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Lettera aperta di Emanuele Leone Emblema da Terzigno: "Se la discarica si farà, con questi presupposti il Museo Emblema è costretto a chiudere ed a sportarsi

lunedì 25 ottobre 2010

Riceviamo da Vittorio Fagioli, uno dei più attenti e impegnati rappresentanti dell'ambientalismo locale, una sollecitazione a pubblicare una lettera aperta di Emanuele Leone Emblema, storico dell'arte, curatore del Museo intitolato a suo nonno Salvatore Emblema a Terzigno. "In questo accorato appello - afferma Vittorio Fagioli - si racchiude tutto il dramma ambientale e democratico dell'affair 'monnezza'. Mi sembrerebbe significativa una pubblicazione dell'appello sul vostro giornale on-line perchè molti cittadini possano raccogliere questo messaggio da Terzigno, città invasa e ammalata di 'monnezza', uno specchio forse di cosa potrà presto divenire Orvieto, se con l'apertura del terzo calanco e così via, diventerà ancora di più la più grande discarica a cielo aperto dell'Umbria. Insomma è bene che i cittadini sappiano che... Terzigno potrebbe essere vicina!".

Di seguito l'appello di Emanuele Leone Emblema e il link al sito www.wasteemergency.com, curato da Cecilia Anesi, su cui è comparso l'appello il 24 ottobre 2010.

Lettera aperta del Museo Emblema di Terzigno
lettera di Emanuele Leone Emblema
24 ottobre 2010

Se la discarica si farà, con questi presupposti, il Museo Emblema è costretto a chiudere ed a sportarsi.

Una Lettera aperta dagli eredi dell' artista Salvatore Emblema, che da dieci anni portano avanti a Terzigno il primo Museo campano dedicato alla didattica dell'arte contemporanea.

 

Gentili Amici Giornalisti,
E chiunque le mie parole riescano a raggiungere,
Sono Emanuele Leone Emblema, qualcuno di voi ha conosciuto il mio nome solo in questi ultimi giorni di protesta a Terzigno. Vi ho passato foto e comunicati stampa in accordo con i gruppi civici che si oppongono alla discarica. Mie le foto del primo autocompattatore bruciato (le più pubblicate) mie quelle di alcuni scontri (assai pubblicate anch'esse) e sopratutto mie quelle della protesta pacifica fatta da mamme, bambini ed anziani inermi ( che praticamente sono state ignorate da tutti).

In realtà non sono un fotografo, né tantomeno un giornalista di professione. Sono uno storico dell'arte e curatore del Museo Emblema, la struttura che la mia famiglia gestisce da ormai dieci anni qui a Terzigno. Il Nostro è un museo d'arte contamporanea che porta il Nome di Salvatore Emblema, mio nonno, un artista di fama internazionale, che qualcuno di voi probabilmente, avrà studiato al liceo, sui libri di Giulio Carlo Argan, o visto all'ultima Biennale di Venezia. Ma è un museo particolare, il nostro, perché la sua finalità, per statuto, è l'insegnamento dell'arte contemporanea e delle sue immense possibilità espressive, proprio a quelle persone che l'arte contemporanea ed i suoi vernissage e le sue fiere e biennali non le frequentano mai: i Bambini. Siamo un museo didattico infatti, che come compito specifico, oltre alle visite guidate ed i laboratori pratici, ha l'insegnamento del concetto di Trasparenza. La Trasparenza è stata infatti, il fattore fondante nell'arte di mio Nonno. Ma la trasparenza noi qui al museo Emblema la intendiamo non solo come valore artistico ed estetico, ma la insegniamo come fatto di vita, di interazione con l'altro, come modello di comportamento. Trasparenza come sinonimo di verità e di sincerità.

Che qui a Terzigno, nonostante anche i nostri sforzi, la Trasparenza latiti da anni, è fatto risaputo. Ma dopo gli ultimi sviluppi sulla faccenda delle discariche la Trasparenza sembra una lettera definitivamente morta per questo paese. Dov'è la trasparenza nelle decisioni del Governo a riguardo della discarica Sari e della Vitiello e nella loro gestione? Cosa c'è di trasparente nel dedalo di rapporti e responsabilità tra amministrazioni locali, governo e forze dell'ordine. E nell'informazione spesso distorta che si sta dando delle giornate di protesta qui a Terzigno? Dov'è la trasparenza nei documenti (assicurazioni e bolli di trasporto) che gli autocompattarori dell' azienda Asìa presentavano alla polizia locale. Dov'è la trasparenza sulla discarica e su i personaggi che la mandano avanti? Perché questa cava/discarica non si può vedere. E perché, infine, è stato posto il vincolo di zona militare ( con tutte le opacità e limitazioni che questo provvedimento comporta) in un territorio che fino a prova contraria doveva essere un paradiso per escursionisti, turisti e vignaioli? Cosa c'è qui a Terzigno : Trasparenza o Opacità? Noi, per formazione familiare e per credo culturale siamo dalla parte della trasparenza. Ed abbiamo cercato di formare in questo valore, ormai quasi una generazione di giovani cittadini campani, che ci hanno visitato qui a Terzigno e che hanno accolto il nostro staff per i laboratori presso le loro scuole.

Ed è proprio perché questa faccenda delle discariche, è tutt'altro che trasparente, che soffriamo questa situazione come una ferita che pregiudica la nostra stessa esistenza.

