25 maggio, in accordo con le direzioni aziendali, le mamme potranno portare i propri figli sul posto di lavoro secondo quando previsto dalla “Festa della Mamma che lavora”, iniziativa lanciata da Job24-Il Sole 24 Ore con il patrocinio del Ministero delle Pari Opportunità. Crescente la partecipazione al sito dedicato alla manifestazione, anche se resta ancora bassa la percentuale dei comuni che hanno aderito, non solo per mancanza di una conoscenza dell’iniziativa, ma anche per una disomogeneità delle aziende presenti sul territorio nazionale. Le imprese, infatti, per rendere più piacevole questa speciale iniziativa, dovranno essere in grado di predisporre al meglio l’accoglienza dei piccoli ospiti e la loro visita in azienda, intrattenendoli. Ma ecco che in un futuro prossimo questa iniziativa potrebbe avere riscontri oggettivi, penetrando anche nella realtà orvietana dove si comincia a ragionare sull’idea degli asili nido interaziendali, muniti di servizi e strutture specifici. Il recente insediamento produttivo del marchio Grinta Srl, oltre a segnare la ripresa produttiva del comparto specializzato del tessile abbigliamento con la prospettiva di una certa crescita di occupazione femminile è, secondo gli intendimenti annunciati e i futuri scenari possibili, anche l’inizio di un rafforzamento vero e proprio di questo intero comparto produttivo che, storicamente, ha caratterizzato il tessuto socio-economico di Orvieto e del territorio. Alle 60 unità attuali dello stabilimento Grinta, prestissimo dovrebbero aggiungersi anche altrettante unità dell’insediamento Sphera anch’esso a forte occupazione femminile, mentre nella stessa area di Fontanelle di Bardano, è già una realtà la presenza delle donne lavoratrici nel call center Aca Service (circa 50 unità) e si sta lavorando alla creazione di altre aziende attive nel cosiddetto indotto del settore abbigliamento. Nell’arco di un anno, secondo le valutazioni di prospettiva di cui si parla in questi giorni, nella realtà orvietana in un raggio di cento metri dovrebbe costituirsi, insomma, un polo consistente di aziende a prevalente occupazione femminile, il che significherebbe anche la crescita della domanda di precise tipologie di servizi. Chi non ricorda ad esempio quando negli anni ’70, l’insediamento dell’allora stabilimento Lanerossi / Lebole, indusse alla realizzazione del centro integrato per l’infanzia (asilo nido e scuola materna insieme) di Sferracavallo? “Trent’anni dopo si fanno altre previsioni che al momento sono ancora un’idea progettuale e cioè – spiega il Presidente del Consorzio Crescendo, Fausto Galanello - la concentrazione di aziende che occupano donne costituisce di fatto ‘massa critica’ tale da spingere alla realizzazione di un asilo interaziendale. Un progetto che potrebbe concretizzarsi nell’ambito della contrattazione aziendale per la quale servono degli investimenti. Inutile dire che l’ipotesi sarebbe ben vista dalle maestranze femminili, nonché dalle stesse imprese le quali vedrebbero anch’esse vantaggi immediati come quello della diminuzione dei permessi per assenza dal lavoro dovuti ad esigenze legate alla maternità. Complessivamente entro l’anno dovrebbe concretizzarsi l’occupazione per circa 200 donne, di qui l’esigenza di ragionare concretamente in collaborazione con le aziende, per la realizzazione di quest’ipotesi”. “E’ vero – conferma Maria Rita Paggio, Segretaria della Camera del Lavoro di Orvieto – c’è una necessità molto forte di sostenere le donne nel mondo del lavoro a fronte delle difficoltà che esse incontrano nel conciliare la sfera lavorativa con quella affettiva. Con la ripresa della filiera tessile dove è preponderante l’occupazione femminile, anche se non è il solo settore in cui lavorano le donne, la zona industriale di Bardano pone l’accento sull’opportunità di creare le condizioni di un sostegno e di un servizio reale a queste strutture produttive. Perciò va approntato quanto prima un progetto organico che, all’insegna della collaborazione coinvolga tutti i soggetti, comprese le istituzioni affinché il futuro ‘nido’ non sia di serie B, ma un luogo educativo a tutti gli effetti”. In una città che fa della qualità dei servizi, del benessere e dell’economia sostenibile un punto di forza, anche questo sarebbe un obiettivo per migliorare la qualità della vita, dando maggiori opportunità alle mamme lavoratrici, ai loro figli e alle famiglie.

Il Bando della Regione Umbria per le mamme che lavorano