Una ferita che, se lo stato di cose persiste e continueranno a dare spiegazioni balbettanti e propagandistiche sulla soluzione del problema, ci debiliterà al punto da costringerci a chiudere il Museo Emblema, che è ad oggi uno dei pochi vanti di questo territorio dissestato e naturalmente la sola ed unica realtà museale della zona. Questa discarica (parlo della seconda ma non fa eccezione la prima che è tutta da bonificare) al Museo Emblema, non porta un danno di ordine economico. Sia Chiaro. La nostra struttura si visita gratuitamente, e si finanzia essenzialmente per gli sforzi degli eredi dell'artista. Questa Discarica e sopratutto i suoi scellerati amministratori e gestori, portano al Museo un vulnus che è di ordine morale, territoriale e di utenza.

Morale perché Oppongono Opacità e Mistificazione al nostro messaggio di Trasparenza e Sincerità.

Territoriale perché sottraggono spazio vitale al Parco Nazionale del Vesuvio, ai misconosciuti ma eccezionali scavi archeologici di Terzigno e a tutti quei tentativi di riabilitazione ambientale e turistica che hanno promesso a questo territorio.

Ed infine di Utenza, perché nonostante si tacciano i dati pubblicati sulle maggiori riviste mediche, questa discarica e i suoi rifiuti, la cui natura non è mai stata completamente appurata, uccide la popolazione. E quando non la uccide la ammala e la consuma progressivamente. Ed a morire ed a consumarsi sono sopratutto quei giovani e quei bambini senza i quali un museo a vocazione didattica e territoriale, come il nostro, non ha ragione d'esistere. Lo stesso Salvatore Emblema è morto nel 2006 per una leucemia. Ed è stato nei giorni della sua morte che abbiamo conosciuto il dolore che tante altre famiglie della nostra zona hanno conosciuto. Quando si andava nei reparti oncologici degli ospedali napoletani, sembrava di stare nella piazza del paese, perché riconoscevi quell'amico, o quel parente, o qualche vicino di casa.

A queste condizioni, in questo ambiente, con queste persone che calano sulla nostra città come lanzichenecchi ripuliti, Il Museo Emblema non può esistere.

Non voglio negare che la situazione fosse, per il Museo, già difficile prima che questa crisi scoppiasse violenta come lo è oggi. L'amministrazione locale non ci ha mai avuto tra le sue priorità, così come ci è stato difficile intessere rapporti con gli altri enti locali. Ma lo abbiamo accettato e compreso. Perché l'arte, lo sappiamo bene, deve venire necessariamente dopo le fogne e la disoccupazione. Anche se poi qui, non si è aiutata concretamente né l'arte né le soluzioni per altre e più impellenti problematiche.
Quello che però ci teneva ancorati a questa terra di opachi, piccoli faccendieri, era la gente. Gente che forse più di chiunque altra comunità, aveva bisogno dell'arte, della cultura e della trasparenza. Ma la gente qui in questa terra -e sono voci che ho raccolto nei presidi, parlando con i bambini e con le mamme che avevo conosciuto nelle scuole della zona- non ci vede più un futuro. I ragazzi se ne vogliono andare appena possibile. Spinti dalle loro stesse mamme, quelle stesse mamme che voi avete, non a torto, ribattezzato vulcaniche.
Perché ormai è morta, con questa discarica, ogni speranza, legata alla rinascita di una Terzigno fatta di attività legate al turismo enogastronomico, archeologico, naturalistico e culturale. Sono anni che il Museo Emblema e tutte le iniziative ad esso collegate, ricevono offerte da piccoli comuni del centro-nord Italia che si dichiarano disposti a fornire una sede prestigiosa e tutto l'appoggio istituzionale. E nonstante tutto abbiamo sempre tentennato, rifiutato, fino al limite del masochismo. Ma se la gente a cui teniamo, se i ragazzi ed i bambini che vogliamo contribuire ad educare vanno via, se il sud tornerà ad essere terra di emigranti non dovrebbe essere emigrante pure il Museo Emblema? Che ci rimaniamo a fare noi qua? Rimaniamo per educare i poliziotti ed i soldati? Fosse solo per loro, varrebbe pure la pena di restare. Fatto è, che questi giovani militari qui, sono anime di passaggio. Ed andranno via quando i superiori glielo ordineranno. E andranno via i giornalisti, e pure Bertolaso e Protezione Civile andranno via, quando anche questa"MISSIONE MEDIATICA" sarà compiuta. E sarà allora che qui non rimarrà più nulla. Nemmeno la speranza.

Scrivo questa lettera troppo lunga perché è uno sfogo e una testimonianza assieme, perché credo che sia giusto che si tengano a mente anche queste mie parole quando si pensa a Terzigno, alle sue discariche e a tutta quella gente che qui si batte, non solo perché non vuole un immondezzaio dietro casa, ma perché chiede innanzitutto verità, trasparenza e la possibilità di decidere del proprio futuro. Nel bene comune.

Noi, ovviamente, come Museo Emblema porteremo avanti tutti gli impegni già presi con gli enti locali, con le scuole e con le comunità locali. Allo scadere di questi impegni, se la situazione sarà quella che in questi giorni si prospetta, fate conto che il Museo non c'è più, perché alla Trasparenza dell'acqua si sarà ostinatamente preferito l'opacità nera del percolato.

Ringrazio ognuno che voglia dare a queste parole un po' di visibilità.

Emanuele Leone Emblema